L’università come parcheggio quando non si trova un lavoro - QdS

L’università come parcheggio quando non si trova un lavoro

Giacomo Tabita

L’università come parcheggio quando non si trova un lavoro

mercoledì 15 Giugno 2011

Presentato dal Cnvsu l’undicesimo rapporto sullo stato del sistema universitario italiano. Ma il 16,7% degli immatricolati si ritira dopo un anno. Crescono i fuoricorso

PALERMO – L’università supera a metà il check-up del Comitato Nazionale per la Valutazione del Sistema Universitario (Cnvsu), organo istituzionale del MIUR che quest’anno con l’XI Rapporto registra la crisi in atto del sistema accademico italiano, registrando i malumori studenteschi e la scarsa risposta degli atenei alle necessità di formazione e ricerca. Nel dossier si nota il calo degli immatricolati, soprattutto nelle zone dove è più facile trovare un’occupazione lavorativa, a testimonianza del fatto che l’università viene spesso considerata come un “parcheggio” più che una possibilità di formazione umana e culturale … e se non c’è lavoro, allora si studia!
Questo calo è comunque imputabile anche alla drastica diminuzione delle borse di studio: nel 2010 i fondi per le borse sono calati del 60% non riuscendo a coprire la domanda del 19% degli idonei, mentre solo il 22% dei borsisti ha un alloggio universitario. Meno laureati e meno immatricolati dunque, con numero sempre crescente di fuori-corso e irrilevanti possibilità di lavoro per i ricercatori.
In questo quadro nazionale poco confortante gli atenei siciliani evidenziano una situazione sempre peggiore, con la diminuzione del numero degli iscritti (il dato statistico è inquadrato sia nella composizione della popolazione italiana di adulti/anziani sia nel crollo del tasso di natalità che negli anni ‘90 è arrivato molto vicino allo zero). L’indicatore di proseguimento degli studi dalla scuola superiore all’università presenta per il 2010 differenze non banali tra le varie province: ai valori più alti nel nord Italia (con oltre 80 immatricolati ogni 100 maturi), corrispondono quelli più bassi in Sicilia: a Catania, la percentuale di immatricolati sui maturi è di appena il 46,4%.
Le università private, sembrano confermarsi meta preferita dei diplomati e gli abbandoni sembrano in calo ma in Sicilia (su 27.312 immatricolati) rimangono in sede oltre 22.500 studenti rispetto ai 4.755 (circa 17,4%) che vanno a studiare in altre regione (prevalenza per Lazio, Lombardia, Emilia e Toscana); la ricettività in Sicilia, invece, è molto forte per gli studenti calabresi.
Se in Sicilia la contribuzione media delle tasse universitarie è tra le più basse rispetto al quadro nazionale (mediamente 560 € annui nel Sud, fino a 1.000 € nel centro Italia e oltre 1.000 € nel Nord, con un picco di 1.400 € in Lombardia) pare dunque che le matricole non emigrano dalla Sicilia per chiara difficoltà economica, anche se alla Kore di Enna basta pagare invece oltre 1.200euro.
Il CNVSU rileva anche che nell’a.a. 2009/2010 il 16,7% delle matricole ha abbandonato gli studi (l’anno prima era il 17,5%) e i fuoricorso sono risaliti al 40% (la situazione è notevolmente migliore nelle facoltà a numero chiuso) ma i laureati sono in calo, così come i laureati precoci che si concentrano, come al solito, in università telematiche). I professori, invece, sono sempre più vecchi, a testimonianza dello scarso ricambio fra gli ordinari: l’età media è salita a 63 anni, mentre fra i proff. associati solo il 5% ha meno di 41 anni e l’età media dei ricercatori aumenta, così come la precarietà nel settore scientifico.
 

 
Il quadro nazionale. I prof under 51 solo soltanto il 15 per cento
 
L’intento di razionalizzare i corsi e la riduzione del numero dei docenti rischia grosso se nel contempo non si rimette mano a una programmazione che tenga nel dovuto conto il fabbisogno di ricerca. L’iscrizione di nuovi studenti è in calo soprattutto dove il tasso di occupazione è più elevato; dopo il picco che nel 2002/2003 li aveva portati al 74,5%, i diplomati iscritti all’università, nel 2008/2009 sono scesi al 66% e nel 2009/2010 al 55,7%. Inoltre entro il 2015 il 32% dei professori ordinari di Scienze fisiche, Ingegneria civile e Architettura lascerà per sopraggiunti limiti di età e interi settori di studio rischiano una drastica crisi. Le preferenze espresse dagli studenti maturati con voti alti agli esami (oltre 90/100) si iscrivono alle università private mentre la metà dei docenti ha più di 60 anni e il 20% più di 65, contro i 58 del 1998. I prof under 51 sono soltanto il 15% e nelle università più giovani si trovano quelli più vecchi, mentre le percentuali più elevate di giovani docenti si trovano nelle facoltà di Scienze matematiche, Ingegneria industriale, Scienze giuridiche e Scienze economiche e statistiche. Per quanto riguarda i ricercatori, nel 2010 i più numerosi risultano quelli compresi nella fascia di età di 35-40 anni e le ricercatrici rappresentano il 45% del totale.

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