Scuola, i numeri della Sicilia - QdS

Scuola, i numeri della Sicilia

Elisa Latella

Scuola, i numeri della Sicilia

martedì 12 Aprile 2011

L’Ufficio scolastico regionale ha reso noti gli organici di diritto per tutte le province siciliane. A fronte di tagli e cessazioni, ci dovrebbero essere 125 nuove immissioni in ruolo

PALERMO – Resi noti gli organici di diritto, per tutte le province siciliane, dall’Ufficio scolastico regionale. Vale a dire, sono stati dati “i numeri” sui docenti che in Sicilia saranno presumibilmente necessari durante l’anno scolastico 2011/2012.
L’organico di diritto è quello che risulta, formate le classi, con le iscrizioni raccolte al 30 gennaio, vale a dire è l’organico “sulla carta”. L’organico di fatto scaturisce invece dalle classi formate dopo gli scrutini in base agli alunni promossi alla classe successiva oppure bocciati, in base ai trasferimenti degli studenti ed ad altre variabili. Fermi restando i posti già occupati dagli insegnanti di ruolo, fermo restando che anche qualche docente può cambiare scuola o (più raramente) lavoro, ferme restando quindi le sorprese, in genere le supplenze su posti vacanti “di diritto” dovrebbero durare  fino al 31 agosto di ogni anno, mentre   quelle su posti vacanti “di fatto” fino al 30 giugno.
Complessivamente in Sicilia nell’anno scolastico 2011/2012 lavoreranno 8.652 insegnanti nella scuola per l’infanzia, 17.455 nella scuola primaria, 14.516 insegnanti nella scuola secondaria di primo grado, mentre saranno 8.247 gli insegnanti di sostegno per tutti gli ordini.
Le cifre, riportate nel dettaglio nella tabella  a fronte riflettono più o meno l’estensione e la densità abitativa delle province: i numeri più alti li troviamo a  Palermo e a Catania (saranno oltre diecimila in tutto  gli insegnanti che, dalla scuola per l’infanzia alla media, saranno alla  cattedra l’anno prossimo). Arriva a oltre quota seimila Messina, si scende poi fino al fanalino di coda rappresentato da Enna che si ferma a quota 2061.
Secondo le stime e le proposte  della Cisl sarebbero possibili per il 2011/2012 su tutto il territorio nazionale 65.000 immissioni in ruolo per l’anno scolastico 2011- 2012 (cifra complessiva relativa a docenti e personale Ata). Si tratta di stime indicative e riferite anche alle scuole superiori: secondo l’organizzazione sindacale per quanto riguarda i docenti in Sicilia ci saranno presumibilmente il 1° settembre 2011 2.884 cessazioni dal servizio, 1.773 disponibilità già esistenti, 1.998 docenti in esubero e  2.534 tagli: sommando le prime due cifre e sottraendo le ultime due ci dovrebbero essere 125 possibilità di immissioni in ruolo. Una cifra che metterebbe la vasta Sicilia nelle retroguardie, in fondo alla “hit parade”, seguita solo dalla piccolissima  Basilicata con 89 possibili assunzioni.
Va un po’ meglio per il personale Ata. Sono in previsione 897 cessazioni a cui si aggiungono 2.800  disponibilità già esistenti: sottraendo 1.450 unità che se ne vanno con i tagli restano 2.247 opportunità per possibili assunzioni. Ottavo posto dunque per l’Isola dopo la Lombardia ( in cui si prevedono ben 7168 assunzioni Ata) Campania, Lazio, Piemonte, Veneto, Emilia Romagna e Puglia. In Sicilia il pubblico impiego per due generazioni ha fatto la parte del leone nel settore occupazione, e la scuola ha rappresentato una buona fetta del pubblico impiego. Le cifre delle stime della Cisl fanno pensare che le cose stanno cambiando. Anche se a farne le spese magari è chi sognava di fare l’insegnante fin da piccolo e non chi nella scuola ha trovato quello una volta  si chiamava “il posto”.
 

 
L’approfondimento. Il nuovo volto del pubblico impiego
 
L’ultimo concorso nella scuola per docenti è stato bandito dodici anni fa, nel 1999. In Sicilia, come nel Mezzogiorno, la scuola, la sanità, la pubblica amministrazione in generale, sono stati settori in cui, negli anni Settanta in particolare, ci sono stati massicci arruolamenti di personale a volte con concorsi non particolarmente complicati, a volte “ope legis”, cioè tramite leggi di stabilizzazione. Oggi la situazione è diversa. I concorsi nella pubblica amministrazione  a livello nazionale sono pochi, piuttosto difficili e al massimo per due o tre centinaia di posti; le graduatorie spesso restano ferme per anni, per mancanza di fondi, prima che vengano assunti i vincitori e gli idonei. La crescita esponenziale del numero dei pubblici dipendenti avvenuta negli anni passati non è economicamente sostenibile per il nostro Paese. Il pubblico impiego per due generazioni è stato un lavoro ben retribuito e tutto sommato poco faticoso; particolarmente attraente in regioni come quelle del Mezzogiorno in cui nel settore privato dilagava e dilaga ancora oggi il lavoro nero, grigio e sottopagato. E allora forse la soluzione sta nel ridurre la differenza. Con maggiori controlli nelle imprese private, per rendere il lavoro nel settore privato attraente quanto quello pubblico, che, per troppo tempo poco produttivo, tende a ridursi ogni giorno di più.

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