L’UdC entri a Palermo se entra a Roma - QdS

L’UdC entri a Palermo se entra a Roma

Carlo Alberto Tregua

L’UdC entri a Palermo se entra a Roma

mercoledì 08 Luglio 2009

Maggioranze omogenee per riformare

Sottolineiamo con piacere la posizione di Pierferdinando Casini e del segretario regionale dell’UdC, Saverio Romano, di avere rinunziato ufficialmente a poltrone e strapuntini. Si tratta di una posizione coerente con la situazione politica nazionale e regionale.
L’UdC, a nostro avviso, sbaglia puntando alla costituzione di un partito nazionale che non sta né a destra né a sinistra. Tuttavia la sua posizione è chiara e fino a quando avrà il supporto di oltre il sei per cento degli elettori ha tutto il diritto di portarla avanti.
Sarebbe meglio, però, che cominciasse a pensare se le sue radici e la sua politica, piuttosto che basarsi sulla famosa tecnica dei due forni di andreottiana memoria, avessero un proprio disegno riformista più vicino a quello del PD o all’altro del PdL. In questa logica chiara, le sue alleanze maturerebbero di conseguenza e gli elettori saprebbero verso quale direzione si colloca l’UdC.

Una cosa è certa, però. Che non vi può essere strabismo tra quello che accade a Roma e quello che accade a Palermo. Fa male quella parte del PdL siciliano che continua a premere, nonostante la contrarietà di Berlusconi, per l’ingresso dell’UdC nel Governo siciliano. Dovrebbe invece preoccuparsi se tale ingresso è gradito a Roma e, in questo caso, automaticamente (o quasi) sarebbe gradito a Lombardo, a Palermo.
La determinazione silenziosa del premier nella vicenda siciliana è sintomatica. Berlusconi ha imparato che deve parlare poco e agire molto. Non una sola parola ha pronunziato per decidere la posizione del PdL in Sicilia, ma hanno parlato i fatti. Il via libera al secondo Governo Lombardo, il semaforo verde per Fas e finanziamento alla Stretto di Messina Spa da parte del Cipe sono tre elementi inequivocabili sulla sua posizione, liquidando ogni bega locale basata sul nulla. C’è bisogno di chiarezza e trasparenza. In questo caso, così è stato.

 
L’UdC in Sicilia non è mai stato un partito all’opposizione, perché prima come Democrazia cristiana e poi con diverse sigle è sempre stato al governo. Questa nuova funzione probabilmente rigenererà i meccanismi di funzionamento e indurrà la dirigenza regionale a occuparsi di progetti strategici piuttosto che di emergenze giornaliere, senza cadere nell’errore di intraprendere un’azione sterilmente protestataria.
La nuova era della politica siciliana dev’essere quella dei progetti strategici, di lunga durata, per riformare, riformare e riformare. Le riforme sono state elencate innumerevoli volte ed è inutile ripeterle. Sono nel programma di governo, devono passare all’ordine del giorno dell’Assemblea ed essere approvate con somma urgenza.
Soprattutto le riforme di sistema, che consentano di: a) organizzare e informatizzare l’intero apparato regionale, perché acquisti finalmente efficienza ed efficacia; b) accelerare fortemente la spesa per infrastrutture, tagliando senza indugi la spesa corrente a cominciare dai contributi mascherati sotto la tabella “h”, bocciata dal commissario dello Stato; c) trasformare le Province in Consorzi di Comuni (art. 15 dello Statuto) caricando questi ultimi della responsabilità di intraprendere un percorso virtuoso con il drastico taglio di inutili spese clientelari che li stanno distruggendo.

La crisi economica dev’essere accolta con grande favore: non sembri la nostra una voce fuori dal coro. Ci spieghiamo. È solo a seguito delle crisi che si riprogetta il futuro, spingendo tutte le risorse ad andare verso obiettivi produttivi. Quando l’assessore Gentile comunica che la Regione intende stabilizzare 20 mila precari, non fa un buon servizio né agli stessi precari né ai cittadini siciliani, ai quali si sottraggono le risorse per mettere in moto una crescita che schiodi l’Isola da un misero Pil del 5,5 per cento di quello nazionale.
L’UdC all’opposizione dovrebbe presentare un progetto strategico per la Sicilia su cui alle prossime Regionali del 2013 chiedere il consenso. Un progetto basato su grandi riforme e su filosofia e valori cui un partito democratico cristiano deve sempre ispirarsi, se non vuole tradire la sua radice sturziana e degasperiana.
 

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