“In primis, è stato necessario prendere cognizione della Diocesi di Piazza Armerina, complessa soprattutto da un punto di vista geografico. Pensate, oltre 2 mila km quadrati, per estensione la seconda della Sicilia, e oltre 220 mila abitanti. Si snoda su due province, quella di Enna, compreso il capoluogo, e quella di Caltanissetta, con i comuni più popolosi del nisseno, Gela, Niscemi, Mazzarino, Riesi e Butera. Ho fatto una scelta ben precisa, di non stare nel palazzo, di andare incontro alla gente. Fondamentale è stata la visita pastorale, durata circa tre anni. Un’occasione per visitare anche le scuole, ascoltare da vicino la voce dei sindacati, incontrare i rappresentanti di amministrazioni pubbliche e aziende. Ho avuto modo di stare accanto ai giovani. Insomma mi sono fatto un’idea del territorio, su diversi fronti, sociale, culturale e religioso”.
“La Diocesi di Piazza Armerina può dividersi in due macro aree, quella ennese, montagnosa, con un’economia diversa rispetto a quella del gelese. E diversi sono anche i problemi. A Gela, ad esempio, sono emerse problematiche inerenti il petrolchimico, e in particolare la riduzione degli addetti. In tale contesto, non sono mancati momenti di tensione, che ho dovuto affrontare offrendo la mia disponibilità in termini di mediazione. Parlare con i lavoratori, spesso esasperati, non è stato facile. C’è anche il settore agricolo, che ha attraversato notevoli momenti di crisi. Non va dimenticato, inoltre, che a Gela, Niscemi e Riesi è forte la presenza della criminalità organizzata. In tale contesto, dalla Diocesi sono partiti chiari messaggi alle nuove generazioni. No alla Mafia, no alla Stidda, no a Cosa nostra. Personalmente, ho fatto diversi interventi pubblici contro la criminalità organizzata e sono stato minacciato per questo, ma il mio pensiero sull’argomento non cambia e non cambierà mai”.
“I giovani hanno manifestato sensibilità verso il tema della legalità, ma in certi casi è venuta fuori anche una certa rassegnazione, pregna di pessimismo. Oggi in molti pensano che il malaffare non si possa sconfiggere. Ad alcuni studenti ho detto quello che penso senza mezzi termini. Se prima partecipate a una marcia antimafia e poi consumate droga, non c’è dubbio, favorite l’illegalità. Qualcuno mi ha risposto che c’entra…Altri hanno compreso perfettamente. Restando in tema, va detto anche che in diverse zone della Diocesi bisogna fare i conti anche con l’evasione scolastica, con risvolti significativi nell’ambito della microcriminalità. In questo senso, sono stati avviati diversi progetti destinati ai giovani a rischio. Dalle cronache sono affiorate vicende tristi, che hanno visto protagonisti proprio giovanissimi, assoldati da gente senza scrupoli, mandati a incendiare auto e a chiedere il pizzo. Tutto ciò nonostante il grosso lavoro portato avanti dalle parrocchie e dalle associazioni di volontariato a Gela”.
“L’ho detto più volte, anche rivolgendomi a mass media nazionali, che la situazione in certi casi è veramente disastrosa. L’esempio più lampante è la strada che collega Piazza Armerina a Mazzarino. A tal proposito dopo una mia segnalazione sono stati posti dei divieti di transito, ma la gente continua a percorrere quella strada, e il problema resta irrisolto”.
“La disoccupazione giovanile rappresenta certamente l’emergenza più grande. Le motivazioni? La situazione economica è precaria, ma manca la cultura del lavoro e della cooperazione. Vengono a trovarmi molti giovani, con i curricula fra le mani. Mi chiedono la ‘raccomandazione’. Io dico chiaramente che non posso raccomandare nessuno, che non è la strada giusta. Molti dicono di essere contrari alle raccomandazioni, e poi finiscono col chiederla. Anche su questo fronte, la Diocesi si è spesa e continua a farlo, con progetti mirati, per l’assegnazione di borse di studio e iniziative di promozione della più genuina cultura del lavoro, anche prestando assistenza nell’avviamento di piccole imprese, come ad esempio a Niscemi”.
“Nel territorio della Diocesi sono stati attivati quattro centri di ascolto per gli immigrati, fra Gela, Niscemi, Piazza Armerina ed Enna. Si offrono informazioni, aiuti, assistenza legale e sociale. Operano anche banchi alimentari, e non solo per loro”.
“In un fondo di proprietà diocesana, fra Niscemi e Caltagirone, è stato avviato un interessante progetto per il recupero di ex detenuti, attraverso l’agricoltura, la lavorazione della ceramica, la cultura, la famiglia e la fede”.
“Sì, la più importante è il ‘Prestito della speranza’, attraverso la Caritas, su due filoni: fino a 6 mila euro per famiglie in situazioni di necessità, fino a 25 mila per imprenditori in difficoltà. Le banche possono contare sulla garanzia di un fondo della Conferenza episcopale, circa 30 milioni di euro a livello nazionale. Ci sono procedure e tempi da rispettare. Il prestito va restituito in cinque anni. Inoltre, stiamo attivando un servizio di assistenza a trecento famiglie indigenti, con un finanziamento sostenuto congiuntamente da Regione e Diocesi. Non daremo contributi in denaro, ma esclusivamente beni di primaria necessità. Le famiglie povere sono in numero massiccio, più di quanto si possa pensare. Pensate, almeno ventimila persone ricorrono al banco alimentare, anche indirettamente, chiedendo pasta, latte, olio e altro”.