Mamma Regione diseduca al lavoro - QdS

Mamma Regione diseduca al lavoro

Dario Raffaele e Chiara Giarruso

Mamma Regione diseduca al lavoro

sabato 08 Gennaio 2011

Lavoro. Poca voglia di fare e tanti scoraggiati.
Le fasce d’età. Nel 45,6% dei casi ad essere nullafacenti sono i giovani tra i 25 e i 29 anni, nel 38,1%  hanno un’età compresa tra i 20-24, nel 16,3%, invece, un’età compresa  tra i 15 e 19 anni.
Disoccupazione. Secondo l’Istat, nel 2009 il 38,5% dei giovani in Sicilia è disoccupato: un dato che porta l’Isola a detenere il triste primato di regione italiana con il tasso di disoccupazione giovanile più elevato

Un giovane siciliano su tre è “nullafacente” o, nella migliore delle ipotesi, è costretto a “fuggire” dalla Regione (intesa sia come luogo fisico che come istituzione). Tante, troppi, i delusi, gli scoraggiati, i giovani costretti a restarsene con le mani in mano. E se tante volte la causa è un atteggiamento remissivo, poco disposto al sacrificio e tendente solo ed esclusivamente al la ricerca del posto fisso (preferibilmente quello comodo dell’ufficio pubblico), tante altre è la politica a costringerli a questo “status”, non attuando politiche efficaci di sostegno. La scuola in primis (spesso inadeguata alle reali esigenze dei ragazzi), la formazione professionale, sia quella per supplire all’obbligo scolastico, sia quella tradizionale (inutile ai fini occupazionali), e ancora la scarsità d’incentivi a sostegno dell’imprenditoria giovanile e femminile, sono le cause che spingono i nostri ragazzi in uno stato d’immobilismo imbarazzante
 
Nel Mezzogiorno d’Italia sono il 30,3% i giovani nullafacenti. è quanto emerge dal primo Rapporto sulla coesione sociale 2010,  pubblicato dall’Istat e realizzato in collaborazione con l’Inps e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Secondo l’istituto di statica in Italia i giovani di età compresa tra i 15 e i 29 anni che non studiano né lavorano, sono oltre 2 milioni. Il dato registra una crescita del 6,6% in più rispetto al 2008.  Il 21,2% dei giovani italiani rientrano, infatti, in quella che viene definita generazione Neet, un acronimo che sta per “Not in education, employment or trainig”, ovvero “non impegnati in corsi di istruzione o formazione ma neppure alla ricerca di attività lavorative”. Questa categoria è composta in particolare da giovani donne, che rappresentano il 56,5% contro il 43,5% dei ragazzi, ed è concentrata in particolare nelle regioni del Mezzogiorno: sono il 30,3%  contro il 16.1% registrato al Centro ed il 14,5% al Nord.
Nel 45,6% dei casi ad essere “nullafacenti” sono i giovani tra i 25 e i 29 anni, nel 38,1%  hanno un’età compresa tra i 20-24, nel 16,3%, invece, un’età compresa  tra i 15 e 19 anni. Secondo quanto emerge dal rapporto 2010, caratteristica dei nuovi Neet è il livello d’istruzione e il titolo di studio conseguito: ad aumentare nel 2009, infatti, sono i giovani diplomati (+12,1%) e laureati (+11,5%). In riferimento alla loro condizione, i Neet che hanno perso il lavoro e sono disoccupati rappresentano poco più del 34%, mentre quelli che provengono da un dall’inattività (che non sono in cerca di occupazione) sono il 65,8%. Rispetto al 2008, inoltre, si registra un incremento del 32%, dei giovani che hanno perduto una precedente occupazione, degli ex inattivi (+12,2%) e di quelli in cerca di una prima occupazione +11,6%.
Secondo le rilevazioni Istat, nel 2009 il 38,5% dei giovani in Sicilia è disoccupato: un dato allarmante considerando che la l’isola detiene il triste primato di regione italiana con il tasso di disoccupazione giovanile più elevato rispetto al resto del paese. Andando all’analisi disaggregata dei dati per genere emerge infatti che  nel 44,2% dei casi ad essere disoccupate sono le giovani donne, che hanno più difficoltà a trovare un’ occupazione stabile, sebbene il livello di istruzioni spesso sia più elevato rispetto a quello dei coetanei maschi. è pur vero che spesso sono i nostri giovani a non volere lavorare o a non saper lavorare. Mancano le professionalità e i competenti. Ogni settimana il QdS pubblica un elenco di opportunità (a pagina 12 del giornale di oggi). In 15 uscite abbiamo già selezionato oltre 3.000 opportunità ma si sono fatti avanti poco più di 600 candidati: 1 ogni 5 offerte. Troppo poco per la fame di lavoro che c’é, o poca la voglia reale di lavorare.
Come si diceva, le difficoltà cominciano dalla scuola: su un bacino di 800 mila studenti, 120 mila si trovano in una situazione di disagio: tra evasori totali dell’obbligo scolastico, abbandoni, prosciolti prima della licenza media, bocciati, studenti col giudizio sospeso, alunni disabili e altri di diversa nazionalità. Se il 15% degli studenti si trova in questo stato di marginalità, una responsabilità deve essere attribuita in qualche misura all’assessorato competente (quello all’Istruzione). Lo stesso dicasi per l’obbligo di istruzione-formazione e la formazione professionale. Secondo un’indagine condotta dallo stesso assessorato alla Formazione nel 2008, solo l’8% dei corsisti riesce a trovare un lavoro coerente con il corso seguito e il 30% si ritira prima della fine del corso stesso. Il neo assessore Centorrino sta procedendo alla riforma del settore, dando più spazio ai corsi atti a formare le figure professionali più richieste dal mercato del lavoro. Le intenzioni sono buone, le premesse anche. Per i risultati non ci resta che attendere, sempre meglio che piangere.

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