Solo sindaci manager per gestire bene servizi, fabbisogni e costi standard - QdS

Solo sindaci manager per gestire bene servizi, fabbisogni e costi standard

Angela Carrubba

Solo sindaci manager per gestire bene servizi, fabbisogni e costi standard

martedì 11 Gennaio 2011

Decreto legislativo 216/2010 pubblicato nella Guri 294 del 17 dicembre 2010 disciplina una controversa materia. Ma gli studiosi esprimono qualche riserva e attendono di vedere gli effetti delle novità

Otto articoli di un decreto legislativo non fanno una rivoluzione ma possono annunciarla.
La rivoluzione è quella del D. lgs. n. 216/2010, pubblicato nella Guri 294 del 17 dicembre scorso, “Disposizioni in materia di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard di Comuni, Città metropolitane e Province”.
Il dibattito sull’argomento è stato molto animato ed ha coinvolto economisti e studiosi di diritto, in un vortice di cifre, analisi e previsioni più o meno catastrofiche. Il nodo della questione risiede, forse, nel dare per scontato che tutti i cittadini abbiano chiaro che cosa significhi “costo standard” e del perché esso influisca sulla “qualità della vita”, sulla Sanità, sui Trasporti e, più in generale, su ogni servizio pubblico.
La definizione di “costo standard” si studia all’interno della materia “contabilità industriale”. È un costo identificato in base a una costruzione ex-ante dell’impegno economico che l’unità produttiva dovrà sostenere per l’esecuzione del ciclo produttivo; è calcolato in base a predeterminati livelli di efficienza e di prezzo in relazione alle condizioni operative in uno specifico lasso temporale.
Per capire meglio il concetto di costo standard nei servizi (che devono esser pagati dal cittadino) è opportuno  distinguere gli oneri realmente sostenuti per la produzione di un bene o servizio da quelli che si prevedeva di sostenere in un determinato periodo di riferimento (in base alle condizioni operative e funzionali in cui l’azienda opera) per il raggiungimento dei propri obiettivi.
È quindi abbastanza chiaro perché abbiamo parlato di “rivoluzione annunciata” del D. lgs. 216: per chi deve gestire il servizio pubblico è nella fase di programmazione che si evidenzia l’importanza del “costo standard” come strumento di controllo dell’efficienza aziendale e di supporto per la determinazione dei prezzi di vendita. Ed è anche abbastanza chiaro perché il nodo più difficile da sciogliere nella discussione sui costi standard per i servizi locali sia stato quello dei servizi sanitari.
Nel decreto approvato dal governo il luglio scorso, – hanno scritto  Massimo Bordignon e Nerina Dirindin (Lavoce 28.09.2010) – “il sistema di definizione del fondo sanitario e i meccanismi di riparto restano sostanzialmente quelli già in vigore da oltre dieci anni. E anche i nuovi costi standard e criteri di riparto sono gli stessi già adottati in passato”.
Anche Giuseppe Pisauro, che dal luglio 2006 dirige la Scuola Superiore dell’Economia e delle Finanze, in un intervento su nelMerito.com il 22/10/2010, con una argomentazione convincente mostra che “(…) i costi standard in sé non hanno alcun effetto su riparto delle risorse e l’allocazione delle stesse cambierà per il differente metodo di pesatura”. Egli è convinto che la misurazione dei costi standard “(…) riguardo alla ripartizione del finanziamento, è un’onesta fotografia della situazione attuale.
 
Fotografia la cui nitidezza è in parte offuscata da un eccesso di retorica sul ruolo effettivamente svolto dai costi standard. Avvia, comunque, un percorso, iniziando a definire standard di spesa (anche se in modo ancora troppo aggregato). Una definizione che potrà servire a misurare le aree di inefficienza e a verificarne in futuro i miglioramenti. È bene tenere separato, come, al di là della retorica, fa il decreto, questo percorso dai criteri di riparto del finanziamento”.
Vi è infine chi – Guido Citoni e Alessandro Solipaca nella rivista nelMerito.com il 5 novembre 2010 –  “declina l’inutilità del calcolo dei costi standard, poiché l’allocazione delle risorse non sembra in alcun modo dipendere dalla loro misurazione; Mapelli in Lavoce.info l’8/10/2010 calcola, in modo approssimato, quale possa essere l’allocazione dei fondi tra regioni con i costi standard e conclude dicendo che “(…) il calcolo dei costi standard nulla aggiunge ed è pertanto inutile (salvo portare ad una possibile diminuzione delle risorse globalmente allocate alla sanità). La nostra impressione è che, con questo Decreto, si rischi, nel giro di pochi anni, di aumentare i differenziali regionali Nord-Sud, abbassando ulteriormente il livello di equità del Sistema sanitario pubblico. (…)”.
Concludendo, il Dlgs 216/2010 dà inizio ad una serie di passaggi nella gestione dei servizi locali che implicano da parte di coloro che devono organizzarli una vera capacità di analisi delle risorse a disposizione: qualità del lavoro, capacità di reperire risorse finanziarie, capacità di scegliere fornitori affidabili.
Insomma, prevede che sindaci-manager creino società e/o consorzi di servizi rivolte non a “sistemare” clientes e portaborse ma, appunto, a fornire un servizio.
 

 
Funzioni fondamendali degli EE.LL.
Art. 3 D. lgs. 216/2010
 
Art. 3 Funzioni fondamentali e classificazione delle relative spese
1. Ai fini del presente decreto, fino alla data di entrata in vigore della legge statale di individuazione delle funzioni fondamentali di Comuni, Città metropolitane e Province, le funzioni fondamentali ed i relativi servizi presi in considerazione in via provvisoria, ai sensi dell’articolo 21 della 5 maggio 2009, n. 42, sono:
a) per i Comuni: 1) le funzioni generali di amministrazione, di gestione e di controllo, nella misura complessiva del 70 per cento delle spese come certificate dall’ultimo conto del bilancio disponibile alla data di entrata in vigore della legge 5 maggio 2009, n. 42; 2) le funzioni di polizia locale; 3) le funzioni di istruzione pubblica, ivi compresi i servizi per gli asili nido e quelli di assistenza scolastica e refezione, nonché l’edilizia scolastica; 4) le funzioni nel campo della viabilità e dei trasporti; 5) le funzioni riguardanti la gestione del territorio e dell’ambiente, fatta eccezione per il servizio di edilizia residenziale pubblica e locale e piani di edilizia nonché per il servizio idrico integrato; 6) le funzioni del settore sociale;
b) per le Province: 1) le funzioni generali di amministrazione, di gestione e di controllo, nella misura complessiva del 70 per cento delle spese come certificate dall’ultimo conto del bilancio disponibile alla data di entrata in vigore della legge 5 maggio 2009, n. 42; 2) le funzioni di istruzione pubblica, ivi compresa l’edilizia scolastica; 3) le funzioni nel campo dei trasporti; 4) le funzioni riguardanti la gestione del territorio; 5) le funzioni nel campo della tutela ambientale; 6) le funzioni nel campo dello sviluppo economico relative ai servizi del mercato del lavoro.
 

 
Calcolo fabbisogni standard
Art. 4 D. lgs. 216/2010
 
Art. 4 Metodologia per la determinazione dei fabbisogni standard 
1. Il fabbisogno standard, per ciascuna funzione fondamentale e i relativi servizi, tenuto conto delle specificità dei comparti dei Comuni e delle Province, è determinato attraverso:
    a) l’identificazione delle informazioni e dei dati di natura strutturale e contabile necessari, acquisiti sia da banche dati ufficiali esistenti sia tramite rilevazione diretta con appositi questionari da inviare ai Comuni e alle Province, anche ai fini di una riclassificazione o integrazione delle informazioni contenute nei certificati contabili;
    b) l’individuazione dei modelli organizzativi e dei livelli quantitativi delle prestazioni, determinati sulla base di un sistema di indicatori in relazione a ciascuna funzione fondamentale e ai relativi servizi;
    c) l’analisi dei costi finalizzata alla individuazione di quelli piu’ significativi e alla determinazione degli intervalli di normalità;
    d) l’individuazione di un modello di stima dei fabbisogni standard sulla base di criteri di rappresentatività attraverso la sperimentazione di diverse tecniche statistiche;
    e) la definizione di un sistema di indicatori, anche in riferimento ai diversi modelli organizzativi ed agli obiettivi definiti, significativi per valutare l’adeguatezza dei servizi e consentire agli enti locali di migliorarli.
2. Il fabbisogno standard può essere determinato con riferimento a ciascuna funzione fondamentale, ad un singolo servizio o ad aggregati di servizi, in relazione alla natura delle singole funzioni fondamentali e tenendo presenti le esclusioni previste alla legge 5 maggio 2009, n. 42.
3. La metodologia dovrà tener conto delle specificità legate ai recuperi di efficienza ottenuti attraverso le unioni di Comuni, ovvero le altre forme di esercizio di funzioni in forma associata.
4. Il fabbisogno standard è fissato anche con riferimento ai livelli di servizio determinati in base agli indicatori di cui al comma 1, lettera e).
 


Pubblicazione fabbisogni standard
Art. 6 D. lgs. 216/2010
 
Art. 6 Pubblicazione dei fabbisogni standard
1. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, sono adottati la nota metodologica relativa alla procedura di calcolo di cui agli articoli precedenti e il fabbisogno standard per ciascun Comune e Provincia, previa verifica da parte del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato del Ministero dell’economia e delle finanze, ai fini del rispetto dell’articolo 1, comma 3. Sullo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri è sentita la Conferenza Stato-città e autonomie locali.
Decorsi quindici giorni, lo schema è comunque trasmesso alle Camere ai fini dell’espressione del parere da parte della Commissione bicamerale per l’attuazione del federalismo fiscale e da parte delle Commissioni parlamentari competenti per le conseguenze di carattere finanziario. Lo schema di decreto è corredato da una relazione tecnica redatta ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, che ne evidenzia gli effetti finanziari.
Decorsi quindici giorni dalla trasmissione alle Camere da parte del Governo, il decreto può essere comunque adottato, previa deliberazione definitiva da parte del Consiglio dei Ministri, ed è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale. Il Governo, se non intende conformarsi ai pareri parlamentari, trasmette alle Camere una relazione con cui indica le ragioni per le quali non si è conformato ai citati pareri. Ciascuno dei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri recante determinazione dei fabbisogni standard per Comuni e Province indica in allegato gli elementi considerati ai fini di tale determinazione.
2. Al fine di garantire la verifica di cui al comma 1, il Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, secondo le proprie competenze, partecipa direttamente alle attività di cui all’articolo 5.
3. Ciascun Comune e Provincia dà adeguata pubblicità sul proprio sito istituzionale del decreto di cui al comma 1, nonché attraverso le ulteriori forme di comunicazione del proprio bilancio.

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