“Termini Imerese, specchio del Paese” - QdS

“Termini Imerese, specchio del Paese”

Rosario Battiato

“Termini Imerese, specchio del Paese”

giovedì 16 Giugno 2011

Il leader dealla Cgil, Susanna Camusso, ieri a Siracusa per un convegno su lavoro e sviluppo, è tornata a parlare dello stabilimento. “Il Governo dice di avere risolto la vertenza, l’unica cosa certa è che Fiat tra sei mesi se ne andrà”

TERMINI IMERESE (PA) – Termini Imerese sembra quasi sparire nella nebbia che al momento avvolge il suo futuro. Allo stato dei fatti non ci sono certezze per il seguito industriale dell’area – la Fiat andrà via a fine 2011 e questo è l’unico dato di fatto – e l’atteggiamento del Governo, per lunghi tratti assenteista, è stato di recente al centro delle accuse dei sindacati.
A riaprire il fuoco di sbarramento sul ruolo che il Governo, anche attraverso il ministero dello Sviluppo economico, ha rivestito nella vicenda di Termini è stata Susanna Camusso, leader della Cgil, che, in visita a Siracusa per il convegno all’Open Land su “Lavoro e sviluppo”, ha ribadito lo stato di crisi che attraversa il mondo industriale italiano. “La vicenda di Termini Imerese è lo specchio di come il governo e il ministro dello Sviluppo economico guidino il paese, perché dicono di aver risolto tutte le vertenze quando invece hanno i tavoli pieni di vertenze”.
La questione di Termini, insomma, riprende un tema nazionale sull’unità del sindacato e sul ruolo della Fiat. “La rottura con le altre sigle sindacali – ha spiegato il segretario del sindacato – è stata sulle regole cioè su come i sindacati devono contrattare. La Fiat vuole andarsene ed intende raggiungere il massimo risultato con il massimo danno sulla pelle dei lavoratori. C’era chi pensava che questo governo fosse il minore dei mali possibili mentre noi sostenevamo che quelle politiche erano devastanti. Abbiamo pagato tutti i costi della crisi”.
La necessità di affrontare Termini come caso nazionale era stata manifestata nei giorni scorsi anche da Maurizio Landini, segretario generale della Fiom, che aveva precisato l’urgenza di accelerare i tempi senza dover attendere fine anno “quando lo stabilimento chiuderà, senza avere una soluzione certa”. Il dubbio è legittimo perché al momento quasi tutte le pretendenti della short list stilata da Invitalia, advisor del ministero dello Sviluppo economico, non hanno dato grandi rassicurazioni in termini di stabilità finanziaria. I sindacati finora hanno sempre sottolineato la necessità di proseguire col settore auto per mantenere una sorta di continuità con l’indotto creato dal gruppo torinese.
Anche su questo punto, però, adesso non ci sono certezze. Qualche giorno fa Luigi Angeletti, leader della Uil, aveva spiegato di non credere alla possibilità di una riconversione del polo industriale palermitano basato sulla produzione di auto, perché il fallimento di un grosso gruppo come la Fiat sarebbe la prova di sicura difficoltà per aziende più piccole dello stesso settore. Il rischio sottolineato da Angeletti, e ribadito da diversi mesi da questo giornale, è che le imprese arrivino interessate solamente dai contributi, ma che non abbiano un progetto serio su Termini. E finora il novero degli interessati ha dimostrato diverse pecche, consumate tra questioni giudiziarie e grosse difficoltà finanziarie. La rinascita di Termini Imerese può solo passare da una riflessione seria su prospettive che abbiano un senso e un seguito oltre l’esaurimento degli invitanti contributi statali. Intanto il conto alla rovescia è partito: mancano sei mesi all’addio di Fiat.

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