Dall’Ue monito sui pozzi offshore. La Sicilia è già in prima linea - QdS

Dall’Ue monito sui pozzi offshore. La Sicilia è già in prima linea

Rosario Battiato

Dall’Ue monito sui pozzi offshore. La Sicilia è già in prima linea

giovedì 14 Luglio 2011

Raffaele Lombardo richiede da tempo al Governo nazionale una regolamentazione più severa. Una risoluzione dell’Europarlamento fissa i paletti per le trivellazioni

PALERMO – Regole più severe per i pozzi offshore di petrolio e gas nell’Ue. È quanto emerge da una risoluzione approvata nei giorni scorsi dagli eurodeputati in commissione Industria al Parlamento europeo. La decisione, passata con 41 voti a favore e 6 contrari, prevede una serie di suggerimenti per evitare che si possano riprodurre anche in Europa le condizioni del disastro del Golfo del Messico. Il provvedimento potrebbe coinvolgere, in particolar modo, l’Italia, e ancora più la Sicilia, visto che nel Mediterraneo gravitano già diversi colossi della trivellazione.
Secondo la relatrice Vicky Ford, eurodeputata britannica dei conservatori e riformisti europei, il testo propone “suggerimenti per prevenire incidenti, adottare azioni rapide qualora accadano e fornire chiarezza riguardo le responsabilità”. Il tutto in vista di una proposta di legislazione della Commissione Ue sulla sicurezza di pozzi di petrolio e gas offshore, prevista per il prossimo autunno. I deputati europei sottolineano la voce “responsabilità” ribadendo il principio, già sancito a livello europeo, del “chi inquina paga”. Determinante resta sempre il ruolo del settore pubblico che dovrà avere gli strumenti e la fermezza per supervisionare l’attività di ispezione e trivellazione nei mari europei. Per evitare i rischi di un altro disastro potrebbe anche entrare in azione l’agenzia europea per la sicurezza marittima e negli scenari peggiori va previsto un vero e proprio piano nazionale. Tra le richieste per gestire in maniera adeguata l’estrazione offshore i rappresentanti del Parlamento europeo richiedono che a monte di qualsiasi licenza ci debbano essere una valutazione di impatto ambientale e un dettagliato piano che valuti le possibili emergenze.
In questo contesto la Sicilia può, forse, sorridere. Il Meridione è da sempre centro di interesse per le grandi multinazionali del petrolio, basti pensare che tra il basso Adriatico, lo Jonio ed il Tirreno meridionale si concentra il più alto numero di pozzi offshore: quattro piattaforme solo in Sicilia e tre in Abruzzo. “In generale l’82% circa della produzione nazionale – si legge nel dossier del ministero dello Sviluppo economico sulla produzione petrolifera italiana – proviene dalla terraferma dai campi della regione Basilicata e della Sicilia, mentre il contributo delle attività ubicate in mare è di circa il 14%”. Nel 2010, secondo gli ultimi dati, la Sicilia ha contribuito con 600 migliaia di tonnellate di petrolio da terraferma (su un totale di 4.385,3).
In attesa che la normativa faccia il suo corso in Sicilia, si prova a correre ai ripari. Il Governo Lombardo ha più volte richiesto una regolamentazione più severa in materia, anche in rapporto alle royalties versate alle casse regionali, ma la questione dei pozzi offshore è complessa, poiché per le trivellazioni in mare la Regione siciliana è esclusa dalla competenza in materia di concessioni. Inoltre su altre tratte di mare, comunque in prossimità dell’Isola, non ha competenza nemmeno il Governo nazionale, e neanche l’Ue, rientrando in altre sfere nazionali. Tuttavia la giunta Lombardo ha espresso un pronunciamento ufficiale precisando la contrarietà al rilascio di nuove autorizzazioni.

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