Quando il pesce costa tre volte di più - QdS

Quando il pesce costa tre volte di più

Angela Carrubba e Melania Tanteri

Quando il pesce costa tre volte di più

giovedì 16 Luglio 2009

Mercato ittico. Speculazioni nella filiera e frodi.
Settore in fermento. Nonostante la Sicilia sia terra di pescatori dal mare alla tavola i prezzi sono sempre elevati. I pescatori vendono a poco, ma in bottega il prezzo è alto.
Filiera corta. Conviene davvero comprare dal pescatore? I rischi ed i trucchi di chi vende “pesce vivo” ed i modi per difendersi. L’obbligo di etichettatura trasparente e completa

CATANIA – Negli ultimi mesi in Sicilia c’è stato un gran fiorire di convegni, forum e incontri sul settore della Pesca e delle sue necessarie e improrogabili riforme. Ogni giorno i responsabili di questo settore produttivo (armatori, pescatori e istituzioni) dicono la loro: sulla vetustà della flotta, sugli investimenti tecnologici, sugli accordi tra Paesi, sulle “filiere” lunghe o corte, sugli aspetti legati all’alimentazione, sui controlli del prodotto.
In mezzo a questo tourbillon di iniziative, ci sono molte domande che vengono dai consumatori finali: perché il pesce costa tanto? A chi si deve credere quando si parla di prezzo del pesce? Hanno ragione i pescatori (che dicono di vendere a niente) o hanno ragione i negozianti sotto casa (che parlano di prezzi elevati ai mercati generali)? L’ aumento del prezzo dipende dalla varietà venduta oppure sono i produttori-pescatori che “fanno” il prezzo finale?
Nella tabella riportiamo a titolo di esempio i prezzi di due specie di pesce fresco. Il prezzo del pescato varia a seconda di dove questo viene venduto: a Catania, ad esempio, la filiera è sufficientemente corta se si acquista al mercato del pesce. Il prezzo di vendita nella bottega, invece, aumenta di circa il 40 per cento, così come aumenta presso la grande distribuzione, in base alla quantità e al periodo dell’anno. Ci possono essere differenze più elevate tra vendita in banchina e vendita in bottega se si considera il prezzo del pesce venduto in banchina a fine giornata che si può abbassare fino alla metà del prezzo in bottega.
La vendita in banchina, che nella città etnea si effettua presso il Porto di Ognina o nei porti di Acitrezza e Capomulini, è preferita da numerose persone per la certezza della provenienza del pescato.
Sembra di poter dire, dunque, che il prezzo finale dipenda dalla cifra alla quale il pesce viene acquistato al mercato generale, dove i pescatori rispondono alla domanda del giorno “battendo” all’asta il proprio quantitativo. E, come in ogni mercato, vince il più forte.
 Chi è disposto a pagare di più per avere il pesce “vivo” (generalmente ristoranti rinomati) acquista direttamente da un pescatore che lavora solo per lui.  In questi casi il prezzo finale lo fa il compratore (e non il pescatore), e dipende da fattori legati alla specie più o meno pregiata del pesce, al periodo dell’anno, al tipo di cliente e soprattutto dalla quantità che si è disposti a comprare.
Da quanto detto fino ad ora, nella filiera, nel caso di Catania, il prezzo del pescato aumenta in due occasioni: una prima volta al mercato generale, in cui le variabili sono date dal mercato (legge della domanda e dell’offerta), e in un secondo momento, presso la vendita al dettaglio nelle botteghe.
Per quanto riguarda la vendita in banchina, invece, non sembra che il consumatore finale la scelga per una questione di prezzo. Il consumatore che sceglie la vendita diretta, lo fa per essere sicuro della freschezza e della provenienza.La Guardia Costiera avverte, però, di stare attenti ai prezzi troppo bassi praticati direttamente al porto: spesso, infatti, il pesce venduto come fresco, in realtà è decongelato in mare e poi venduto come appena pescato.

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