Le imprese siciliane toccano il fondo - QdS

Le imprese siciliane toccano il fondo

Michele Giuliano

Le imprese siciliane toccano il fondo

martedì 01 Novembre 2011

Cala il numero delle imprese attive: flessione del 3,7 rispetto al 2007, il punto più alto del ciclo economico precedente. Lo dice uno studio di Ucid e Cciaa: “Crisi senza precedenti peggiore di quella del 2007”

PALERMO – Le imprese in Sicilia boccheggiano. Lo conferma uno studio dell’Ucid, l’Unione cristiana imprenditori e dirigenti, in collaborazione con la Camera di Commercio.
Lentezza della pubblica amministrazione, carenza di investimenti in tecnologie avanzate così come nelle infrastrutture, inadeguatezza delle leggi sugli appalti: sono le maggiori problematiche evidenziate dalle imprese nel settore del Commercio. Una battuta d’arresto senza precedenti. Così si esprimono gli studiosi riguardo alla crisi con cui si confronta in questi anni l’economia dell’Isola. Una delle maggiori mai sofferte nel suo lento percorso di sviluppo.
Cala il numero delle imprese attive che sino al 30 settembre scorso erano 380.470 (prevalentemente di piccole dimensioni) con una flessione del 3,7 per cento rispetto al 2007, considerato il punto più alto del ciclo economico precedente. Le imprese di servizi rappresentano la parte più consistente (il 55 per cento del totale) che impiegano in media meno di tre addetti. Diminuiscono anche le imprese registrate che sino a un mese fa erano il 3,3 per cento in meno rispetto a quattro anni fa. Fra le imprese con sede legale in Sicilia sono poco più di 4.000 quelle che dichiarano un fatturato superiore a un milione e mezzo di euro.
“Palermo vive una situazione disastrosa – commenta Roberto Helg, presidente della Camera di Commercio di Palermo -. L’anno scorso registravamo una certa vivacità nel tessuto delle micro imprese, oggi si è fermato anche quello; se prima le aziende, anche i grossi gruppi di vendita, assumevano in funzione del fatturato, oggi di fatturato nemmeno si parla e tengono il personale in base ai metri quadri della superficie di vendita. E in questo scenario l’Ente Bilaterale provinciale del Terziario è continuamente impegnato nel sostegno a reddito”.
 
Ma c’è anche una nota positiva. “Nell’ultimo triennio – dice Adam Asmundo, responsabile analisi economiche Res – una parte di queste imprese si è mossa in controtendenza, registrando incrementi di fatturato, nuovi investimenti e assorbendo nuova occupazione”. Ma il mercato occupazionale continua a registrare flessioni dell’occupazione dovute alla ridotta domanda di lavoro da parte delle imprese. La disoccupazione colpisce soprattutto i giovani e le donne in cerca di prima occupazione. “L’emigrazione intellettuale è un fenomeno particolarmente grave per la società siciliana – dice Alessandro Scelfo, presidente del gruppo Sicilia dell’Ucid – non solo perché la indebolisce nella sua parte più giovane e qualificata, ma soprattutto perché mina i presupposti di un avanzamento generazionale, in termini professionali, imprenditoriali e di classe dirigente”.
Lo studio quindi fotografa una situazione preoccupante. La flessione riguarda sia i lavoratori dipendenti sia gli autonomi, in gran parte delle province siciliane. Uniche eccezioni Enna e Siracusa per effetto della crescita dei servizi e a Ragusa per l’aumento dei dipendenti in agricoltura. Tra le proposte di intervento una rivisitazione delle leggi sugli appalti e un riesame della normativa che regola gli acquisti di beni e servizi da parte delle amministrazioni regionali e degli enti collegati.
 


L’approfondimento. L’antidoto in una riserva di appalti per microimprese

Le associazioni di categoria hanno anche avanzato un’altra idea innovativa per contrastare la crisi: una riserva di appalti a favore delle microimprese che rappresentano il 97 per cento delle imprese dell’Isola. Nell’ambito del commercio di prodotti per l’edilizia, gli imprenditori sottolineano che l’attività costruttiva risulta frenata dai ritardi della pubblica amministrazione e da oneri concessori troppo alti. “È dal 1990 che a Palermo non si realizza un intervento di trasformazione urbana – dice Massimo Maniscalco, presidente della sezione di Palermo dell’Ucid.  – Noi imprenditori vogliamo scendere in campo proponendo un percorso che abbia obiettivi misurabili, ovvero che possano essere facilmente verificabili”. Anche la Confcommercio conferma lo stato di crisi specie nel settore del commercio. è stato notato un vero e proprio spostamento dell’area commerciale, che non riguarda più né via Maqueda, né via Roma. Basti pensare che nella prima le saracinesche abbassate sono 36, mentre lungo corso Vittorio Emanuele sono 15. Quasi 20 in via Roma. ‘’In via Libertà e in via Ruggero Settimo – commenta il presidente Confesercenti Sicilia, Giovanni Felice – non ci sono locali chiusi. Questo dimostra che l’area dello shopping si è spostata a Palermo e che iniziative come l’isola pedonale in via Roma la domenica, non funzionano del tutto”.
 

 
Da decenni si riscontrano sempre gli stessi problemi, cronica assenza di infrastrutture: se ne parla dal ‘46
 
PALERMO – Gli stati generali della piccola e media impresa sono stati convocati dalla Camera di Commercio di Palermo e dall’Ucid per affrontare lo scottante tema della crisi, da più parti definita come una delle peggiori mai sofferte per il suo lento percorso di sviluppo, che sta attanagliando, ormai da diversi anni, le imprese, analizzarne le principali cause e cercare plausibili vie per uscirne quanto prima.
“La situazione, oggi, delle imprese palermitane – ha detto Roberto Helg, presidente della Camera di Commercio di Palermo – è disastrosa. I dati del terzo trimestre ci dicono che anche le imprese che lo scorso anno ci hanno fatto ben sperare hanno arrestato il proprio processo di crescita e la situazione non fa che peggiorare. A queste condizioni molte imprese saranno costrette a chiudere”.
Proprio la questione politica è caduta molte volte al centro del dibattito, con toni spesso molto critici nei confronti delle misure prese tanto dal Governo nazionale, quanto da quello regionale e cittadino. “La nostra classe politica – ha spiegato Barbara Cittadini, vicepresidente di Confindustria Sicilia – è distratta in attività autoreferenziali nocive allo sviluppo. Come può un Governo pensare al consenso quando si vive una crisi globale che non accenna a placarsi? In Sicilia e nel mezzogiorno mancano le infrastrutture, ma questa era anche la situazione riscontrata da Saraceno nel ‘46, non possiamo avere sempre gli stessi problemi a distanza di decenni. Gli imprenditori, per crescere, necessitano di un terreno fertile. I giovani, ai quali la politica sta negando un futuro e che sono spesso costretti ad emigrare, sono una bomba ad orologeria pronta ad esplodere”. E ancora “Soltanto sostenendo le imprese nel mezzogiorno  – ha aggiunto il sociologo Antonio La Spina – si sarebbe potuto colmare il divario tra nord e sud. Questo non è stato un pensiero fisso dei policy makers nazionali o locali, troppo impegnati nella ricerca del consenso e ciò anziché favorire lo sviluppo ha aiutato il sottosviluppo, poiché non possiamo riscontrare nei nostri territori né un rigoglio dell’impresa, né tantomeno un’attrattività che spinga le imprese esterne ad investire da noi. Bisognerebbe valorizzare la classe creativa e rimuovere ostacoli disincentivanti come la lentezza del sistema giuridico civile”.
Durante il dibattito è stato anche presentato un dossier informativo contenente uno studio con l’obiettivo di analizzare in dettaglio le principali caratteristiche evolutive della fase congiunturale che stiamo attraversando, dal quale sono emersi dati significativamente preoccupanti. Il progressivo decadimento dal 2007 a questa parte del Pil, che solo ora sta avendo una leggera ripresa dovuta per lo più ad un fenomeno chiamato “rimbalzo tecnico”, un allargamento della fascia media di reddito, gradualmente trasformatasi in medio bassa e un assottigliamento del novero dei percettori di redditi più alti con pesanti ripercussioni sulla domanda aggregata, le sistematiche flessioni dell’occupazione con donne e giovani in cerca di prima occupazione soggetti maggiormente colpiti ed una nuova ondata di emigrazione che coinvolge sempre più spesso fasce di giovani diplomati e laureati sono i dati che preoccupano maggiormente gli studiosi.
 Unico dato positivo la minore vulnerabilità dell’economia siciliana dovuta ad una specializzazione della stragrande maggioranza delle imprese in produzioni tradizionali o mirate al mercato interno della regione, soffrendo solo in minima parte la presenza di una concorrenza estera. Per far pronte a queste ed altre importanti criticità come la crescente impossibilità di accesso al credito, gli imprenditori sono stati unanimi nel chiedere soluzioni concrete come il credito di esercizio per i contratti previdenziali, l’istituzione di un fondo di garanzia. “La ricetta per uscire da questa crisi – ha concluso la Cittadini – comprende la diminuzione della pressione fiscale, la diminuzione del costo del lavoro, la lotta al lavoro sommerso, lo snellimento della burocrazia e l’incremento dell’innovazione. Bisogna investire nelle nostre risorse locali come l’artigianato, la moda o le esclusività come il mandarino tardivo di Ciaculli e non sul precariato. Il futuro è una scelta, non una fatalità”.

Gabriele Ruggieri

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