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Catania – Sgombero del Palazzo di cemento tra ordinanze e disorganizzazione

Melania Tanteri

Catania – Sgombero del Palazzo di cemento tra ordinanze e disorganizzazione

sabato 14 Maggio 2011

Giusto liberare un immobile simbolo del degrado, ma è indispensabile un reale Piano abitativo. Amministrazione confusa nella gestione dello sgombero dell’edificio di Librino

CATANIA – Lo impone un’ordinanza del sindaco Raffaele Stancanelli – frutto di un sopralluogo dello scorso 30 aprile in cui Asp e Vigili del Fuoco hanno parlato di una situazione di degrado, inidoneità sotto il profilo igienico sanitario e caratterizzata da gravi condizioni di rischio ed emergenza per la pubblica incolumità – ma è soprattutto una questione di buon senso: all’interno del Palazzo di cemento non si può e non si deve più vivere.
La bomba a orologeria rappresentata dall’edificio di Librino, simbolo dell’abbandono e del menefreghismo delle istituzioni da vent’anni sta, dunque, per scoppiare, mentre continua  a oltranza il braccio di ferro tra amministrazione comunale e occupanti abusivi dell’edificio di viale Moncada 3, in attesa che l’ordinanza, ormai scaduta da tempo, venga applicata, con le buone o con le cattive.
Se l’opzione scelta dal primo cittadino, dall’assessore ai Servizi sociali del Comune, Carlo Pennisi, e dal questore, Domenico Pinzello, è la prima – ovvero cercare di risolvere la questione in maniera diplomatica, per evitare lo scontro che potrebbe trasformarsi in vera e propria guerra sociale – è pur vero che, in mancanza di risultati, si dovrà procedere all’azione coatta.
Il progetto dell’amministrazione di assistere le 34 famiglie che vivono nel palazzo di Librino inizialmente per tre mesi e, poi, per due anni attraverso sostegni economici all’affitto, è quello che si tenta ancora di portare avanti, anche se, da parte degli abitanti, continuano a fioccare i rifiuti e la volontà di resistere a oltranza.
Le case messe a disposizione, infatti, sebbene non tutte, secondo gli inquilini abusivi dell’edificio di viale Moncada sarebbero in condizioni di degrado simili al Palazzo di cemento, senza allacci di luce e di acqua, e oltretutto, dovrebbero essere divise tra più nuclei familiari.
“Non siamo animali – affermano mentre attendono che, da un momento all’altro, arrivi la forza pubblica a sgomberarli – e non possiamo accettare condizioni peggiori di quelle di partenza. Andremo via se ci verrà assegnata una casa, e non un alloggio fatiscente. Ci hanno presi in giro”. Non sarebbe così, invece, secondo l’assessore Pennisi, che ha sottolineato la volontà dei Servizi sociali di andare incontro a tutte le esigenze, quando possibile.
“Abbiamo disegnato un percorso – spiega l’assessore – tenendo presente tutte le esigenze di ogni nucleo familiare  e cercheremo di continuare nell’opera di convincimento che porti a conclusione questa vicenda e che ci consenta di liberare l’edificio comunale e di rimetterlo in piedi per res al territorio”.
Una volontà sicuramente lodevole, così come l’impegno profuso per mettere la parola fine alla vicenda, quella dell’assessore Pennisi che, sin dall’inizio sta personalmente dialogando con gli abitanti, volontà che però sembra cozzare con la disorganizzazione dell’amministrazione, che avrebbe deciso oggi, dopo due decenni, di liberare il palazzo simbolo del degrado, senza aver prima predisposto un reale Piano abitativo.
“Le case sono abitabili – assicura l’assessore – e, in ogni caso, stiamo continuando a cercare di reperire altri alloggi. Non possiamo dare altre garanzie se non quella che il percorso avviato sarà condiviso”.
Quel che è certo è che non si potrà più tornare indietro continuando a far finta che il problema non esista, e che il Palazzo di cemento dovrà comunque essere sgomberato di fronte a un’ordinanza. Quello che ci si augura e che questo venga fatto senza ricorrere all’uso della forza.

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