Rateizzazione dei debiti col Fisco da 12 fino a 72 rate mensili - QdS

Rateizzazione dei debiti col Fisco da 12 fino a 72 rate mensili

Salvatore Forastieri

Rateizzazione dei debiti col Fisco da 12 fino a 72 rate mensili

sabato 15 Ottobre 2011

Cosa cambia con l’art. 23 del Decreto legge 98/11 convertito in legge n. 111 del 15 luglio 2011. Obbligo di garanzia per somme dovute a seguito di controlli automatizzati

PALERMO – Come è noto, nel caso in cui il contribuente si trovi in situazione di obiettiva difficoltà ad adempiere ai propri debiti tributari, al fine di incentivare comunque il pagamento di quanto dovuto, la legge prevede diverse forme di rateizzazione che riguardano le somme iscritte a ruolo, quelle dovute in caso di definizione dell’accertamento per acquiescenza, accertamento con adesione e conciliazione giudiziaria, nonché le somme dovute a seguito dei controlli automatici (art.36 bis del D.P.R. 600/73) e dei controlli formali (art.36 ter del D.P.R. 600/73) risultanti dai così detti “avvisi bonari”.
Nel primo caso l’Agente della Riscossione può concedere, al massimo, 72 rate mensili, secondo un criterio che tiene conto dell’importo dilazionato e del grado di liquidità del debitore.
Nel caso di rateizzazione di somme che scaturiscono dalla definizione dell’accertamento, l’Agenzia delle Entrate può concedere fino a 12 rate trimestrali (non più di otto se l’importo non supera €. 51.645,69).
Nel caso di somme che scaturiscono da avvisi bonari per controlli automatizzati o formali, sono concedibili, sempre da parte dell’Agenzia delle Entrate,  fino ad un massimo di 20 rate trimestrali (non più di sei se l’importo non supera 5.000 Euro), con obbligo di garanzia (fideiussione, polizza fideiussoria o ipoteca volontaria) per importi superiori a 50.000 Euro.
Contrariamente alla dilazione degli “avvisi bonari”, le altre due forme di rateizzazione non richiedono attualmente la presentazione di alcuna garanzia anche se, nel tempo, con riguardo alla necessità di garantire il credito erariale di importo significativo, la normativa è stata ondivaga, dispensando, obbligando e poi dispensando ancora una volta.
Infatti, nel 2008 (D.L. 112/2008), è stato eliminato l’obbligo della garanzia per la dilazione delle somme iscritte a ruolo, mentre oggi, a seguito dell’entrata in vigore del D.L. 98/2011 (art.23, commi 17-20), convertito in legge 111/11, la necessità della garanzia è venuta meno per le somme derivanti da definizione di accertamenti, anche quando l’importo è superiore a 50.000 Euro.
Stranamente, sembra resistere l’obbligo della garanzia per la dilazione delle somme (d’importo superiore a 50.000 Euro) provenienti da controlli automatizzati e formali (36 bis e 36 ter). Una stranezza che dipende dal fatto che il rischio per l’Erario di perdere il proprio credito non è diverso da quello che esiste negli altri casi di dilazione, considerato che tale rischio non è legato alla maggiore o minore certezza della somma pretesa dal fisco (somme dichiarate e non versate, da un lato, e somme frutto di accertamenti più o meno presuntivi, dall’altro), bensì alla potenziale capacità del debitore di far fronte ai suoi impegni.
 
Decadenza dalla dilazione
 
In caso di dilazione di somme iscritte a ruolo, il contribuente, qualora ometta di pagare la prima rata oppure due rate successive, decade dal beneficio ed è chiamato a versare, in unica soluzione, previa iscrizione a ruolo, quanto ancora dovuto, oltre agli interessi ed alla sanzione per mancato pagamento (30%).
Nel caso di dilazione di somme che scaturiscono dagli “avvisi bonari”, basta il mancato pagamento di una rata per fare scattare la decadenza dalla dilazione ed il recupero di quanto ancora dovuto con la sanzione del 30% e gli interessi.
Anche nel caso di definizione per acquiescenza, accertamento con adesione o conciliazione giudiziale, basta il mancato pagamento di una sola rata per dar luogo alla decadenza del beneficio con tutte le conseguenza prima citate. 
Ci si chiede, però, se un semplice lieve ritardo nel pagamento di una sola rata comporti pure la decadenza dalla dilazione originariamente concessa.
In verità, la normativa tributaria, fino all’entrata in vigore del D.L. 98/2011, nulla ha previsto in materia.
C’è stata, comunque, una circolare, la n. 65 del 28 giugno 2001, con la quale l’Agenzia delle Entrate, con specifico riguardo alla dilazione di somme provenienti da accertamento con adesione, ha affermato che “ l’Ufficio può  riconoscere il mantenimento del beneficio della dilazione originariamente concessa al contribuente, se lo stesso abbia manifestato la volontà di  adempiere al proprio  impegno pagando, a titolo di ravvedimento ai sensi  dell’art.  13  del  d. lgs. n. 472 del 1997, gli importi dovuti alle rispettive scadenze  rateali, gli interessi legali maturati  dalla data di originaria scadenza a quella di versamento, nonché la relativa sanzione”.
 
Tale circolare, che riguardava la dilazione di somme relative ad accertamento con adesione e che ipotizzava il pagamento tramite l’istituto del “ravvedimento operoso”, ha affermato però un principio importantissimo, ossia quello secondo il quale occorre valutare il comportamento del contribuente al fine di accertare se la sua volontà sia stata quella di adempiere al proprio impegno (pagando, seppure con un lieve ritardo), oppure quella di rompere l’accordo con il fisco. Un principio non stabilito da una disposizione specifica, ma che rappresenta sicuramente un concetto di equità amministrativa, ben supportato dallo Statuto dei Diritti del Contribuente, ed applicabile quindi, ad avviso di chi scrive, anche negli altri casi di dilazione fiscale.
 


La dilazione non si perde se la rata è pagata alla scadenza successiva
 
Recentemente, come precedentemente detto, è entrato in vigore l’art. 23, commi 17/20, legge 111/11, secondo il quale “In caso di mancato pagamento anche di una sola delle rate diverse dalla prima entro il termine di pagamento della rata successiva, il competente ufficio dell’agenzia delle Entrate provvede all’iscrizione a ruolo delle residue somme dovute e della sanzione di cui all’art.13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n.471, applicata in misura doppia sul residuo importo dovuto a titolo di tributo”. In pratica, dal 6 luglio scorso (data di entrata in vigore del D.L.98/11), la dilazione non si perde se la rata viene pagata entro la scadenza della successiva. Sono applicabili pure le riduzioni previste dal “ravvedimento operoso” a seconda dei giorni di ritardo. Dopo la scadenza della rata successiva, non solo l’Amministrazione Finanziaria recupera l’intero importo dovuto, ma applica anche la sanzione in misura doppia (60%).
 


Ritardi reiterati. Previste sanzioni per recuperare il tributo
 
Dopo la scadenza della rata successiva, non solo l’Amministrazione Finanziaria recupera l’intero importo dovuto, ma applica anche la sanzione in misura doppia (60%). Una disposizione, che conferma ancora una volta la volontà del Legislatore di mantenere in vita, per quanto possibile, la dilazione, verificando il comportamento del contribuente e sanzionandolo pesantemente solo nel caso in cui perduri l’omissione di pagamento dopo lo spirare di ben tre mesi dalla scadenza.
Non va dimenticato, peraltro, che la decadenza dal beneficio della dilazione rappresenta certamente una sanzione impropria collegata ad una violazione commessa dal contribuente. Ed allora, se si tratta di una sanzione, una modifica legislativa (l’art.23 del D.L. 98/2011) che attenua il rigore di un ritardo del pagamento non protratto oltre la scadenza successiva, deve necessariamente  ritenersi applicabile anche al passato, evidentemente per questioni non definitive, per il noto principio del “favor rei” sancito dall’art.3, comma 2, del D.Legislativo 472 del 1997.
Questo è quanto oggi espressamente previsto per la dilazione derivante da accertamento con adesione, definizione con acquiescenza e conciliazione giudiziale. E per le altre dilazioni? Buon senso ed i principi sanciti dallo Statuto dei Diritti del Contribuente dovrebbero suggerire all’Amministrazione Finanziaria di adottare soluzioni che, come previsto dalla circolare 65 del 2001 e, più recentemente, dal D.L. 98, mirino a far salva la volontà del contribuente di adempiere al suo obbligo, qualora tale volontà emerga in maniera inequivocabile dal suo comportamento, nonostante il ritardo.

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