Seicento milioni in dieci anni per il rischio idrogeologico - QdS

Seicento milioni in dieci anni per il rischio idrogeologico

Antonio Casa

Seicento milioni in dieci anni per il rischio idrogeologico

mercoledì 13 Luglio 2011

L’assessorato regionale Territorio e ambiente ha censito sul suolo oltre 30 mila pericolosità. In Sicilia non bastano gli interventi per l’urgenza, serve la programmazione

PALERMO – Il territorio siciliano è particolarmente friabile. Secondo l’ultimo report del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e Unione Province d’Italia il 70% dei comuni siciliani è a rischio idrogeologico. Numericamente stiamo parlando di 272 comuni di cui 200 a rischio frana, 23 a rischio alluvione, 49 a rischio frana e alluvione. A fronte di questa emergenza costante sull’Isola, negli ultimi dieci anni, sono piovuti 600 milioni di euro di importo per 403 interventi programmati. Un dato che non basta perché, al di là dell’azione post disastro, appare necessario agire preventivamente attraverso una programmazione coerente sul territorio.
Il diluvio di milioni per mitigare il rischio idrogeologico non è sufficiente. Secondo dati dell’Ispra (Istituto superiore per la ricerca e la protezione ambientale) sulla base degli interventi urgenti previsti dal Dl 180/98, la Sicilia ha beneficiato, tra il 1999 e il 2010, di 601,63 milioni di euro per 403 interventi programmati. Si tratta del più sostanzioso finanziamento previsto tra le regioni italiane, pari al 21,4% dell’importo totale, ma non è stato in grado di bloccare preventivamente la tragedia di Messina dell’ottobre del 2009, 31 morti, 6 dispersi e 95 feriti, né gli altri eventi calamitosi del 2010 e del 2011.
Del resto non è tutto oro quello che luccica, perché lo stato di finanziamento dei lavori non corrisponde sempre all’ultimazione. “Nel complesso, – comunicano dall’Ispra – il progredire delle azioni di contrasto per la riduzione del dissesto idrogeologico, inteso come numero di interventi realizzati per le opere di difesa del suolo e fondi stanziati sul territorio nazionale, portano a considerare il trend dell’indicatore nella direzione dell’obiettivo di mitigare il rischio geologico idraulico. Tuttavia appare importante sottolineare che, pur non essendo prevista alcuna tempistica di riferimento fissata dalla normativa, lo stato d’attuazione degli interventi non sempre risponde al requisito di urgenza”.
La Sicilia, però, ha bisogno di urgenza e programmazione. L’assessorato Territorio e ambiente, Gianmaria Sparma, in una delle ultime ricerche, ha censito sul suolo isolano oltre 30 mila pericolosità. Il dato inoppugnabile è che esiste in Sicilia un problema strutturale: il servizio Ria (Rischi Idrogeologici e Ambientali) ha valutato nell’Isola, dal 1500 ad oggi, circa 5 mila vittime per fenomeni ricollegabili a eventi calamitosi di natura meteorologica con oltre 10 miliardi di euro di danni a partire dal 1700, nonostante un calcolo completo non sia di fatto possibile. Il problema è sicuramente territoriale, la natura di buona parte del territorio siciliano è particolarmente friabile, ma la porzione più vincolante deriva dal potere impattante dell’antropizzazione senza controllo. L’abusivismo edilizio, che è diretta conseguenza di una carente normativa regionale e locale in termini di gestione del territorio, completa definitivamente il quadro complessivo dello stato di pericolosità isolano.
In realtà gli strumenti ci sarebbero. Ad esempio basterebbe inserire all’interno dei piani regolatori generali le misure previste nei Pai (Piano di stralcio per l’assetto idrogeologico), strumenti essenziali per la prevenzione del rischio.

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