I rapporti stilati dai sindacati e quelli redatti da Unioncamere tracciano un quadro desolante. Un’emergenza sociale dovuta anche a una carenza sul fronte dei servizi
CATANIA – Nessuna buona notizia con cui festeggiare l’8 marzo in relazione al tasso di occupazione delle donne in Sicilia in generale e nella provincia di Catania in particolare.
La tendenza accomuna un po’ tutta l’Italia, lontana dagli obiettivi stabiliti con la Strategia di Lisbona che, nel 2000, puntava a raggiungere per la media europea un tasso di occupazione femminile pari al 70 per cento entro il 2010 – secondo un recente rapporto dell’Osservatorio sull’imprenditoria femminile di Unioncamere, mentre per gli uomini il tasso di occupazione si colloca al 70,3 per cento, un valore prossimo a quello medio europeo, per le donne il tasso si colloca appena al 47,2 per cento, distante quasi 12 punti da quello europeo – ma è nelle città del Meridione e in quelle siciliane che il fenomeno della bassa partecipazione delle donne al mercato del lavoro è concentrato e dove i tassi di occupazione femminili sono inferiori di oltre venti punti rispetto al resto del paese.
Per la provincia di Catania, secondo i dati diffusi dai coordinamenti donne di Cgil, Cisl e Uil, tra il 2009 e il 2010 sono diminuite le donne occupate e sono aumentate sia le disoccupate che le “inattive”, cioè coloro che un lavoro hanno persino smesso di cercarlo. Ad aggravare la situazione, l’assenza di servizi, come ad esempio gli asili nido, che continuano a rappresentare uno dei punti deboli più eclatanti dei servizi sociali nel catanese. Solo 37 sono infatti quelli funzionanti nella provincia, di cui 15 si trovano a Catania, la cui capacità ricettiva è di 1766 posti, mentre la popolazione di riferimento avente diritto tra 0 e 3 anni è di 33.999 minori nel 2009.
“I dati – ha spiegato Rosaria Rotolo del coordinamento donne Cisl – evidenziano una grave emergenza, anche sul fronte dei servizi. È vero che i tagli dei trasferimenti nazionali sono stati considerevoli, ma è proprio per questo che temiamo che un servizio fondamentale per la donna e la famiglia come gli asili nido finisca per scomparire”.
Un problema, dunque, quello dell’assenza dei servizi, che grava notevolmente sul tasso di occupazione femminile e che spingerebbe molte donne a non cercare neanche il lavoro, andando ad aumentare il “casalingato”.
Dati supportati anche da Unioncamere, secondo cui i Paesi con i tassi d’occupazione più bassi e con un tasso di natalità inferiore sono quelli che hanno una copertura di servizi più bassa, che presentano una minore disponibilità dei padri a prendere congedi parentali, dove le donne hanno un maggior carico di lavoro domestico, dove è più bassa la condivisione del lavoro di cura tra uomini e donne.