Nei corridoi dell’Ospedale Maggiore tra rifiuti e materiale abbandonato - QdS

Nei corridoi dell’Ospedale Maggiore tra rifiuti e materiale abbandonato

Stefania Zaccaria

Nei corridoi dell’Ospedale Maggiore tra rifiuti e materiale abbandonato

mercoledì 19 Gennaio 2011

Sanità. Nessuna sicurezza in barba a ogni legge.
Si trova di tutto. Quasi una grande discarica con esche per topi, vecchi farmaci scaduti, materassi, computer guasti, bidoncini di acidi corrosivi e altri rifiuti particolari lasciati all’incuria.
Tempi lunghi. Il settore della struttura costruito per i malati terminali attende ancora di essere inaugurato dal lontano 2006. Nell’attesa, però, il tempo si accanisce sull’edificio.

MODICA (RG) – Lo spettacolo che si presenta davanti a chi si trova ad attraversare il corridoio che si snoda ai piani bassi dell’Ospedale Maggiore è davvero agghiacciante. È il corridoio che le salme percorrono per arrivare alla camera mortuaria, situata nei pressi dei locali della cucina e dell’Hospice, il nuovo settore riservato ai malati terminali. Questo lembo di struttura, che sembra terra di nessuno, appare come una vera e propria discarica: non manca proprio niente. Ci sono apparecchiature di radiologia, monitor, fotocopiatrici, rifiuti elettrici ed elettronici, sedie, comodini, lettini, vecchi documenti di reparti, camici, sterilizzatori, materiali ancora sigillati, esche per topi, vecchi farmaci scaduti, materassi, comodini, resti di colazioni, calcinacci e polvere. Persino un estintore ben nascosto in un angolo di un corridoio non rifinito. E poi ci sono bidoncini di acidi corrosivi e altri rifiuti particolari, lasciati lì all’incuria e alle attenzioni di possibili malintenzionati, lontano soprattutto da ciò che il trattamento dei rifiuti sanitari dovrebbe prevedere. E in effetti, di scarti e avanzi traboccano anche i box posti all’esterno dell’Ospedale, nel retro della struttura: uno è adibito al deposito di cartone, uno alle bottiglie vuote di soluzione salina, mentre altri due ospitano i rifiuti speciali che dovrebbero essere smaltiti negli sterilizzatori acquistati dall’Asp.
Questo in teoria, però, perché come abbiamo già visto nel numero QdS 235 del 17 dicembre scorso, un’inchiesta della Guardia di finanza ha accertato il mancato utilizzo di ben 31 macchinari che trasformerebbero i rifiuti speciali in rifiuti solidi urbani. Così, l’azienda è costretta a pagare un appalto per il loro ritiro, con un ulteriore aggravio per le tasche sanitarie. Gli acidi provenienti dal reparto di radiologia, invece, si trovano in un recipiente posto sul retro della struttura ospedaliera, in un angolo tra la porta della cucina e a quella dell’Ufficio tecnico.
Quello dei rifiuti, comunque, non è l’unico problema dell’Ospedale Maggiore. L’intera struttura, come si può vedere dalle foto, è logorata da molteplici infiltrazioni che, in molti casi, hanno provocato la caduta di piastrelle, anche nel nuovo padiglione. Qui, inoltre, visto che la struttura è già pronta da quattro anni, con il degrado e tutto ciò che il mancato utilizzo comporta, in molte stanze sono già stati sostituiti alcuni pavimenti, a cui ne seguiranno sicuramente altri dato che dell’inaugurazione, ancora, non c’è nemmeno l’ombra. Insieme a piastrelle e pavimenti, sarebbero da sostituire i tubi che veicolano l’aria tecnica, l’ossigeno e il protossido d’azoto e quelli delle caldaie che portano l’aria nei reparti dell’area nuova, già ossidati e pericolanti.
In effetti, i riscaldamenti dell’ala nuova, nonostante sia inutilizzata, o quasi, funzionano già alla perfezione, così come tutta l’illuminazione. Molte stanze, infatti, rimangono illuminate anche la notte (così come le luci in prossimità delle uscite di sicurezza e dei corridoi) con il conseguente spreco di energia elettrica. Inoltre, la condensa proveniente dai tubi ossidati delle caldaie confluisce nei  contenitori dell’acqua destinata all’Hospice, dove giunge priva di ogni accorgimento e senza essere filtrata. E poi ci sono i tubi della fognatura, lasciati ben in vista, le cui acque reflue vengono immesse nella rete fognaria senza essere preventivamente trattate, formando a terra delle chiazze di acqua putrida a causa di perdite e della condensa. Un lago di acqua, inoltre, giunge anche da un corridoio per poi fermarsi nei locali dei quadri elettrici. Nessun cartello che indichi un divieto d’accesso, però, nessun controllo di verifica per chi entra e chi esce da questa struttura, nessuna porta chiusa a chiave ma soprattutto nessun protocollo rispettato per rifiuti, apparecchiature elettroniche, macchine sanitarie dismesse. Solo tanto disordine e tanta spazzatura in quello che dovrebbe essere il luogo per antonomasia della sicurezza e della pulizia. Tutto in barba a tutte le leggi sulla sicurezza nei luoghi pubblici e nei luoghi di lavoro come la 626/95 o la 123/07.
 

 
Dopo oltre quattro anni via ai primi traslochi
 
MODICA (RG) – Dopo i proclami delle ultime settimane, sembra che qualche reparto si stia spostando nel nuovo padiglione, pronto dal 2006 ma mai ultimato realmente. Il servizio di Tac sembra sia già funzionante, mentre per il Centro trasfusionale si stanno ultimando i traslochi. Ci sono voluti diversi anni d’attesa e più di 10 milioni di euro anche se si sta già verificando qualche problema per una questione di ambientazione climatica. Il 24 dicembre, per esempio, un blackout ha colpito l’ala nuova con il rischio di far perdere intere sacche di sangue.
La struttura e la sua manutenzione è stata affidata intanto a una ditta esterna con sede a Catania, che dovrà provvedere a tenere funzionante il tutto, anche se qualche accorgimento non è ancora stato completato. È il caso delle scale di emergenza poste a fianco della struttura che poco hanno a che vedere con la legge 626/94: su disposizione dei Vigili del fuoco, infatti, l’accesso laterale sarebbe praticamente bloccato perché fuori norma. I prospetti esterni, inoltre, che sembrerebbero uno dei pochi elementi ultimati, non sono completi nel retro: l’impresa che ha ricevuto l’appalto per il rifacimento degli stessi sembra abbia dovuto interrompere i lavori per mancanza di fondi.
Indagini della Gdf e inchieste giornalistiche (questa è realizzata in collaborazione con il mensile Il Clandestino) stanno permettendo di far luce su questa struttura, tenuta in ombra per troppo tempo e con conseguenze ormai sotto gli occhi di tutti.

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