Corporazioni di banchieri, assicuratori e petrolieri - QdS

Corporazioni di banchieri, assicuratori e petrolieri

Carlo Alberto Tregua

Corporazioni di banchieri, assicuratori e petrolieri

martedì 11 Gennaio 2011

Il Paese bloccato dai privilegiati

In un Paese, il sistema funziona se vi è un giusto bilanciamento fra interessi diversi. Ovviamente, l’interesse generale deve sempre prevalere su quello di parte. Da noi, accade che le corporazioni sono fortissime e non vengono limitate nella loro azione famelica da un Governo, forte con i deboli e debole con i forti. In particolare ci riferiamo alle corporazioni di banchieri, assicuratori e petrolieri.
Il ministro dello Sviluppo Economico, Paolo Romani, ha dichiarato pubblicamente che le assicurazioni in Italia fanno pagare premi doppi rispetto a quelli della media europea. Se lo dice una fonte ufficiale, bisogna credergli. Aggiunge il ministro, che gli attuali premi dovrebbero essere ridotti del 20 per cento. Ovviamente si tratta di una presa in giro, perché in molte zone del Sud i premi sono già stati aumentati del 35 per cento. Se il Governo volesse andare al di là delle parole, dovrebbe dare all’Autorità di vigilanza sulle assicurazioni (Isvap) veri poteri di controllo per smantellare questo evidente oligopolio.

L’Isvap potrebbe lavorare di concerto con l’Antitrust, per porre in tutta evidenza i comportamenti di posizione dominante del cartello delle assicurazioni, multarle fortemente fino a far perdere loro la convenienza di praticare gli indebiti premi. In altri termini, bisogna passare dalle parole ai fatti ed avere concreti risultati a favore dei cittadini, atteso che fra le compagnie di assicurazione vi è una finta concorrenza, provata dal fatto che i premi sono enormemente elevati rispetto a quelli europei.
L’altra corporazione imbattibile è quella delle banche che, anch’esse riunite nel cartello dell’Associazione bancaria italiana, continuano a vessare i loro clienti, chiaramente parte debole, applicando condizioni, commissioni e aggravi ingiustificati e di ogni genere. Per tutti, citiamo l’abolizione per legge della commissione di massimo scoperto, subito sostituita da un altro balzello che ne ha addirittura aumentato il peso. Anche qui l’Antitrust è impotente non per propria responsabilità, ma perché non è fornita di opportune leggi che consentirebbero di sanzionare pesantemente il cartello degli istituti bancari. Se il Governo non fornisce gli strumenti, ci sarà pure una ragione, che è abbastanza intuitiva.

 
La terza corporazione che danneggia l’interesse pubblico è quella dei petrolieri. Lo stesso ministero dello Sviluppo economico ha comunicato che i prezzi al consumo dei carburanti sono superiori del 4 per cento rispetto alla media europea. Un supplemento di prezzo assolutamente ingiustificato che costituisce una rendita di posizione e un privilegio sotto gli occhi di tutti.
Anche in questo caso se l’Autorità garante per la concorrenza e il mercato avesse gli strumenti necessari per intervenire sulla mancata concorrenza, potrebbe sanzionare la corporazione dei petrolieri in maniera forte, in modo che le pesanti pene pecuniarie dovrebbero sconsigliare, per mancata convenienza, l’aumento dei prezzi al di sopra della media europea.
Quindi pure qui il Governo e la maggioranza hanno gli strumenti per intervenire a favore dei cittadini, ma non lo fanno per tenersi buone le corporazioni.

Dallo scenario che vi andiamo descrivendo si evince con chiarezza che il Governo Berlusconi non è né carne né pesce. Non fa le riforme per sbloccare i meccanismi di crescita e non interviene sul mercato per stabilire le regole di competitività, indispensabili al buon funzionamento dell’economia, come se i ministri non avessereo mai letto le teorie liberali. Non si tratta di ignoranza, ma di malafede.
Ciò che si dovrebbe fare è chiaro a tutti, ma non si fa perché i cittadini non hanno voce e sono considerati un gregge. Assistiamo, nei diversi spazi televisivi, al teatrino della politica piuttosto che alle ragioni della palude italiota.
Non sappiamo se i protagonisti di quegli spazi siano ignoranti o in malafede. Ogni tanto qualcuno osa dire che le loro argomentazioni non interessano ai cittadini perché non intervengono sui veri problemi, ma poi la discussione continua su uno stupido filone di questioni da bar dello sport. Anche questi comportamenti andrebbero sanzionati col disinteresse, però continuano imperterriti ad annoiare senza costrutto. Intanto, le corporazioni lucrano parassitariamente sui cittadini.

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