Contro clientopoli Piano aziendale - QdS

Contro clientopoli Piano aziendale

Carlo Alberto Tregua

Contro clientopoli Piano aziendale

martedì 14 Dicembre 2010

Smetterla di assumere personale inutile

La corruzione nella Pubblica amministrazione non è tanto il pagamento di tangenti per ottenere illecitamente appalti di beni e di servizi, ma riguarda in modo assai esteso la cultura del favore: io do una cosa a te, tu dai una cosa a me. In questo scenario si sono sviluppate le parentopoli di tutti i settori della Pubblica amministrazione: dalle università alle società pubbliche, agli enti economici, agli enti pubblici, alle amministrazioni (statale, regionali e locali) e via enumerando. Questa forma di corruzione è possibile perchè il ceto politico, che ha il diritto del primato, non si pone il pari dovere di avere il primato dell’etica, con la conseguenza che lo scambio di favori è diventato una pratica accettata da molti.
Quando non vi sono regole morali che governano la gestione della Cosa pubblica, è ovvio che si può fare tutto: assegnare consulenze ad incapaci, inserire in cda degli stupidotti trombati alle elezioni (se fossero persone intelligenti tornerebbero al loro lavoro), fare assumere in società pubbliche parenti, figli, amici, nipoti.

Scandali di clientopoli se ne sono verificati alle università di Roma, Bari e Messina, assunzioni abnormi nelle società del comune di Palermo e del comune di Catania, e per ultima clientopoli, l’assunzione di migliaia di parenti e amici nelle due società del comune di Roma (Atac e Ama).
Il fenomeno proviene da decenni passati e degenerò soprattutto dagli anni Ottanta quando si succedettero governi variabili ma dominati da Dc e Psi. Ricordiamo per l’ennesima volta che in appena dodici anni, il debito pubblico (1980-1992) passò da 200 mila miliardi a due milioni di miliardi, cioè si moltiplicò per dieci. Era il periodo in cui nelle Poste, nelle Ferrovie, nelle società e banche pubbliche si inserivano decine di migliaia di persone inutili a quegli enti.
Ribadiamo il concetto di inutilità non con riguardo alle persone che hanno la loro dignità, bensì con riferimento ai servizi che hanno bisogno di determinate figure professionali e non di più. E per sapere quali e quante figure professionali abbisogna un ente pubblico, non è possibile fare riferimento alla cosiddetta pianta organica.

 
La pianta organica è una subordinata del Piano aziendale che , come è noto ai professionisti del settore, si ripartisce in quattro sezioni: programmazione, organizzazione, gestione e controllo. Non specifichiamo i contenuti di ogni singola sezione perchè costituirebbe un tecnicismo non semplice. Rimandiamo i cortesi lettori che volessero maggiori informazioni al riguardo a specifiche rischieste che ci possono essere fatte alle nostre e mail. Tuttavia qualche elemento possiamo darlo. Per esempio, la fissazione di obiettivi del Piano costituiti dalla produzione dei servizi; la determinazione della filiera produttiva, la quale stabilisce le tappe; i mezzi finanziari occorrenti e le figure professionali per qualità e quantità. Proprio in questo segmento va redatta la pianta organica che non ha una propria autonomia ma è subordinata al raggiungimento degli obiettivi del Piano.
La questione è limpida: senza un Piano aziendale un’amministrazione pubblica di qualunque genere, non dovrebbe aprire i propri uffici. 

Se è scandaloso che nessun ente pubblico, a cominciare dai ministeri, abbia il Piano aziendale, lo è ancor di più per le società pubbliche, controllate da Stato, Regioni e Enti locali, le quali, proprio perchè sotto forma di Spa, hanno l’obbligo professionale di stilare il loro Piano aziendale che in questo caso, trattandosi di società di diritto privato, si definisce Piano industriale. Sfidiamo una qualunque di queste società a esibire il proprio Piano industriale.
Se nessuna di esse l’ha redatto, vuol dire che c’è stata mala fede. Il Piano aziendale (o industriale) è una camicia di forza perchè determina in maniera inoppugnabile gli elementi di cui ha bisogno quell’ente, comprese le risorse umane.
Invitiamo il presidente Lombardo, se è vero che vuole riformare la Sicilia, a preparare un disegno di legge con un articolo unico:
Ogni amministrazione pubblica o società operante in Sicilia deve redigere il Piano aziendale. Gli amministratori o responsabili istituzionali decadono dal proprio incarico in assenza dello stesso. Il Piano aziendale è controllato preventivamente da un’Autorità esterna che verrà istituita.

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Commenta

Ediservice s.r.l. 95126 Catania - Via Principe Nicola, 22

P.IVA: 01153210875 - Cciaa Catania n. 01153210875


SERVIZIO ABBONAMENTI:
servizioabbonamenti@quotidianodisicilia.it
Tel. 095/372217

DIREZIONE VENDITE - Pubblicità locale, regionale e nazionale:
direzionevendite@quotidianodisicilia.it
Tel. 095/388268-095/383691 - Fax 095/7221147

AMMINISTRAZIONE, CLIENTI E FORNITORI
amministrazione@quotidianodisicilia.it
PEC: ediservicesrl@legalmail.it
Tel. 095/7222550- Fax 095/7374001
Change privacy settings
Quotidiano di Sicilia usufruisce dei contributi di cui al D.lgs n. 70/2017