Quei siti archeologici scacciavisitatori - QdS

Quei siti archeologici scacciavisitatori

Alessandro Accardo Palumbo

Quei siti archeologici scacciavisitatori

giovedì 21 Luglio 2011

Turismo. Senza valorizzazione l’Isola resta al palo.
Io no spik inglish. Le indicazioni lasciano a dir poco a desiderare: molte di esse hanno subito duramente il trascorrere delle stagioni e tutte sono soltanto in italiano.
Grotta dei Cordari. È una delle risorse del Parco, ma rimane chiusa ai visitatori dal oltre trent’anni in attesa di interventi di messa in sicurezza. Non ci sono i fondi necessari.

SIRACUSA – I visitatori, dal 2007 al 2009, sono fuggiti dalla Neapolis (dal greco nuova città) e dall’Orecchio di Dionisio di Siracusa. Le presenze sono passate da 591 mila 793 a 471 mila 302. C’è stata una perdita secca di 120 mila 491 ingressi. È un dato che parla da solo: meno 20,4%. C’è stato pure un crollo negli incassi: 361 mila 740 euro in meno rispetto all’anno precedente (da 2 milioni 454 mila 180, a 2 milioni 92 mila 439 euro); il secondo peggior risultato, dopo quello del 2005, in cinque anni. Un lieve recupero c’è stato, invece, nel 2010. Con più 2.490 paganti e un incasso di 239 mila e 67 euro, superiore rispetto all’anno precedente, che ha fatto segnare un’inversione di tendenza. Tuttavia occorre un periodo più lungo per confermarsi tale.
Ciò che salta subito all’occhio prima dell’ingresso al Parco archeologico, è la confusione che coglie i neofiti dei luoghi. Trovare la biglietteria non è una cosa del tutto scontata. Ci è toccato, infatti, immergerci in un forzato tour tra baracchette che ospitano bar, souvenir e paccottiglie di vario genere (che c’entrano con un sito archeologico le magliette taroccate delle squadre di calcio?), prima di riuscire a capire dove fosse l’ufficio ticket. La soluzione al quesito si trova a distanza, presso uno slargo, a circa cinquanta metri sulla destra. Qui scorgiamo un edificio moderno, diverso dai casotti che disorientano l’impreparato visitatore: è la biglietteria.
Ripercorriamo a ritroso il percorso e, oltrepassata la strada che divide la zona ristoro e biglietti dall’ingresso vero e proprio, ci tuffiamo in un passato a cavallo tra due civiltà: quella greca e quella romana. Subito poco dopo l’Ara di Ierone (III secolo a.C.) sulla destra c’è l’ingresso del Teatro greco, risalente al V secolo a.C. L’arena vive però una doppia vita: il periodo post rappresentazioni classiche, fatto di incuria e criticità di vario genere; e quello, invece, tutto impupato e bello che si può ammirare nelle settimane in cui vengono rappresentate le tragedie e le commedie greche. Noi vi raccontiamo la prima realtà.
Quello di Siracusa è il più grande teatro della Sicilia e uno dei maggiori dell’intero mondo greco. Una magnificenza cui non corrisponde, tuttavia, un’altrettanto adeguata valorizzazione: la segnaletica che dovrebbe indirizzare ai luoghi è vetusta, altre volte incomprensibile o confusa e, manco a dirlo, solo in lingua italiana. La cavea, pur segnata dal passare dei secoli, ha sempre un impatto suggestivo, ma lo stato nel quale versano i gradini delle scalinate in legno, e soprattutto i passamano in ferro (tutti inclinati), non paiono rispettare gli standard minimi di sicurezza.
Scattate le foto, che documentano la situazione, ci trasferiamo in basso verso i servizi igienici: quelli per i disabili sono chiusi a chiave e nessun avviso è affisso alla porta. Perplessi ci muoviamo verso la Latomia del Paradiso, attraverso cui si giunge alla più famosa delle grotte di questo parco: quella detta Orecchio di Dionisio. L’antro, dalla particolarissima forma, è profondo, buio e umido. Ricorda proprio un orecchio e costituisce la maggiore attrazione, assieme al Teatro greco, per i turisti in visita a Siracusa. Pure questo itinerario è indicato ai soli italici. Che gli stranieri siano brutta gente e non meritino di essere degnati di attenzioni particolari?
Poco distante c’è un’altra grotta, quella dei Cordari, ma è chiusa (c’è un cartello, questo sì alla faccia delle disparità, illeggibile pure per gli italici).
Ripercorrendo all’inverso il sentiero, facciamo in tempo a scorgere che anche il percorso preferenziale per i disabili è sbarrato da un blocchetto in cemento, cui è infisso un palo in metallo: il mistero su tale blocco resterà irrisolto.
Ciò che, invece, pare chiaro è che lo sviluppo economico legato al turismo, in Sicilia, è ancora confinato in una specie di torre di Babele, dove ognuno pratica una lingua diversa dall’altro: la stessa cosa accade, ma sarà probabilmente solo un caso fortuito, anche per le xenofobe segnaletiche, poste all’interno del Parco archeologico di Siracusa.
 

 
La Direzione rassicura su alcuni lavori già eseguiti
 
SIRACUSA – “La grotta dei Cordari – spiega la direttrice del Parco archeologico di Siracusa, Maria Amelia Mastelloni – è chiusa al pubblico da trent’anni e vi sono grossi problemi, di reperimento fondi per la sua messa in sicurezza. La direzione del Parco ha già avviato delle procedure di verifica”.
Sul perché i bagni per i disabili siano chiusi a chiave, la direttrice ci fa sapere che “questa situazione è dovuta alla presenza di vandali in quei Wc e che, comunque, il personale di custodia del parco è pronto a fornire tutta l’assistenza necessaria ai disabili in visita. Questi, infatti, per la morfologia dei luoghi, vanno accompagnati”.
Riguardo alla segnaletica, la biglietteria e le manutenzioni straordinarie “la Direzione del Parco – aggiunge la Mastelloni – ha avviato una serie di progetti (con fondi europei) atti a risolvere queste problematiche”. Per ciò che attiene, infine, le pessime condizioni delle scalette d’accesso e relativi passamano per salire e scendere all’interno del Teatro greco, dopo la nostra visita “alcuni operai hanno ripristinato gli accessi – conclude la direttrice – in vista della stagione teatrale dell’Istituto nazionale del dramma antico (Inda)”.
Il Parco archeologico di Siracusa, come gli altri dell’Isola, ha subito un nuovo assetto nel settembre del 2010. Il passaggio delle consegne è avvenuto a dicembre. Cambiano gli assessori regionali ai Beni culturali e i burocrati, ma non cambia l’atavica fame di risorse, necessarie a tutelare e valorizzare i tesori siciliani. Un appetito da saziare che si conferma essere la sfida da vincere per il turismo isolano: la madre di tutte le battaglie.

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