Regione sprecona, Pil calante - QdS

Regione sprecona, Pil calante

Dario Raffaele

Regione sprecona, Pil calante

sabato 04 Dicembre 2010

1980/2010. Il Pil regionale dal 6,1% al 5,6% di quello italiano.
Pil Sicilia 2010. Secondo la Ruef  (Relazione sull’economia e la finanza pubblica) il Pil Sicilia nel 2010 dovrebbe toccare quota 87 mld di euro: il 5,6% del Prodotto interno lordo italiano (1.554 mld di euro).
Sprechi. Tagliando gli sprechi (tra cui 1,5 mld per il personale regionale a tempo determinato, 500 mln per le province regionali) la Regione siciliana guadagnerebbe 3,4 mld per gli investimenti.

L’economia siciliana bloccata da trent’anni. Sembra che il tempo sia trascorso invano: si sono succeduti governi di centro, di destra e di sinistra, ma il Prodotto interno lordo (rispetto a quello dell’Italia) non si è smosso di un punto, piuttosto è regredito di cinque decimi percentuali. Se nel 1980 il Pil italiano era di 198,5 miliardi di euro, quello della Sicilia era di 12,3 miliardi di euro, ovvero il 6,1% di quello nazionale. Nel 2009 il Pil Sicilia (circa 86 miliardi di euro) è pari al 5,6% del Pil nazionale che ha raggiunto quota 1.520 miliardi. Facendo una proiezione al 2010 (grazie alla Ruef, la Relazione sull’economia e la finanza pubblica del dipartimento del Tesoro del ministero dell’Economia), il Pil Sicilia dovrebbe toccare quota 87 miliardi, rispetto ai 1.554 dell’Italia.
 
Intanto l’assessore regionale all’Economia Gaetano Armao dice che con il credito d’imposta il Pil siciliano crescerà dell’1,1% che, in valore assoluto, considerando che oggi è circa 87 mld di euro, equivale a 950 milioni. Una goccia nell’oceano (lo 0,06%) del Pil italiano che non servirebbe a colmare nemmeno il gap (dello 0,5%) tra il Pil Sicilia anni ‘80 e quello del 2010.
Per colmare questo gap e superarlo di un solo punto decimale, spostando quindi il Pil siciliano al 6,2% dal 6,1% del 1980, occorrerebbe infatti un incremento di ricchezza di 9,3 mld di euro. Solo così potremmo finalmente parlare di un miglioramento (seppur infinitesimale) del Prodotto interno lordo siciliano nell’ultimo trentennio.
Uno studio dell’agosto 2010 della Confcommercio su dati Istat, ha rilevato la variazione media annua dell’aumento del Pil regione per regione negli ultimi 15 anni. La Sicilia con l’1,3% si attesta nella parte bassa della classifica sotto la media nazionale (1,4%). Al primo posto le Marche con il 2% di crescita media annua, seguita dal Veneto con l’1,8%. Val D’Aosta (33.496 €) e Lombardia (33.447 €) si attestano invece ai primissimi posti per il Pil pro capite. In questa classifica la Sicilia (con 17.170 €) è terz’ultima, fanno peggio solo Puglia e Calabria. Secondo i dati Istat Lombardia e Sicilia hanno un tasso di crescita annuo del Pil procapite molto simile (rispettivamente l’1,4% e l’1,3%), ma in termini reali questo equivale ad una crescita procapite di 468 euro l’anno per un lombardo rispetto ad un incremento di 223 euro per un siciliano (quasi la metà). è facile intuire che, stando così le cose, il siciliano per vedere un incremento della propria ricchezza pari a quella del lombardo, dovrebbe avere una crescita media annua del 2,6%. Il doppio di quella attuale.
Per migliorare l’andamento dell’economia, secondo il Presidente della Regione siciliana Raffaele Lombardo, sono necessari interventi mirati e in tutti i settori dell’economia: dall’agricoltura, ai servizi, all’industria, alle politiche ambientali. Ma intanto si continua ad alimentare la spesa cattiva a scapito dei veri investimenti. E così martedì prossimo la legge “salva-precari” (quella sulla stabilizzazione, che è già tornata in commissione Lavoro per essere fusa con la norma che prevede solo le proroghe annuali) tornerà in Aula. Giovedì 9 è previsto il voto. La cosa non è stata vista di buon occhio dal presidente di Confindustria Sicilia Ivan Lo Bello. Infatti, dando la priorità alle leggi sui precari “si tralasciano i disegni di legge sulla semplificazione amministrativa e sulla riforma dei consorzi Asi, che potrebbero consentire di rilanciare l’economia regionale e arrestare la fuga degli investimenti dalla nostra regione”.
Dopo i quasi 5.000 dipendenti a tempo determinato, stabilizzati nei ranghi della Regione dopo una serie di “prove-farsa”, ora si vogliono stabilizzare altri 23.227 precari degli enti locali. Sommando a questi gli altri precari nel giro della Regione (formazione professionale, forestali, Lsu, ecc.) si arriverebbe – stabilizzandoli tutti – all’astronomica cifra di 1,5 miliardi di euro che ricadrebbero sulla schiena di un’amministrazione già piegata in due dai pesanti debiti. Ma la Regione continua ad invitare al banchetto della festa chi non ha ragione di prendervi parte (e non per mancanza di capacità, ma perché il salone delle feste è già sovraffollato da quasi 20.000 dipendenti) e i 236.00 disoccupati siciliani che non hanno santi in paradiso continuano a raschiare il fondo del barile.
 

 
La ricetta del manager. L’esempio virtuoso della Pubbliservizi spa
 
Un comportamento virtuoso è quello messo in atto da Francesco Carpinato, amministratore unico di Pubbliservizi Spa che, per aumentare il fatturato e contribuire alla crescita del Pil siciliano ha deciso di “Partire dall’analisi di cosa la società è in grado di fare e procedere con degli aggiustamenti nell’organizzazione del lavoro, che tengano in conto delle risorse di cui si dispone e dei propri limiti. Il contratto di servizio – ci dice – descrive minuziosamente tutte le attività della Pubbliservizi: attraverso l’analisi di queste potremo individuare quelle a cui dare priorità. Una scelta strategica si è rivelata quella di passare da un Cda composto da 5 consiglieri all’amministratore unico. Se il vecchio Cda gravava sul bilancio 400 mila euro, l’amministratore unico costa 60 mila. In secondo luogo si è migliorata l’efficienza nella gestione delle attività perché  le decisioni vengono prese da un unico soggetto. (cg)

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