Pmi: il sommerso non paga, crescita zero - QdS

Pmi: il sommerso non paga, crescita zero

Michele Giuliano

Pmi: il sommerso non paga, crescita zero

mercoledì 09 Marzo 2011

Tra nuove registrazioni e cessazioni d’imprese nel 2010, il rapporto resta inferiore di un punto percentuale. Secondo i dati dell’Inps, su 9.029 accertamenti ispettivi effettuati, 2.543 aziende totalmente in nero

PALERMO – Ricorrere al lavoro irregolare non conviene neanche alle imprese.
Difficile a dirsi in una Sicilia che su questo sistema sembra avere basato a livello imprenditoriale almeno la metà della fetta della sua economia eppure potrebbe essere proprio così. E lo dicono anche i numeri con un tasso di crescita per le imprese che a conclusione del 2010 resta ben al di sotto della media nazionale di un punto percentuale. Segno evidente, secondo l’Osservatorio Acli delle politiche sociali in Sicilia, che il ricorso al sommerso non ha per nulla giovato.
 
Su questo argomento si è confrontata l’associazione nell’aula magna della facoltà di Scienze politiche a Palermo, sostenendo che l’economia, a livello aggregato, non trae alcun vantaggio dalla diffusione di queste forme di sfruttamento: quello che per le singole imprese sembra essere un gioco a somma positiva, si traduce nei fatti in depressione economica e difficoltà di crescita e sviluppo.
“Non è un caso – ha sottolineato l’Acli Sicilia – che la Sicilia, nonostante le sue potenzialità, abbia un tasso di crescita delle imprese, misurato nel rapporto tra nuove registrazioni e cessazioni, ancora al di sotto della media nazionale”.
Siamo infatti in presenza di appena un 0,96 per cento contro l’1,96 per cento. Se per le aziende l’illegalità non è un affare promettente, per i cittadini il lavoro sommerso risulta essere una vera e propria trappola. Dalle interviste effettuate dal team delle Acli emerge che, per molti lavoratori, la denuncia della propria condizione irregolare sembra tradursi nella violazione di un patto, di un contratto tacito con il proprio datore di lavoro, il quale cerca di assicurarsi le prestazioni di cui necessita, alle condizioni a lui più favorevoli.
In più la mancanza di controlli e l’inefficacia delle sanzioni rendono praticamente difficile, se non impossibile, la denuncia alle autorità competenti. Le Acli hanno prima realizzato una ricerca e una raccolta dati (a livello quantitativo) sul fenomeno del lavoro nero presente in Sicilia. Elaborata un’indagine presso istituzioni, associazioni sindacali e non, centri di ricerca su scala regionale che concentrano le loro attività sul fenomeno del lavoro irregolare.
Una volta raccolti i dati quantitativi del fenomeno, sono state somministrate delle interviste anonime in profondità ai personaggi privilegiati e  segnalati, i quali racconteranno la loro storia individuale di emersione da lavoro nero, di successo e di rinascita lavorativa, in modo da essere testimoni di una possibile riuscita e di un  forte riscatto da una situazione che diventa fonte di malessere sociale e personale.
Numeri che ovviamente, una volta raccolti, saranno prossimamente snocciolati. Già comunque l’ampiezza del fenomeno è risaputa  confermata anche una uno studio su scala nazionale della Confartigianato che pone proprio la Sicilia sul podio del lavoro irregolare.
L’Isola infatti è al secondo posto nella poco onorevole classifica stilata. Dilaga dunque l’economia sommersa che in Italia arruola un esercito sempre più numeroso, formato da 640.000 irregolari.
 


L’approfondimento. Lavoro nero uguale sottosviluppo
 
Le Acli non hanno dubbi nell’individuare nel sommerso una forma assolutamente negativa che si riverbera su tutto il contesto economico e produttivo. “Il lavoro nero nel Mezzogiorno e in Sicilia – spiega Santino Scirè, presidente dell’Acli Sicilia – costituisce una condizione determinante del sottosviluppo, un elemento di impoverimento della società e spesso va a braccetto con altre forme di illegalità.
Dev’essere fortemente osteggiato non solo dai lavoratori, ma anche dalle imprese che subiscono la concorrenza sleale di quelle aziende che non mettono in regola i propri dipendenti. Si tratta quindi di una realtà sommersa che si nasconde agli occhi inquisitori del fisco, lasciando, ormai da anni, trapelare la propria esistenza occulta con periodiche morti bianche e, tristi quanto inspiegabili, episodi di cronaca nera. Emerge, in particolare, – aggiunge Scirè – il carattere estremamente articolato del fenomeno che segnala la necessità, che vi sia un altrettanto articolato fronte di reazione. Conoscere ed affrontare il fenomeno del lavoro nero risulta fattore di estrema importanza per l’intero assetto economico e sociale del territorio siciliano”. Secondo i dati dell’Inps, nel 2009 in Sicilia sono stati effettuati 9.029 accertamenti ispettivi con ben 7.845 aziende risultate irregolari. Di queste 2.543 erano totalmente in nero.

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