Liberi professionisti contro racket e lavoro nero - QdS

Liberi professionisti contro racket e lavoro nero

Michele Giuliano

Liberi professionisti contro racket e lavoro nero

mercoledì 26 Ottobre 2011

Presa di posizione netta che continua un progetto iniziato nel 2004 dopo la scoperta che l’80% dei commercianti paga il pizzo. L’iniziativa è di Addio Pizzo e Libero Futuro: allo “scoperto” i sottoscrittori del comitato

PALERMO – Avvocati, ingegneri, architetti, giornalisti, agronomi e imprenditori. Ci sono davvero tantissimi profili professionali nell’elenco dei professionisti che hanno sottoscritto la loro adesione all’iniziativa di Addiopizzo e Libero futuro contro il racket in Sicilia.
Una presa di posizione netta, chiara e quanto mai alla luce del sole. Le loro firme infatti sono state tutte pubblicate on line: si tratta di ben 1.043 lavoratori siciliani che hanno per l’appunto firmato il loro manifesto denominato “Professionisti liberi”. In realtà si tratta di un vero e proprio comitato che riunisce esponenti delle diverse professioni che intendono combattere il racket delle estorsioni e Cosa nostra partendo dalla difesa in prima persona dell’etica professionale.
Proprio nei giorni scorsi questo organismo si è presentato ufficialmente al Teatro Biondo di Palermo. "La lotta al racket delle estorsioni e a Cosa nostra sarà più efficace se a fianco degli imprenditori e dei consumatori ci saranno anche i professionisti – spiega il comitato a proposito dell’iniziativa – al Teatro Biondo di Palermo è stata celebrata l’autofondazione di questo nuovo movimento e a quattro anni dalla presentazione di Libero Futuro siamo tornati a riempire di persone e di emozioni uno degli spazi culturali più prestigiosi della città".
Il manifesto si trova al sito www.professionistiliberi.org e le adesioni sono sempre aperte. Un’esperienza cominciata il 29 giugno 2004 a Palermo, nel giorno in cui secondo i dati della Magistratura l’80 per cento dei commercianti paga il pizzo, ma non se ne parla. Una mattina il centro cittadino si sveglia ricoperto di adesivi con la scritta "Un intero popolo che paga il pizzo è un popolo senza dignità". Più che un monito un rimprovero, un’accusa, un invito al rispetto per se stessi e per il proprio lavoro.
Un anno dopo viene lanciata la campagna "contro il pizzo, cambia i consumi" e si costituisce ufficialmente il comitato Addiopizzo, prima esperienza di consumo critico contro l’estorsione.
Il 2 maggio 2006 nell’aula magna di Palazzo Steri, ateneo di Palermo, cento commercianti che non pagano il pizzo lo dichiarano pubblicamente, forti del supporto di oltre 7.000 cittadini-consumatori. Sono la lista "Pizzofree". Numeri destinati a crescere. Nel marzo 2008, in corso Vittorio Emanuele, sempre nel capoluogo siciliano, è stato inaugurato il punto Pizzo Free "L’Emporio", che vende solo prodotti di artisti, artigiani e commercianti che aderiscono al comitato Addiopizzo, e prodotti delle cooperative attive nei terreni confiscati alla mafia. E finalmente con l’iniziativa al Teatro Biondo Stabile si passa dalle imprese ai liberi professionisti. Il Comitato professionisti liberi, insieme a Libero Futuro e Addiopizzo, ha redatto un manifesto che contiene norme etiche specifiche che impegneranno pubblicamente al loro rispetto e all’attenta osservanza ogni singolo professionista.
 
Ovviamente il meccanismo è abbastanza simile a quello adottato da Confindustria: chi viola queste norme viene automaticamente espulso.
 


Ecco come è possibile aderire al manifesto
 
L’adesione avviene tramite la compilazione di un form nel quale indicare tutte le informazioni relative alla propria attività. "Abbiamo reso pubblico al Teatro Biondo l’elenco dei sottoscrittori – spiega ancora il comitato – che sono in maggioranza di Palermo ma ben presto, anche grazie al sostegno della Fai, la Federazione antiracket italiana, ne aderiranno molti altri da tutta Italia".
Il manifesto può essere sottoscritto anche dai professionisti non iscritti agli albi, dai dipendenti pubblici o privati, dai laureati ed i diplomati in materie professionali (geometri, ragionieri, periti ….), dagli insegnanti e da tutti coloro che svolgono un’attività professionale individuale. Un’idea che si sposa bene con il pensiero di Giancarlo Maria Bregantini, il sacerdote trentino di origine, calabrese di adozione, noto all’Italia come il vescovo delle cooperative del riscatto della Locride, nate nelle terre confiscate alla mafia.
Bregantini, nel libro "Il nostro sud in un paese reciprocamente solidale", scritto con il giornalista Paolo Loriga, racconta un Sud in cui lavorare senza avere a che fare con la criminalità organizzata è una scelta etica a volte dolorosa. Quel lavoro che al sud quando c’è è spesso nero, o grigio. Quel lavoro che a volte va eticamente rifiutato.

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