Berlusconi: UdC Unione delle clientele - QdS

Berlusconi: UdC Unione delle clientele

Carlo Alberto Tregua

Berlusconi: UdC Unione delle clientele

mercoledì 24 Giugno 2009

Se vale a Roma vale a Palermo

Sarà la campagna elettorale, sarà che il Cavaliere odia Casini ma, in occasione dei ballottaggi è uscito un urlo del Premier: UdC, Unione delle clientele.
Sorprende che Berlusconi si sia stupito che Casini si comporti come un perfetto democristiano, seguace del divino Giulio, il quale era il maestro dei due forni e comprava il pane in quello più conveniente. Casini si è alleato di qua e di la, ora col PdL, ora col PD, in modo da lasciarsi aperte tutte le possibili future alleanze. Ma proprio questo ha fatto infuriare il signore di Arcore, il quale non vuol più sentir parlare dell’ex alleato UdC.
Nello scenario politico nazionale si tratta di fare chiarezza ulteriore. Ed è per questa ragione che noi abbiamo stimolato i nostri lettori ad andare a votare il referendum. Che si è concluso con la vittoria degli  astensionisti.

Con il grido sopra riportato, Berlusconi ha definitivamente confermato che non vuole più l’UdC come alleato, a meno che non si tratti di una mossa tattica.
Per coerenza, non si capisce come il partito di Casini possa essere stato accolto nell’alleanza di governo siciliana, un errore clamoroso, e come ancora oggi la parte del PdL che fa riferimento a Schifani continui a sostenere che il partito di Cuffaro debba ritornare all’interno della maggioranza siciliana.
Ciò che vale a Roma deve valere a Palermo. Senza questa coerenza gli elettori rimangono disorientati, perché non possono capire le alchimie di stampo democristiano, che dal 1980 in poi hanno rovinato l’Italia, con il concorso del Psi di Craxi.
Berlusconi dice che l’UdC è l’Unione delle clientele. Lasciamo a lui la responsabilità della definizione, ma un dato è obiettivo. In 17 anni che il leader siciliano Totò Cuffaro è stato al Governo (cinque come assessore all’Agricoltura del centrosinistra, cinque come assessore allo stesso ramo del centrodestra, sette come presidente della Regione) la Sicilia non ha fatto nessun passo avanti nei parametri fondamentali.

 
Tra questi parametri, ricordiamo Pil regionale, reddito pro-capite, tasso di infrastrutture, tasso di innovazione, disinquinamento dell’ambiente con lo smantellamento del Triangolo della morte (Melilli, Priolo, Augusta), trasformazione di tutte le centrali termoelettriche a gas, ristrutturazione e utilizzazione economica di 829 borghi, messa in rete sul portale della Regione di tutti i tesori della Sicilia, riorganizzazione e informatizzazione della Pubblica amministrazione. E così via.

Un lungo elenco non esaustivo che vede la Sicilia bloccata al cinque per cento del Pil nazionale, contro il 21 per cento della Lombardia, rapporto esattamente uguale a quello del 1970: quarant’anni passati invano.
Il nuovo Governo, presieduto da Raffaele Lombardo, ha il difficile compito di ribaltare questa calma piatta e inserire elementi di forte dinamismo strutturale e ordinario. In altri termini, è necessario che venga smantellato il sistema burocratico fondato su immobilismo, clientelismo e corruzione, e sostituito con processi a capo dei quali vadano i migliori dirigenti regionali che possiedano alto tasso di professionalità.
In questa decisiva azione è giusto che i 12 assessori remino nella stessa direzione e che la maggioranza, anche se ridotta rispetto a quella attuale, voti compatta i provvedimenti legislativi su cui tale azione deve correre.
È opportuno che con somma urgenza il presidente Berlusconi inviti Lombardo, Schifani, Alfano, Micciché, Castiglione e Nania, e indichi con decisione la rotta sulla quale il Governo siciliano deve andare, se conforme all’interesse della Sicilia.
Il Partito democratico, dal suo canto, elabori e porti all’opinione pubblica un suo programma per la Sicilia, da comunicare in una serie di convegni ed eventi, oggi per il momento in cui vi saranno le future elezioni regionali, affidandole a un leader che dovrà lavorare duramente per i prossimi quattro anni.

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