Antiracket, c’è una Sicilia che si ribella - QdS

Antiracket, c’è una Sicilia che si ribella

Massimo Mobilia

Antiracket, c’è una Sicilia che si ribella

mercoledì 05 Gennaio 2011

I numeri del codice etico di Confindustria Sicilia nel giorno del protocollo d’intesa con la Questura di Palermo. Nell’Isola già 150 denunce e 30 espulsi. Lo Bello: “Adesso anche la Regione faccia la sua parte”

PALERMO – Sono in molti a sostenere che in Sicilia qualcosa stia cambiando nella coscienza civile per la lotta alla mafia. Merito di un vento che soffia finalmente a corrente avversa contro la criminalità lo si deve anche all’azione della Confindustria regionale, da quando il presidente Ivan Lo Bello ha adottato la linea dura contro gli imprenditori collusi o che non denunciano il pizzo.
Ad oggi si possono contare oltre trenta espulsi da Confindustria in Sicilia per non aver rispettato il nuovo codice etico in cui è prevista, appunto, la denuncia dell’industriale nel caso in cui abbia avuto richieste estorsive. Il dato è emerso ieri, durante la firma di un protocollo d’intesa tra la stessa Confindustria e la Questura di Palermo.
“Nel capoluogo siciliano – ha detto Ivan Lo Bello – sono stati sei tra espulsi e accompagnati nel percorso di denuncia. L’espulsione é inderogabile per l’imprenditore colluso, mentre cerchiamo di accompagnare nel percorso di denuncia chi paga il pizzo”. L’unica impresa espulsa a Palermo è stata Aedila Venusta. “Noi ci muoviamo – ha puntualizzato il presidente degli industriali siciliani – quando raggiungiamo la certezza che quell’impresa è coinvolta nel pagamento del pizzo o nell’organizzazione criminale”.
Più numerose le denunce che hanno superato da tempo quota cento, di cui trenta solo a Palermo. “In Sicilia – ha concluso Lo Bello – siamo già a 150 denunce. Il nostro obiettivo è buttare fuori gli imprenditori collusi, ma contemporaneamente di convincere l’imprenditore che ha pagato il pizzo a denunciare”.
Poi il consueto appello alla classe politica, “La migliore lotta alla mafia che la politica può portare avanti è abbandonare il sistema assistenziale e puntate sul mercato per creare lavoro stabile e non mance assistenziali e clientele”, tornando sul ruolo che devono assumere le istituzioni nella repressione della criminalità organizzata. “Gli industriali hanno già cominciato un percorso di collaborazione importante con le Forze dell’ordine. Anche la Regione, per i suoi compiti, deve fare la sua parte”.
Tornando al protocollo d’intesa, la Mobile di Palermo avrà una nuova sede operativa nella restaurata chiesa di Sant’Elisabetta, attigua agli attuali uffici della Polizia, grazie all’impegno di Confindustria Sicilia che provvederà a completarla con un investimento finanziario di circa 350 mila euro, per arredamenti e strumenti tecnologici avanzati. Nella nuova sede ci sarà anche un’area dedicata agli imprenditori che vogliono denunciare. “Questo protocollo è importante per tanti motivi – ha spiegato ancora Lo Bello. Ci sono tanti imprenditori che hanno denunciato e che spingono gli altri a denunciare le estorsioni mafiose grazie alla forte azione di contrasto messa in campo dalle Forze dell’ordine. Questa è la cornice essenziale di una collaborazione avviata da tempo e che oggi aggiunge un ulteriore tassello nel segno della legalità”.
Il completamento della struttura, in cui confluiranno gli uffici della Mobile, ha un valore soprattutto simbolico della intesa tra industriali e Polizia. “è un percorso virtuoso che ci permette di fare passi da gigante, come dimostra l’operazione Addiopizzo 5, nel contrasto alla mafia – ha detto il questore, Nicola Zito. Abbiamo creato un sistema che crea fiducia nelle persone e ci permette di dare una sferzata all’organizzazione criminale. Non siamo più alle semplici dichiarazioni d’intenti, ma siamo giunti ad una collaborazione fattiva”. La Questura s’impegnerà, inoltre, a realizzare una serie di incontri con le categorie produttive sul contrasto al fenomeno del racket per fornire informazioni sulle norme e sulle opportunità per chi denuncia.

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