Diplomati senza professionalità, solo 4 su 10 trovano un lavoro - QdS

Diplomati senza professionalità, solo 4 su 10 trovano un lavoro

Michele Giuliano

Diplomati senza professionalità, solo 4 su 10 trovano un lavoro

sabato 30 Aprile 2011

Allarme nell’Isola: mancano carpentieri, operai specializzati, elettricisti, saldatori e idraulici. La formazione professionale sino ad oggi è stata un business per enti e formatori

PALERMO – Il mondo del lavoro ha fame di carpentieri, operai specializzati, elettricisti, saldatori, idraulici. Sono questi i profili professionali più ricercati anche in Sicilia, la terra dove c’è sulla carta più fame di lavoro ma anche poca voglia di formarsi davvero e andare dietro alle richieste del mercato.
Lo dice il rapporto sulla sussidiarietà, istruzione e formazione 2010, curato dalla Fondazione Sussidiarietà, che lancia un allarme specificatamente per la Sicilia: il 41 per cento dei diplomati non superano un salario di 600 euro, con alta probabilità di avere contratti atipici. Se a questa percentuale poi si aggiunge l’alta dispersione scolastica, si capisce ben presto che la situazione è davvero disastrosa: “Il 30 per cento degli studenti non arriva al diploma, una delle percentuali più alte nei paesi dell’Ocse” spiega Giorgio Cittadini, Presidente della fondazione per la sussidiarietà. In tutto questo entra inevitabilmente in gioco l’aspetto formativo. Considerata questa alta percentuale di giovani che non arrivano al diploma, un’ottima alternativa è quella quindi di rivolgersi agli enti di formazione ma purtroppo in Sicilia, si sa, allo stato attuale l’offerta è scadente: “Seguire questi ragazzi non significa profitto, aggiunge Cittadini – ma significa soprattutto metterci risorse, energie, volontariato, passione e tutto quello che serve a recuperare molte persone che hanno già fallito, non hanno un mestiere e rischiano di essere bruciati per tutta la vita”.
La storia in Sicilia dice ben altro: in un decennio la spesa della formazione è più che raddoppiata (oggi è arrivata a 242 milioni di euro in un anno), i dipendenti sono tantissimi rispetto alla reale esigenza dell’offerta formativa e gli enti accreditati dalla Regione sono diventati circa un migliaio. Segno evidente che il settore oggi è più considerato un business che altro. Sempre secondo lo studio, in Sicilia il mercato del lavoro è fortemente condizionato da un’eccessiva precarietà. La fanno da padrona i contratti atipici. Che significa lavoro nero, zero contributi e sfruttamento. Se c’è contratto, infatti, lo stipendio non supera i 600 euro al mese. Ad essere molto richiesti, come profilo professionale, gli operai specializzati nel settore automobilistico ed anche gli elettricisti, gli idraulici ed infine i falegnami nella carpenteria.
Con queste professionalità il 62 per cento trova lavoro entro 6 mesi, il 30 per cento guadagna oltre mille euro al mese, il 50 per cento guadagna tra i 600 e i mille euro. Certamente un buon inizio, se si considera che stiamo parlando di lavoratori che si sono appena affacciati sul mercato. “L’impianto concettuale fondato sulla “sussidiarietà” nel campo della formazione professionale – denuncia l’Ugl Sicilia commentando questi dati – rivaluta l’assetto mutuatario vigente, il quale risponde in ritardo ai fabbisogni professionali richieste nel mercato del lavoro. La formazione professionale in Sicilia non rientra negli standard nazionali e comunitari: il giusto equilibrio si trova nella combinazione altamente qualificata fra competenze acquisite e occupazione”.
 

 
L’approfondimento. I sindacati si dimostrano preoccupati e critici
 
Secondo il segretario confederale dell’Ugl Sicilia, Giovanni Condorelli, il Rapporto sulla sussidiarietà, istruzione e formazione 2010, curato dalla Fondazione Sussidiarietà, appare eloquente: “Concordiamo che il processo di riforma della formazione – dice – è tutt’oggi in discussione per la sua continua evoluzione, la sussidiarietà intesa nel rapporto, conduce al centro del sistema educativo il disagio del giovane, aspetto non trascurabile  per  l’elevato  tasso di dispersione scolastica, dovuta ad un forte senso di scoraggiamento dei giovani studenti. Gli Istituti professionali di Stato ed i Centri di Formazione – precisa il sindacalista – devono lavorare sulla motivazione del capitale umano  e sulla loro preparazione tecnico-culturale”. Attualmente sono 150.000 i giovani che frequentano gli Istituti professionali, mentre nei  Centri di formazione professionali  si registra una frequenza di 100.000 giovani, con risvolti occupazionali non indifferenti. “I dati rilevati dall’indagine – chiarisce il segretario dell’Ugl – mostrano il gap fra Nord e la Sicilia: in Lombardia il 60 per cento dei qualificati trova un lavoro sei mesi dopo,  contro il 41 per cento dei diplomati in Sicilia”.

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