Consorzi di bonifica, si lavora per la riforma - QdS

Consorzi di bonifica, si lavora per la riforma

Francesca Di Giovanni

Consorzi di bonifica, si lavora per la riforma

giovedì 03 Marzo 2011

S’intensificano gli incontri tra associazioni di categoria e il dirigente degli Interventi infrastrutturali dell’assessorato Risorse agricole. Maggiore dialogo con i consorziati per essere più diretti ed efficaci nella distribuzione dei servizi

PALERMO – Continuano gli incontri tra il direttore degli Interventi infrastrutturali dell’assessorato all’Agricoltura e i vari attori coinvolti nella definizione del tanto discusso ddl che dovrebbe riordinare i Consorzi di bonifica.
Tre i tavoli riunitisi nei giorni scorsi. Il primo tra i direttori dei consorzi e il direttore generale; il secondo tra i responsabili di Cia, Coldiretti, Confagricoltura, Ascebem e delle organizzazioni sindacali Fai, Flai e Fibi-Uil. E ultimo, ma non meno importante, tra il direttore Barbagallo e tutte i rappresentati degli organismi sopra citati.
A questo proposito, abbiamo voluto ascoltare il parere del segretario nazionale della Filbi-Uil Pino Vito e il responsabile della Cia Salvatore Inghilleri.
Nel ddl è prevista una riduzione degli Enti da undici a cinque macroaree. Come si intende ridefinire il territorio per garantire una buona gestione dei nuovi comprensori?
“Come Filbi-Uil ci siamo chiesti quali sono stati i criteri utilizzati dalla riforma, perché non si capisce bene qual è l’obiettivo che si intende perseguire attraverso questa nuova suddivisione territoriale. Cioè vogliamo capire se l’articolazione del territorio è dettata dalla individuazione di distretti idrografici o da bacini idraulici omogenei finalizzati ad elevare i livelli di qualità delle attività, intese come riduzione complessiva dei costi di gestione e dei procedimenti finanziari, allora siamo d’accordo con questa riforma. Ma per le esperienze vissute e con i risultati finora ottenuti, se verrà meno un’azione incisiva e congiunta di tutti i soggetti interessati, per avere dei risultati positivi bisognerà aspettare almeno altri dieci anni”.
“Infatti – dice Pino Vito – anche la Cia è d’accordo; abbiamo proposto la costituzione di una Consulta regionale della Bonifica, cosi come avviene in altre regioni di Italia, in cui sono presenti tutti i rappresentanti che hanno interesse a coordinare in maniera compatta le azioni della bonifica. Inoltre, ove possibile, sarebbe opportuno ridurre l’estensione di queste ampie strutture per avere un maggiore dialogo con i consorziati e per essere più diretti ed efficaci nella distribuzione dei servizi”.
Nei consorzi di Bonifica fanno capo tremila dipendenti come saranno collocati o distribuiti nell’ambito di questa nuova organizzazione territoriale?
“La Filbi-Uil e la Cia sostengono che la proposta di legge affronta un percorso di stabilizzazione solo per una parte dei lavoratori, mentre gli altri continueranno a rimanere nel limbo del precariato e dell’incertezza attraverso meccanismi di garanzie occupazionali che non garantiscono nessuna stabilità né tantomeno un futuro dignitoso. Se vogliamo veramente voltare pagina, facciamo un percorso, anche graduale, che consenta ai tanti lavoratori di raggiungere un obiettivo che ormai inseguono da troppo tempo. Questo sarebbe anche un modo per evitare i tanti contenziosi avviati nei confronti dei Consorzi di Bonifica che contribuiscono solo ad aumentare il grave debito degli stessi.
Fermo restando che per irrigare 64mila ettari, sono sufficiente da 500 a 700 dipendenti, pertanto la stabilizzazione degli operai non può non essere affrontata sia dalla politica che da parte dei sindacati”.
 

 
L’approfondimento. Troppi ritardi rispetto alle altre regioni d’Italia
 
Alcune Regioni di Italia come il Veneto e l’Emilia Romagna si sono già adeguate al riordino dei consorzi secondo la normativa vigente, perché la Regione Siciliana è in ritardo?
“Secondo la Cia in Sicilia siamo in ritardo perché si tende ad imporre nei consorzi una gestione commissariale che, di fatto, negli anni ha solo peggiorato la situazione ed ha aumentato a dismisura i costi di questi Enti. Inoltre, va fatta una considerazione sulla legge 45/95: ci sono voluti 16 anni per scoprire che i piani di classifica e di contribuenza, più volte chiamati in causa, non sono stati realizzati. La legge è servita alla politica per impiegare e stabilizzare operai e funzionari e questo ha comportato nuovi precari. A differenza di come ha fatto nel passato, la Regione dovrà decidersi ad affrontare queste problematiche, in modo più serio ed organico. Bisogna ritornare all’autogestione per affrontare alla radice il problema delle risorse idriche ed irrigue per garantire un miglior servizio, un utilizzo più razionale ed efficiente, ma soprattutto moderno. Solo ragionando in quest’ottica si potrà riuscire a valorizzare questi Enti da tutti considerati come carrozzoni e stipendifici da eliminare”.

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