Gruppo di lavoro per attuare lo Statuto - QdS

Gruppo di lavoro per attuare lo Statuto

Lucia Russo

Gruppo di lavoro per attuare lo Statuto

sabato 15 Gennaio 2011

Istituito con decreto dell’assessore Armao per supportare l’attività dell’amministrazione nei rapporti Stato-Regioni. Ne fanno parte i dirigenti generali dei dipartimenti Bilancio e tesoro e Finanze e credito

PALERMO – L’assessore regionale per l’Economia, Gaetano Armao, ha firmato il decreto di costituzione del gruppo di lavoro interdipartimentale che ha il compito di supportare l’attività dell’amministrazione nei rapporti con la Commissione Paritetica Stato-Regioni, per quanto attiene in particolare le norme di attuazione dello Statuto in materia finanziaria e le politiche di bilancio della Regione.
Ne fanno parte di diritto i dirigenti generali pro tempore dei dipartimenti del Bilancio e del Tesoro, Enzo Emanuele, e delle Finanze e del Credito, Salvatore Taormina, nonchè i dirigenti dell’assessorato Antonio Adragna, Benedetta Cannata, Eliana Roccella, Mariano Pisciotta, Maurizio Varia, Calogero Guagliano, Riccardo Guazzelli e Giuseppe Gulli.
In base alle tematiche che saranno affrontate è prevista la partecipazione di altri dirigenti dell’assessorato all’Economia. Il coordinamento dei lavori è affidato al dirigente generale delle Finanze e del Credito, Salvatore Taormina.
Ma quali sono gli articoli dello Statuto siciliano che sono rimasti inattuati?
Innanzitutto l’articolo 24 dello Statuto che prevede la presenza a Roma di un’Alta Corte con sei membri e due supplenti, oltre il Presidente ed il Procuratore generale nominati in pari numero dalle Assemblee legislative dello Stato e della Regione, e scelti fra persone di speciale competenza in materia giuridica. Ebbene, le funzioni dell’Alta Corte sono state assorbite dalla Corte costituzionale attraverso una sentenza (n. 38/1957) che ha messo in discussione anni di autonomia siciliana. Il paradosso è che in realtà l’organismo sulla carta esiste ancora. Per essere effettivamente cancellato sarebbe necessaria una legge di revisione costituzionale, ma la Regione non si è mai opposta alla sentenza. L’Alta Corte ha operato proficuamente per dieci anni, sin dal 1946, salvando nel 1949 lo Statuto dalla possibilità di essere modificato con una legge ordinaria.
Lo stesso presidente Lombardo nella ua direttiva del 6 marzo 2009 ha inserito tra gli obiettivi strategici il ripristino dell’Alta Corte. Infatti l’assorbimento delle funzioni dell’Alta Corte comporta una serie di conseguenze non irrilevanti per l’ordinamento legislativo siciliano e per la sua attività giurisprudenziale. Se si pensa all’articolo 27, quello che istituisce la figura del commissario nominato dal governo dello Stato per promuovere presso l’Alta Corte i giudizi, le conseguenze – come scrive Massimo Costa nel suo libro “Lo Statuto speciale della Regione siciliana: un’autonomia tradita” – sono “paradossali”. “Sapendo che qualunque censura del Commissario sarà accolta dalla Consulta, argomenta Costa, proprio perché non c’è più l’Alta Corte, i presidenti regionali promulgano solo le parti delle leggi regionali non impugnate dal commissario.
Così siamo l’unica regione in Italia ad avere una censura preventiva in via amministrativa da parte di un funzionario dello Stato. Insomma, senza l’Alta Corte siamo sì una Regione a statuto speciale, ma nel senso che abbiamo come specialità di essere perennemente commissariati, e quindi meno autonomi delle Regioni a statuto ordinario.
 

 
Art. 38 dello Statuto inapplicato: trasferimenti statali ridotti da 2 miliardi € a 270 milioni l’anno dal 1990
 
C’è poi l’articolo 38 dello Statuto “Lo Stato verserà annualmente alla Regione, a titolo di solidarietà nazionale, una somma da impiegarsi, in base ad un piano economico, nella esecuzione di lavori pubblici. Questa somma tenderà a bilanciare il minore ammontare dei redditi di lavoro nella Regione in confronto della media nazionale. (…)”. Su questo argomento l’11 novembre scorso abbiamo pubblicato un’inchiesta dal titolo “Come lo Stato ha fregato la Sicilia”, ovvero come  dal 1990 sono stati ridotti i trasferimenti statali da 2 miliardi € a 270 milioni l’anno
“Lo Statuto venne concesso dallo Stato italiano unificato col proposito di renderlo carta straccia, di annullarlo pezzo per pezzo” ha detto il senatore Ludovico Corrao in occasione della festa dell’Mpa a Catania a fine settembre. Ed è proprio così, con l’aggravante della Corte costituzionale, che come scrivevamo sopra ha preso il posto dell’Alta Corte, per cui ogni volta che la Sicilia ha fatto ricorso contro l’inapplicazione dello Statuto, è stata bloccata sempre a favore dello Stato. Basta citare le sentenze n. 87/87 e n. 396/92 che hanno legittimato la contrazione dei contributi statali ex art. 38. Tra le più recenti basta ricordare la sentenza n. 115 e la n. 116 del 2010, attraverso le quali sono stati negati gli introiti, pari a più di un miliardo di euro, che il Governo Regionale attendeva dallo Stato, secondo quanto dispongono gli art. 36 e 37 dello Statuto, perché frutto del gettito d’imposte di imprese siciliane che hanno sede legale fuori dal confine isolano.

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