Prodotti biologici in un bene confiscato - QdS

Prodotti biologici in un bene confiscato

Michele Giuliano

Prodotti biologici in un bene confiscato

mercoledì 27 Aprile 2011

In un ex immobile appartenente alla mafia sarà installato il più grande impianto del Dus per la loro trasformazione. Prevista anche la formazione per i giovani che apprenderanno le tecniche della filiera agricola

PARTINICO (PA) – Nell’entroterra palermitano nasce la più grande realtà produttive del biologico del Sud Italia. Ci troviamo a Partinico dove una cooperativa, denominata Liberamente, che gestisce un terreno confiscato alla mafia in contrada Bosco Falconeria, sarà dotata di un impianto di trasformazione dei prodotti biologici.
 
Il progetto, denominato “Le Farfalle. Coltivare e produrre nella legalità”, sarà realizzato grazie al finanziamento di 450 mila euro che l’Unicredit Foundation ha stanziato per installare il macchinario e ristrutturare il magazzino dove avverrà la preparazione, produzione e confezionamento di prodotti agroalimentari.
L’accordo è stato formalizzato nei giorni scorsi tra le parti. Si è stimato che si potrà produrre in un anno sino a 550 mila barattoli da 270 grammi ciascuno. Un impianto dunque che servirà a soddisfare non solo la richiesta del territorio ma si andrà anche oltre: “Vi sarà anche la formazione professionale per i giovani – dice Maurizio Carrara, presidente di Unicredit Foundation – che apprenderanno strumenti e tecniche delle fasi della filiera agricola e agroalimentare, la produzione, lavorazione, trasformazione, commercializzazione di prodotti agricoli biologici da lavorare anche per conto terzi”.
 
“Per la prima volta – aggiunge Elena Ciravolo, Presidente di Liberamente – si cerca di creare occupazione con un impianto di trasformazione che riceverà solo prodotti rigorosamente biologici. Sarà a disposizione non solo delle imprese del circuito di Libera ma anche per altre aziende”.
Ovviamente potranno conferire solo quelle imprese che produrranno il certificato antimafia. La Cooperativa Liberamente al momento lavora esclusivamente con il limoneto che si estende su due ettari in contrada Bosco Falconeria. Presto però, formalizzerà un accordo con il Comune di Carini per gestire un altro terreno di ben 12 ettari interamente coltivato ad uliveto. Progetto che creerà occupazione: oltre ai 6 dipendenti della Cooperativa, ne saranno assunti altri 5 a tempo indeterminato e altrettanti stagionali.
 
“Il progetto, sostenuto da UniCredit Foundation, fondazione corporate di UniCredit, è finalizzato – si legge in una nota – al rafforzamento della filiera bioagroalimentare sviluppata dalla Cooperativa Sociale Liberamente, aderente al network di Libera, su due beni confiscati alla criminalità organizzata e alla promozione dell’economia sociale sul territorio, anche attraverso l’inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati. Lo sviluppo del programma prevede, tra le altre cose, la copertura di tutta la filiera produttiva, dalla coltivazione delle materie prime alla distribuzione e vendita dei prodotti che ne derivano; la formazione professionale per giovani, che apprenderanno strumenti e tecniche delle fasi della filiera agricola e agroalimentare; la produzione, lavorazione, trasformazione, commercializzazione di prodotti agricoli biologici (olio, miele, marmellate di agrumi, composte, nettari di frutta) da lavorare anche per conto terzi”.
 
 L’impianto di trasformazione inizierà a confezionare e distribuire anche alcuni legumi della cooperativa “Placido Rizzotto”. Al momento sono sei i soci impiegati dalla cooperativa che prevede, però, durante i picchi stagionali di assumere altri cinque lavoratori scelti tra le categorie di soggetti cosiddetti “svantaggiati”. “I limoni di questi terreni erano ricoperti di rovi e sono stati confiscati a Nenè Geraci, capomafia del mandamento di Partinico e Borgetto, assassinato a Palermo nel 1997, cugino e omonimo del boss morto nel 2007 a 90 anni – dice Francesco Costantino, socio della cooperativa e futuro direttore di fabbrica -. Quando dopo un anno e mezzo di lavoro sono riuscito a ripulire il terreno e intravedere il confine mi sono commosso”.
 
A finire sui mercati del Settentrione sono liquori, marmellate e composte ricavate dal limoneto. “Quando abbiamo avviato la produzione un anno dopo la confisca e la pulitura dell’area, – aggiunge – abbiamo venduto qualcosa qui, davanti anche alle chiese, ma non potevamo limitarci all’offerta locale: se qui il costo dei limoni si aggira sui 16 centesimi al Nord arriva a 1 euro, e per una filiera biologica con tanti costi iniziali non è un dettaglio”. I problemi non sono mancati, come le cinque denunce fatte solo lo scorso anno per furti al raccolto o danni al pozzo dell’acqua.

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