Percolato, doppio affare in discarica - QdS

Percolato, doppio affare in discarica

Rosario Battiato

Percolato, doppio affare in discarica

martedì 28 Dicembre 2010

Ambiente. Dietro lo smaltimento dei rifiuti in Sicilia.
Così si lucra. Nelle discariche siciliane il business è doppio. Non solo costa conferire i rifiuti. Sorge il problema di smaltire, a prezzi salatissimi, il liquido che si forma durante la decomposizione.
Così si spreca. Nell’isola nessuno è riuscito a far mettere in funzione un impianto di trattamento del percolato. In questo modo, chi trasporta e smaltisce altrove il liquido continua a dettare prezzi e condizioni.

PALERMO – C’erano diversi punti nel meccanismo dei rifiuti dell’Isola che permettevano un giro d’affari di grandissima rilevanza per gli speculatori della monnezza.
Il Qds ha esplorato in una serie di inchieste il meccanismo perverso del conferimento in discarica, dei trasporti e l’affaire termovalorizzatori. Tutti snodi strategici spesso in mano, più o meno direttamente, a gruppi imprenditoriali vicini alle cosche mafiose. Anche lo smaltimento del percolato si inserisce a pieno titolo in questa macchina lucrosa, in quanto nel perimetro regionale non esiste “incredibilmente” alcun impianto di smaltimento del liquido in loco, e il trasferimento in Calabria permette guadagni straordinari.
 
La gestione dei rifiuti è stata un affare. Un immenso giro di denaro per pochi sulle spalle dell’ambiente e dei cittadini, costruito sulla gestione in discarica (l’89% dei rifiuti siciliani è smaltito direttamente negli impianti, record assoluto in Italia) e sui succosissimi appalti che ne derivavano. La giungla delle tariffe di smaltimento in discarica – da 50 a 120 euro a tonnellata su cui stanno indagando gli ispettori dell’assessorato – funzionava col parallelo meccanismo dei trasporti, creando un binomio spesso contemporaneamente gestito dalle cosche mafiose. In questo gioco di interessi si è incastrato alla perfezione lo sfruttamento del percolato, vero fiore all’occhiello della Rifiuti Spa made in Sicily.
Il percolato è l’ospite insidioso delle discariche isolane, perché è il figlio liquido della decomposizione dei rifiuti e dell’invasione delle acque meteoritiche. Il percorso del percolato siciliano è drammaticamente semplice: non ci sono impianti di smaltimento e pertanto viene esportato a costi abbastanza onerosi (80 euro la tonnellata) destinazione Calabria, esattamente a Gioia Tauro, in una prima fase, e successivamente anche a Vibo Valentia.
L’assessore Pier Carmelo Russo, attualmente alle Infrastrutture ma con una strategica delega all’Energia e ai Servizi di pubblica utilità durante il Lombardo Ter, ha ipotizzato tra gennaio e aprile una spesa di 3 milioni e 600 mila per lo smaltimento del percolato (45mila tonnellate). Questa continua produzione, come una marea insormontabile, non esclude l’idea di una strategia ben precisa, in quanto proprio Russo precisò, in una lettera inviata alla Procura della Repubblica, di “un interesse a mantenere irrisolto il problema del percolato”. Si tratta di un percorso che ha dell’incredibile. “Posto che, secondo notizie acquisite presso Amia, il percolato viene smaltito mediante autocisterne con rimorchio del volume di trenta tonnellate ciò significa che ogni mese vengono impegnate trecentosettantacinque autocisterne. Quindi, mediamente, ogni giorno sono impegnate nello smaltimento del percolato 12,5 autocisterne (trecento settantacinque diviso trenta giorni)”. Si tratterebbe di un’autocisterna da trenta tonnellate ogni due ore. “Ci si deve necessariamente chiedere – ha proseguito Russo – se vi sia la disponibilità di un numero così alto di autocisterne, se non si guastino mai, e così via”. Un impianto di trattamento in loco invece permetterebbe di lavorare il percolato con appena 10/12 euro al metro cubo.
Del resto il nuovo responsabile della Protezione civile regionale, Pietro Lo Monaco, nei giorni caldissimi della definizione dell’aggiornamento del piano dei rifiuti del 2002, poi “rimandato” da Roma, spiegò come la costruzione di un impianto di smaltimento del percolato in loco avrebbe comunque favorito le casse regionali. “Un impianto che tratta 400-500 tonnellate al giorno di tale percolato costa sull’ordine di 6-7 milioni di euro, meno che portarlo in giro un solo anno per l’Italia”. Attualmente non esistono cifre precise in merito alla produzione di percolato, neanche per la singola discarica di Bellolampo. “Nessuno dei soggetti auditi è stato in grado di riferire con certezza quanto percolato si sia accumulato e debba essere smaltito; certamente il quantitativo è superiore a 100.000 metri cubi, quantitativo indicato per difetto e non per eccesso”. Lo scorso fine ottobre un eccezionale temporale costrinse le autorità ad intervenire con l’estrazione di un accumulo di percolato nella discarica di Bellolampo, così ad ogni temporale è emergenza. Eppure un impianto di smaltimento in loco è stato realizzato lo scorso anno presso Bellolampo, poi bloccato “in quanto operava attraverso il ricircolo del percolato stesso, procedura questa vietata dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare”.
E i controlli? La relazione della commissione fotografa lo stato di uno dei soggetti che dovrebbero monitorare le discariche isolane. Da una parte l’Arpa viene considerata dal procuratore capo della Repubblica presso il tribunale di Palermo “un referente di scarsissima qualità” perché “non esegue attività di analisi e di monitoraggio” pur “non disponendo dei mezzi necessari” e poi perché “non ha personale che abbia la qualifica di pubblico ufficiale”. Tuttavia fu proprio l’Agenzia, anche su segnalazione delle associazioni ambientaliste, attraverso una serie di sopralluoghi a denunciare “la presenza massiccia di percolato sia all’interno della discarica che nelle zone limitrofe”. Da non sottovalutare la questione della carenza del personale dell’Agenzia pari a 250 unità “a fronte di una pianta organica approvata dal governo regionale che ha quantificato in 950 unità quelle necessarie per fronteggiare le esigenze della Regione”.
Poi ci sono i dubbi relativi ad un sistema di smaltimento che a Bellolampo resta sempre in mano ai soliti noti. Infatti, secondo dati raccolti dalla commissione le imprese che si occupano dello smaltimento del percolato, sono le stesse che operavano in passato. Proprio su queste attività collaterali, i gruppi mafiosi non operano mai in maniera diretta, agisce la malavita. Appare “inconcepibile”, secondo la commissione, che il percolato prodotto in Sicilia debba essere trasportato in Calabria.
Intanto a Bellolampo i commissari straordinari hanno affidato, lo scorso novembre, il servizio di realizzazione e gestione di un impianto di trattamento e smaltimento del percolato (quantità stimata 250 metri cubi al giorno) per un costo di 7,8 milioni di euro.

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