Corruzione e sperpero dilagano nella Pa - QdS

Corruzione e sperpero dilagano nella Pa

Valeria Nicolosi

Corruzione e sperpero dilagano nella Pa

sabato 20 Novembre 2010

Nel 2009 aumento del 229% delle denunce contro pubblici dipendenti. Le accuse di concussione cresciute del 153%. All’esame rispettivamente del Parlamento nazionale e dell’Assemblea regionale due disegni di legge

PALERMO – Secondo i dati pubblicati come ogni anno dalla Corte dei Conti, nel 2009 la corruzione nella pubblica amministrazione  in Italia ha fatto registrare alla Guardia di Finanza un aumento di denunce del 229% rispetto all’anno precedente, cui si aggiunge un incremento del 153% per fatti di concussione.
La patologica gravità della situazione è stata diagnostica e ribadita ancora una volta dal nuovo presidente della Corte dei Conti Luigi Giampaolino, che in occasione della cerimonia per la sua nuova nomina, ha di recente dichiarato: “La politica di bilancio deve misurarsi con una perdita permanente di entrate di circa 70 miliardi, di prodotto per circa 130 miliardi e con una spesa pubblica crescente nelle prestazioni essenziali”. Gli episodi di corruzione e dissipazione delle risorse pubbliche “talvolta comunitarie” persistono e rendono difficile il lavoro delle Istituzioni. La crisi economica e la prolungata bassa crescita del Pil rappresentano: “un vincolo di nuova natura – sostiene il presidente – in una condizione socioeconomica che alimenta istanze non comprimibili di sostegno dei redditi più bassi e di garanzia delle prestazioni essenziali alla collettività”.  L’invito ai legislatori di rendere applicabili le norme sulla trasparenza e l’integrità delle amministrazioni giunge da più parti, invocato ed acclamato sia dalla Pubblica Amministrazione che dai cittadini stessi.
In generale le cause comunemente attribuite alla diffusione del fenomeno della corruzione nella Pa sono rappresentate dalla carenza di informazione e formazione del personale, dalla eccessiva frammentazione dei centri decisionali, dalla complessità delle procedure, dalla dilatazione dei tempi di esecuzioni e dalla carenze ed inadeguatezza dei controlli tecnici ed amministrativi. A tal proposito, sia il Governo che la Regione Sicilia, stanno lavorando per l’approvazione di due importanti disegni di legge volti ad introdurre misure importanti per garantire la trasparenza dell’attività amministrativa e la prevenzione della corruzione.
In ambito nazionale, in attesa di approvazione al Senato rimane ancora il ddl n. 2156 del 4 maggio 2010 “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione” presentato dai Ministri Alfano, Maroni, Bossi, Calderoli e Brunetta. L’importante apporto di Brunetta è specificato con l’art. 1 del suddetto ddl con il quale il Dipartimento della funzione pubblica predispone e coordina il “Piano nazionale anticorruzione” in attuazione dei princìpi già stabiliti dalla Convenzione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione (che all’art. 5 comma 2 stabilisce che ciascuno Stato Parte si adopera al fine di attuare e promuovere pratiche efficaci volte a prevenire la corruzione).
 
La Regione Siciliana, protagonista indiscussa anche secondo la recente cronaca dei rapporti di corruzione tra mafia e politica, ha approvato lo scorso anno, insieme alla Commissione presieduta dal Presidente Pier Luigi Vigna, il Codice antimafia e anticorruzione che, sostiene l’assessore Armao: “costituisce ormai un punto di non ritorno per la Sicilia, poiché introduce anticorpi in grado di produrre percorsi virtuosi nell’attività quotidiana dell’amministrazione”.
Attualmente è in corso di esame alla commissione Affari istituzionali dell’Assemblea regionale il ddl n. 520 del 10 febbraio 2010, che predispone importanti misure per la trasparenza nella pubblica amministrazione e il contrasto alla corruzione ed alla criminalità organizzata di stampo mafioso. Le misure contenute nel ddl al vaglio della commissione sono sostanzialmente una serie di modifiche che dovrebbero essere apportate ad una legge già in vigore, la legge regionale n.10 del 30 aprile 1991 recante disposizioni per i provvedimenti amministrativi, il diritto di accesso ai documenti amministrativi e la migliore funzionalità dell’attività amministrativa. Particolare attenzione è data, infatti, ai procedimenti amministrativi, per i quali l’inadempienza alle norme stabilite prevederà, se il nuovo ddl verrà approvato, sanzioni valutate ai fine della responsabilità dirigenziale nonché dell’attribuzione della retribuzione di risultato.
 


Azione in giudizio contro la Pa per i portatori di interessi e revoca del dirigente se non raggiunge gli obiettivi
 
In ambito nazionale al vaglio della commissione parlamentare e dell’opinione pubblica, che attende la legittimazione di questa norma, rimane ancora il ddl n. 2156/2010 il cosiddetto Piano anticorruzione che prevede l’approvazione di misure più sanzionatorie per reprimere il fenomeno della corruzione nella PA. La trasparenza dei procedimenti e delle informazioni è l’asse portante di questo disegno. La mancata o incompleta pubblicazione da parte delle pubbliche amministrazioni delle informazioni riguardo le autorizzazioni e le concessioni, l’affidamento dei lavori, le concessioni di sovvenzioni, contributi, sussidi, vantaggi economici, concorsi e prove selettive, accesso ai provvedimenti costituirà “violazione degli standard qualitativi ed economici ai sensi dell’articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 20 dicembre 2009, n. 198, ed è comunque valutata ai sensi dell’articolo 21 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165”. Questi ultimi due articoli prevedono: il primo la possibilità, per i soggetti titolari di interessi giuridicamente rilevanti, di agire in giudizio nei confronti della PA ed il secondo la possibilità, nei casi di risultati negativi dell’attività amministrativa e della gestione o di mancato raggiungimento degli obiettivi, di revocare dall’incarico il dirigente interessato. Riguardo al personale, l’art.9 stabilisce il “fallimento politico” che potrà essere applicabile al Presidente della Giunta Regionale “per atti contrari alla Costituzione o per gravi violazioni di legge, compreso il dissesto delle finanze regionali”. La conseguenza sarà “l’incandidabilità a qualsiasi carica elettiva locale, regionale e nazionale”. Infine, proprio in merito alle misure di prevenzione per la corruzione nella PA ricordiamo il nostro articolo “Direttori del Personale, no ex sindacalisti” pubblicato sul QdS del 16-09-2010 riguardante la norma introdotta con il dlgs 150/2009.
 

 
I RIFERIMENTI NORMATIVI

Nazionali

1.  Ddl n. 2156 del 4 maggio 2010
2.  Art. 1, comma 1, del decreto legislativo 20 dicembre 2009, n. 198
3.  Art. 21 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165
4. Art. 5, titolo II Misure Preventive, Convenzione dell’Organizzazione   delle Nazioni Unite contro la corruzione

Regionali

1. Codice antimafia e anticorruzione del 24/09/2009
2. Ddl n.520 del 10 febbraio 2010
3. Legge regionale n.10 del 30 Aprile 1991

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