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Palermo – Randagi: quel lungo elenco di leggi rimaste inapplicate

Claudio Di Gesu

Palermo – Randagi: quel lungo elenco di leggi rimaste inapplicate

venerdì 19 Giugno 2009

I casi denunciati negli ultimi giorni hanno riproposto il problema: cause di risarcimento all’orizzonte. Comuni palermitani e Ausl inadempienti mentre le aggressioni si susseguono

PALERMO – I Comuni, così come prescrive la Legge regionale n. 15 del 2000 all’articolo 14 “devono provvedere” anche in consorzio tra di loro o in convenzioni con enti, privati o associazioni, alla cattura dei cani vaganti, progettare e costruire rifugi sanitari per il ricovero di cani e gatti. Tramite queste strutture i servizi veterinari delle Asl devono attuare interventi di controllo demografico delle popolazioni randagie.

Ci sono voluti 10 anni per avere dalla Regione una legge che, in qualche modo, era stata definita a livello nazionale nel 1991, ed esattamente con la 281 del 14 agosto 1991 “legge quadro in materia di animali, di affezione e prevenzione del randagismo”, pubblicata il 30 agosto dello stesso anno, che prevedeva all’art.3 comma 3 l’auspicio dell’adozione di una legge regionale entro sei mesi. Temporalmente si sono succedute numerose altre iniziative di legge, ad esempio il Decreto dell’assessore alla Sanità della Regione Sicilia n.2825 del 13/12/2007, sulle linee guida nel quale erano state individuate le attività che dovevano essere svolte prioritariamente da tutti gli operatori coinvolti nella gestione del randagismo (in primis Comuni e Ausl, ma anche Enti pubblici, associazioni per la protezione degli animali). Dell’aprile di quest’anno, poi, l’annunciata – ma a tutt’oggi disattesa – costituzione di una task force, coordinata dall’assessorato regionale alla Sanità per dire basta al problema del randagismo.
Il fenomeno sta diventando un problema di difficile soluzione. Soprattutto a Palermo, le segnalazioni provenienti da più parti della città parlano di vere e proprie aggressioni, compiute da branchi di cani a ignari passanti. Ma tutto questo non basta a far sì che i Comuni mettano fine alle loro inadempienze. A far comprendere a chi per legge è tenuto a farlo, e cioè Ausl e Comune, che la situazione è già insostenibile.

In un’altalenante indignazione si va di caso in caso, dall’ultimo, un bambino, attaccato e morso da diversi cani nell’area di sosta interna dell’ospedale pediatrico Casa del Sole, ai Cantieri Navali, dove un falegname di sessant’anni è stato salvato in extremis da un collega di lavoro. E ancora, al Policlinico o fra i viali degli istituti universitari, dove la paura per le aggressioni da parte degli animali è sempre presente. Si corre il rischio di vedere intentate numerose cause di risarcimento contro il Comune poiché già la Corte di Cassazione, con sentenza del 20 luglio 2002, n.10638 ha stabilito che i Comuni e le Asl sono tenute in solido a risarcire il danno a quei cittadini che subiscono aggressioni da cani randagi. Questo perché, secondo la Corte, esiste un dovere di controllo sul fenomeno randagismo che i Comuni e le Asl sono tenuti a esercitare attraverso il servizio sanitario.

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