Capoluoghi: questione personale - QdS

Capoluoghi: questione personale

Francesco Torre

Capoluoghi: questione personale

mercoledì 05 Gennaio 2011

Enti locali. Quando gli sprechi soffocano i conti.
Efficienza lontana. Nel settore delle risorse umane si va avanti senza una strategia volta a migliorare la qualità dei servizi, restando impreparati rispetto alle sfide del futuro.
Quantità e qualità. Rispetto all’anno precedente, si spendono 5 mln € in meno, ma il numero dei dipendenti è aumentato, mortificando di fatto il lavoro qualificato.

Palermo – Anno nuovo, sprechi vecchi. Sopravvissuti alle vacanze natalizie e salpati nel 2011, spulciamo gli ultimi rendiconti comunali a nostra disposizione e ci chiediamo: quanto hanno speso i nove Comuni capoluogo siciliani per i propri dipendenti nell’anno 2009? E con quali differenze rispetto all’anno precedente, anche nei confronti delle cosiddette “Gemelle del Nord”?
Il dato è curioso, ma facciamo prima un passo indietro, ovvero alle risultanze dei rendiconti 2008.
L’anno precedente – Come riportato in una nostra precedente inchiesta (Carissimi dipendenti, ma quanto costate? Nei capoluoghi una spesa extra del 23%, QdS del 30 aprile 2010), nel 2008 le nove sorelle siciliane potevano contare su un esercito di 16.597 donne e uomini, il cui costo superava i 675 milioni di euro. E ciò naturalmente al netto delle spese della legione nemmeno troppo straniera delle società partecipate, un universo con numeri – come sappiamo – da capogiro.
Rimanendo comunque esclusivamente sui dipendenti comunali, il confronto con le “Gemelle del Nord”, già nel 2008, era spietato. Con quasi 1.000 stipendi in meno, infatti, nel Settentrione si garantivano servizi che qui è possibile solo sognarsi (come peraltro dimostrato da ogni classifica sulla qualità della vita in Italia), e tutto ciò con un risparmio netto – rispetto al dato economico siciliano – di ben 73 milioni di euro.
La trasparenza negata – Confrontando i dati del 2008 con quelli dei rendiconti 2009 non era oggettivamente possibile aspettarsi rivoluzioni, anche se – come vedremo – i numeri mostrano delle tendenze per certi versi molto inquietanti. Ciò che però sarebbe stato seriamente auspicabile è che in un anno i nostri enti si fossero almeno adeguati alle normative sulla trasparenza negli atti amministrativi. Chiunque visiti i siti internet dei nostri enti locali, difatti, può verificare quanto sia difficile – e a volte persino impossibile – scoprire, per esempio, qual è la spesa per il personale del Comune di Catania, o quanti sono i dipendenti del Comune di Messina, ente che non pubblica online dati contabili da oltre tre anni. Eppure tutto ciò dovrebbe essere messo all’attenzione dei cittadini con grande visibilità, come peraltro succede nei siti internet delle “Gemelle del Nord”, sulle cui piattaforme online è possibile ormai downloadare praticamente di tutto, dai rendiconti completi e ragionati alle schede dei dipendenti fino ad ogni sorta di statistica. Ma questo potrebbe essere secondario se almeno i numeri dimostrassero una coerenza e un’attenzione certosina nella spesa delle pubbliche risorse.
L’ultimo rendiconto – 670 milioni 118 mila 711,85 euro. è questa la cifra che i nostri nove Comuni capoluogo hanno speso nel 2009 per pagare i propri dipendenti. Un dato che potrebbe configurarsi come positivo se paragonato a quello dell’anno precedente, con un risparmio netto sul capitolo di spesa di oltre 5 milioni di euro, ma che invece lascia non poche incognite se andiamo a valutare il numero totale dei dipendenti, che invece di diminuire risulta in aumento: 16.658 le donne e gli uomini stipendiati dai nove enti locali siciliani, 61 in più dell’anno precedente. E poco importa se i dati in nostro possesso relativi ai Comuni di Messina e di Palermo non siano aggiornati al 2010, qui la tendenza è evidente: al taglio delle spese (minimo) non corrisponde il taglio del personale.
Con quali conseguenze? La mortificazione – e di conseguenza la marginalizzazione – del lavoro qualificato e, di conseguenza, la dispersione, per non dire lo spreco, delle risorse pubbliche.
Il confronto – Come abbiamo già in passato evidenziato, i Comuni in Sicilia rappresentano senza alcun dubbio la più grande fonte di lavoro esistente. Più delle Province, più dei Policlinici e delle altre strutture ospedaliere, più delle Università e soprattutto molto di più di ogni altra realtà privata. Un vero e proprio ammortizzatore sociale in grado di abbattere – anche se solo relativamente, visto il livello disperato e disperante della nostra economia di mercato – la disoccupazione esistente, almeno per alcune fasce di popolazione.
Nell’epoca dei “Patti di stabilità”, dei risparmi a tutti i costi, di Tremonti “mani di forbice”, come si può coniugare questo ruolo assistenziale svolto dai Comuni con la necessità di abbattere le spese? Semplice, con la diminuzione dei ruoli dirigenziali e specializzati e l’aumento degli lsu, dei precari, dei part-time. Tutto a scapito della qualità dei servizi, ovviamente. E tutto al contrario rispetto a ciò che succede nei Comuni “gemelli”. Rispetto al 2008, infatti, i nove enti locali del Nord presi ad esame si presentano all’appello con ben 533 dipendenti in meno (15.135 in totale) ma con una spesa generale del personale in crescita di circa 3 milioni di euro. Segno che si investe sulla qualità e si puntano a gratificare le professionalità. Perché l’obiettivo è garantire servizi al cittadino che paga le tasse, non sistemare i clientes a discapito di ogni criterio di meritocrazia e di trasparenza nell’accesso alle pubbliche professioni. Tutto questo, naturalmente, senza generalizzare troppo perché – come vedremo nell’articolo qui sotto – ci sono alcuni Comuni che si differenziano e che dal confronto con la propria “gemella”a non escono affatto con le ossa rotte, anzi.
Ma il dato globale, oltre ad offrirci una preoccupante panoramica sugli sprechi economici nel settore delle risorse umane, ci mostra sostanzialmente come i nostri Comuni capoluogo risultino privi di una strategia volta a migliorare la qualità dei servizi, e assolutamente non pronti alle sfide del futuro. Ci riferiamo soprattutto ai dati apparsi recentemente sulla stampa nazionale sulle modifiche ai trasferimenti previste in base al nuovo disegno fiscale su base federale, che per i Comuni del Sud prevedono tagli anche oltre il 50%. Quali scenari si prospettano per l’anno appena iniziato?

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