Le imprese “scompaiono”, colpa dei costi alti e della burocrazia - QdS

Le imprese “scompaiono”, colpa dei costi alti e della burocrazia

Michele Giuliano

Le imprese “scompaiono”, colpa dei costi alti e della burocrazia

mercoledì 12 Gennaio 2011

Allarame lanciato dalla Cna: aziende in regola pagano troppe tasse, scoraggiati a fare nuove assunzioni. Confindustria: un imprenditore siciliano impiega 92 giorni l’anno per sbrigare pratiche

PALERMO – Le imprese cercano le migliori condizioni ambientali ed economiche ma quando manca soprattutto quest’ultimo aspetto e per di più ci si mette anni per delle semplici carte bollate è ovvio che l’imprenditore va altrove. Ed è quello che succede un po’ ovunque nel territorio siciliano secondo quanto denunciato nel corso di un convegno organizzato dalla Cna a Marsala, in provincia di Trapani.
 
Ovvio che questo tipo di allarme si faccia sentire di più da queste parti: “Le imprese sono costrette ad adeguarsi al mercato. Si spostano alla ricerca di costi più bassi e risorse più qualificate. Un dipendente oggi arriva a costare, solo come contribuzione, dagli 800 ai 1.000 euro al mese.
 
Questo non fa che scoraggiare l’assunzione e spingere alla delocalizzazione” ha spiegato l’esponente della Cna Luigi Giacalone che nel corso di un incontro organizzato appositamente ha chiesto il sostegno della Regione per aiutare invece le piccole imprese artigiane, di cui è formato il tessuto imprenditoriale locale, a rimanere sul territorio ma soprattutto a trovare le adeguate forme di sostentamento. Proprio perché il convegno è stato organizzato a Marsala è stato preso un esempio che riguarda da vicino il territorio: “Togliendo le aree metropolitane, Trapani – ha spiegato ancora Giacalone – è una delle province più sviluppate dal punto di vista imprenditoriale ma una delle meno attrezzate dal punto di vista delle aree industriali. Un’altra questione che scoraggia gli investimenti sul territorio. 
È necessario che la Regione indirizzi gli impegni economici e le proprie risorse verso la creazione degli spazi dove le imprese possono crescere”. Tra gli esempi riportati a proposito di aree industriali proprio Marsala: “C’è un progetto – ha ricordato Giacalone – che riguarda contrada Matarocco, presentato nel 1992, con pareri positivi di Genio Civile e Provincia, ma fermo all’assessorato Territorio e Ambiente, un progetto che darebbe respiro alla città”. “Chiediamo tutela del territorio e sostegno alle imprese: su questo si deve basare la strategia economica principale della Regione – hanno affermato gli esponenti della Cna in coro – Vorremmo avere una Regione amica. Ci sono imprese che hanno fatto investimenti. Servono strumenti celeri ed efficaci ma soprattutto che ciò sia fatto nei tempi dell’impresa non della politica”.
Dopo avere ascoltato i vari interventi e le richieste dei presenti, l’assessore regionale alle Attività produttive Marco Venturi ha garantito l’impegno suo e della Regione. Poche però in tal senso le certezze anche perché lo stesso Venturi si è più volte lamentato in passato dell’eccesso di burocrazia in Sicilia che impedisce lo sviluppo delle imprese. Sol per fare un esempio della zavorra che costituisce la burocrazia per la crescita delle imprese in Sicilia, Confindustria ha rilevato che un imprenditore siciliano ogni anno impiega in media 92 dei 220 giorni lavorativi a sbrigare pratiche. I ritardati pagamenti della pubblica amministrazione, nelle aree meridionali, rappresentano la causa di fallimento in un caso su quattro.
 

 
L’approfondimento. Le richieste degli artigiani alla Regione
 
Gli artigiani hanno avanzato all’assessorato regionale alle Attività produttive richieste ben precise: non contributi a fondo perduto ma più attenzione all’accesso al credito; il rifinanziamento della Crias; il credito d’imposta regionale anche per l’assunzione dei dipendenti. “Questo permetterebbe agli artigiani di risolvere i problemi con la Montepaschi Serit” – ha detto Giacalone -. Il quadro prospettato non è certo roseo: Il 45 per cento delle imprese artigiane e il 52 per cento delle imprese commerciali non paga i contributi previdenziali. E se non pagano è solo perché altrimenti non potrebbero sfamare la famiglia”. E in più il 35 percento di loro ha un contenzioso aperto con la Montepaschi Serit. “Se un falegname fallisce perché Montepaschi gli fa il pignoramento – ha sottolineato il segretario regionale della Cna, Mario Filippello – è un’impresa familiare che fallisce, un tessuto economico. Le banche hanno chiuso i rubinetti ma l’accesso al credito è la condizione fondamentale per la sopravvivenza”. Il problema essenziale resta proprio la restrizione dell’accesso al credito: serve sbloccare il sistema per cominciare la risalita altrimenti sarà dura.

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