Le somme recuperate all’evasione vanno versate nelle casse della Regione - QdS

Le somme recuperate all’evasione vanno versate nelle casse della Regione

Lucia Russo

Le somme recuperate all’evasione vanno versate nelle casse della Regione

sabato 23 Aprile 2011

La Corte costituzionale ha dichiarato fondate due questioni di illegittimità sollevate dalla Regione siciliana avverso il Dl 40/2010. Compensazioni di crediti d’imposta illegittimi e definizione agevolata di controversie pendenti

PALERMO – I risultati della lotta all’evasione fiscale spettano alla Regione e non allo Stato. Così la Corte costituzionale ha sentenziato lo scorso 18 aprile (S. 152/2011) accogliendo il ricorso presentato dalla Regione siciliana avverso il comma 6, articolo 1, del decreto legge n. 40/2010, convertito in legge n. 73/2010. Precisamente si tratta della disposizione che stabilisce che, “al fine di contrastare fenomeni di utilizzo illegittimo dei crediti d’imposta e per accelerare le procedure di recupero nei casi di utilizzo illegittimo dei crediti d’imposta agevolativi, la cui fruizione è autorizzata da amministrazioni ed enti pubblici anche territoriali, l’Agenzia delle entrate trasmette a tali amministrazioni ed enti, tenuti al detto recupero, entro i termini e secondo le modalità telematiche stabiliti con provvedimenti dirigenziali generali adottati d’intesa, i dati relativi ai predetti crediti utilizzati in diminuzione delle imposte dovute, nonché ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241”; nel secondo periodo, dispone che “le somme recuperate sono riversate all’entrata del bilancio dello Stato e restano acquisite all’erario”.
La Corte ha dichiarato la questione fondata perché se è vero che l’Agenzia delle Entrate è obbligata – al fine di contrastare gli indebiti utilizzi – a trasmettere i dati relativi ai crediti d’imposta agli enti, anche territoriali, eventualmente tenuti al recupero, a sua volta se La Regione deve intervenire a recuperare somme indebitamente compensate a titolo di credito d’imposta, allora dovrà anche acquisire il gettito derivante appunto da tale recupero.
Si ricorda che il credito di imposta, stabilito dal legislatore statale in relazione a propri tributi, rientra fra le agevolazioni fiscali ed è effettuato attraverso la compensazione dello stesso con altre somme dovute a titolo di imposte, tasse, tributi o contributi erariali, in linea con quanto stabilito dall’art. 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241. La Corte costituzionale, presieduta da Ugo De Siervo, ha sentenziato sulla fondatezza della questione della spettanza alla Regione e non allo Stato delle somme recuperate da indebito credito d’imposta, considerato che il gettito recuperato “lungi dal costituire – testuali parole della Corte – frutto di una nuova entrata tributaria erariale, non è altro che l’equivalente del gettito del tributo previsto (al di fuori dei casi nei quali è concesso il credito d’imposta), che compete alla Regione sulla base e nei limiti dell’art. 2 del d.P.R. n. 1074 del 1965”.
 
Conclude la Corte: “È pertanto costituzionalmente illegittimo l’art. 1, comma 6, del d.l. n. 40 del 2010, nella parte in cui stabilisce che le entrate derivanti dal recupero dei crediti d’imposta “sono riversate all’entrata del bilancio dello Stato e restano acquisite all’erario», anche con riferimento a crediti d’imposta inerenti a tributi che avrebbero dovuto essere riscossi nel territorio della Regione siciliana”.
Nell’ambito della sentenza la Consulta ha dichiarato fondata anche la questione di illegittimità costituzionale, sollevata nello stesso ricorso dalla Regione siciliana, avverso l’art. 3, comma 2-bis, del d.l. n. 40 del 2010. La norma disciplina la definizione agevolata delle “controversie tributarie pendenti dinanzi alla Corte di cassazione”, “che originano da ricorsi iscritti a ruolo nel primo grado, da oltre dieci anni, per le quali risulti soccombente l’Amministrazione finanziaria dello Stato nei primi due gradi di giudizio”, prevedendone l’estinzione con il pagamento di un importo pari al 5 per cento del valore della relativa controversia e contestuale rinuncia ad ogni eventuale pretesa di equa riparazione.
Si fa riferimento a quelle controversie, espressamente qualificate come tributarie, che scaturiscono da contestazioni inerenti alla riscossione dei tributi erariali, anche di quelli che avrebbero dovuto essere riscossi nel territorio regionale siciliano.
 La previsione dell’agevolazione fiscale, con riferimento ai tributi erariali riscossi nel territorio regionale siciliano, incide, sottolinea la Corte, inevitabilmente sulle finanze regionali siciliane, che ne subiscono le conseguenze proprio in base al principio stabilito dall’art. 2 del d.P.R. n. 1074 del 1965, secondo il quale spettano alla Regione siciliana tutte le entrate tributarie erariali riscosse nell’ambito del suo territorio, dirette o indirette, comunque denominate.
“Pertanto – conclude la Consulta –  la previsione della esclusiva destinazione a fondi erariali del gettito derivante dalla definizione agevolata di tali controversie inerenti alla contestazione di tributi erariali che avrebbero dovuto essere riscossi nel territorio regionale si pone in contrasto con il principio di cui all’art. 2 delle norme di attuazione, non potendo peraltro neppure ritenersi che le entrate derivanti dalla richiamata definizione agevolata delle controversie tributarie siano “entrate nuove”.
 


Alla Sicilia le entrate tributarie riscosse nel proprio territorio
 
La Sicilia segna due goal contro lo Stato. La Corte costituzionale ha dato ragione alla nostra Regione, infatti, sia nel caso di somme recuperate al fisco regionale da crediti d’imposta illegittimi, sia nel caso della definizione di una controversia che si protrae da dieci anni, ferma in Cassazione al secondo grado di giudizio, dove è soccombente l’amministrazione finanziaria quando, l’oggetto della controversia è sempre la contestazione di tributi erariali che avrebbero dovuto essere riscossi nel territorio regionale, le somme vanno alla Sicilia.
Il decreto dell’anno scorso (Dl 40/2010 convertito in legge 73/2010) prevedeva che tali somme andassero a finire nelle casse dello Stato, ma la Consulta ha dato ragione alla Sicilia in base all’art. 2 delle norme di attuazione statutaria (Dpr 1074/1965), secondo il quale spettano alla Regione siciliana, oltre alle entrate tributarie da essa direttamente deliberate, tutte le entrate tributarie erariali riscosse nell’ambito del territorio, dirette o indirette, comunque denominate, con esclusione delle nuove entrate tributarie il cui gettito sia destinato con apposite leggi alla copertura di oneri diretti a soddisfare particolari finalità contingenti o continuative dello Stato specificate nelle leggi medesime.

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