Asili nido, da diritto a privilegio - QdS

Asili nido, da diritto a privilegio

Liliana Rosano

Asili nido, da diritto a privilegio

venerdì 18 Novembre 2011

Col Piano Nidi stanziati dal Governo 88,3 mln di euro per incrementare la copertura del servizio su tutto il territorio siciliano. Obiettivi di Servizio 2013: standard minimo di fruizione pari al 12%. La Sicilia non va oltre il 5%

PALERMO –  88, 3 milioni di euro con l’obiettivo di arrivare ad una copertura quanto più estesa nel territorio siciliano. è questo il piano nidi 2007-2010 stabilito dal Dipartimento per le politiche della Presidenza del Consiglio. Si tratta di finanziamenti destinati alle regioni italiane per l’apertura di asili nido che siano in grado di soddisfare l’esigenza della popolazione. La Sicilia è, insieme ad altre regioni meridionali (in testa la Campania), la Regione che ha ricevuto più finanziamento.
 
Secondo il Rapporto per le aree sottoutilizzate, curato su basi Istat, in Italia c’è una copertura disomogenea del territorio con ampie zone in cui il servizio all’infanzia è presente e rilevanti concentrazioni territoriali, in cui il servizio all’infanzia manca. Nell’Isola si registra una copertura del 30% degli asili nido ed una fruizione del 5 per cento della presa a carico degli utenti.
 
Un dato che si colloca al di sotto della media di altre regioni (come l’Emilia con il più elevato tasso di copertura e fruizione, si parla del 90 per cento) e non ancora in linea con gli Obiettivi di Servizio che hanno fissato un target al 2013 per le regioni del Mezzogiorno pari al 35 per cento per quanto riguarda i comuni che devono attivare i servizi e del 12 per cento della presa in carico di utenti da parte dei servizi attivati. I dati evidenziano come copertura territoriale e fruizione del servizio non necessariamente si “muovano” insieme: ad una buona copertura territoriale non sempre corrisponde una elevata fruizione da parte degli utenti e viceversa.
Concentrando l’attenzione nelle regioni meridionali si evidenzia la forte disomogeneità di andamento dei due indicatori: in Campania, dove all’alta copertura territoriale corrisponde un basso numero di utenti e l’offerta è dominata da associazioni di Comuni e da un’elevata presenza di servizi integrativi ed innovativi; in Sardegna, al contrario, l’alto numero di bambini che fruisce del servizio si rivolge a strutture gestite direttamente dai singoli Comuni non in forma associata e la presenza di asili nido tradizionali rispetto ai servizi integrativi ed innovativi rispecchia essenzialmente la media italiana pari, rispettivamente, a circa 80 e 20 percento  L’analisi della spesa media per utente sostenuta dai Comuni nel confronto con il numero di utenti che utilizzano il servizio evidenzia per la Sicilia una spesa di 3 mila euro l’anno per bambino che rientra nella media nazionale.
 
Mentre Lazio, Liguria, Campania e Trento registrano una spesa unitaria particolarmente elevata,superiore agli 8 mila euro/anno per bambino preso in carico (con una punta che raggiunge quasi i 12 mila euro/anno nel Lazio), contro una media nazionale di poco inferiore ai 6 mila euro/anno. Ma in Sicilia sembra riscontrarsi un altro problema: l’alta percentuale (42%) dei bimbi che non riesce ad accedere agli asili nido comunali per la poca disponibilità dei posti, liste d’attesa, prezzi alti.
Lo rileva un’indagine di Cittadinanzattiva, che evidenzia come dal 2005 a oggi le tariffe degli asili nido sono aumentate in media del 4,8%. Inoltre dai dati del Viminale relativi al 2009, emerge che il numero degli asili nido comunali ammonta a 3.424 (-0,4% rispetto al 2008) con una disponibilità di 141.210 posti (+0,8% rispetto al 2008). Il 25% dei richiedenti rimane in lista d’attesa.
La Calabria è la regione più economica (110 euro), mentre la Lombardia e la Valle D’Aosta sono le più costose con non meno di 400 euro di spesa media. Nella top ten delle dieci città più care, tra quelle che offrono il servizio a tempo pieno, si confermano, rispetto al 2009/10, Lecco, Belluno, Sondrio, Bergamo, Mantova, Cuneo, Forlì, Udine e Pavia, mentre Pisa subentra a Treviso. Nella graduatoria delle dieci città meno care, prevalgono le realtà del centro-sud. In assoluto, la città più economica risulta Catanzaro, seguita da Vibo Valentia, Cagliari e Roma.
Le cose cambiano da paese a paese e in una provincia, la spesa mensile media per il tempo pieno può avere costi anche tre volte superiori rispetto a un’altra provincia, e doppi tra province di una stessa regione. A Lecco per esempio la spesa per la retta mensile raggiunge i 537 euro ed è sei volte più cara rispetto a Catanzaro (80 euro), il triplo rispetto a Roma (146 euro) e più che doppia rispetto a Milano (232 euro).
In Veneto, la retta più cara, in vigore a Belluno (525 euro al mese per il tempo pieno) supera di 316 euro la più economica registrata a Venezia. Così come nel Lazio la retta che si paga a Viterbo (396 euro) supera di 250 euro la più economica registrata a Roma. Al sud in Puglia tra la retta di Foggia (368 euro) e quella di Bari la differenza è di 179 euro.
 

 
Servizi socio-educativi per i bambini
 
ROMA – Il Piano straordinario per lo sviluppo del sistema integrato dei servizi socioeducativi per la prima infanzia (Piano Nidi) è stato previsto dalla legge finanziaria 2007 (legge 296/2006) e poi definito dalle Intese in Conferenza Unificata del 26 settembre 2007 e del 14 febbraio 2008 con la finalità di incrementare i servizi socioeducativi per i bambini da zero a tre anni.
Tra le gli obiettivi del Piano vi è l’avvio del processo di definizione dei livelli essenziali, il rilancio di una strategia di collaborazione tra istituzioni, la riduzione dei divari tra Nord e Sud del Paese e l’avvicinamento agli standard europei.
Per il triennio 2007-2009 il Piano Nidi ha previsto un finanziamento statale pari a 446 milioni di euro a cui si sono aggiunti circa 281 milioni di cofinanziamento locale, per un totale di 727 milioni di euro.. Sulla base dei dati di monitoraggio emerge che sono state impegnate tutte le risorse statali del triennio 2007-2009 e di queste l’88 per cento, ovvero 392 milioni di euro, è stato erogato alle Regioni e province autonome dal Dipartimento per le politiche della famiglia.
Concluso il triennio 2007-2009, è stata siglata in Conferenza Unificata il 7 ottobre 2010 la nuova Intesa 2010, relativa al riparto a favore delle Regioni di 100 milioni del Fondo per la famiglia per lo sviluppo del sistema integrato dei servizi per la prima infanzia.
 

 
Fondamentale la presenza di insegnanti affidabili e preparate
 
Oggi, per le mamme che lavorano mandare un figlio all’asilo nido (affidabile con insegnanti serene e preparate, commento obbligatorio dopo gli incresciosi avvenimenti), diventa necessario. Proprio per questo i costi e le liste di attesa non dovrebbero essere un problema, ma lo sono. Cittadinanzattiva-Osservatorio Prezzi & Tariffe, 2011 con un dossier ha evidenziato i punti fondamentali: caro rette e liste di attesa. Usufruire del servizio di un asilo costa in media 302 euro al mese e se si considerano 10 mesi la spesa annua di una famiglia è toccata da più di 3.000€. Il calcolo è stato valutato in base alle ore: tempo pieno circa 9 e tempo ridotto per 5 giorni a settimana.  Nel 2010/11, 26 città hanno incrementato le rette di frequenza, e 5 capoluoghi registrano incrementi a due cifre: Foggia (+54,6%), Alessandria (+24,3%), Siracusa  (+20%), Caserta (+19,5%), Catanzaro (+19,4%). In Sicilia si spendono in media 203 euro. Mentre le liste di attesa, su monitoraggio del Ministero degli Interni, si aggira  in media al 25% dei richiedenti. Il poco edificante record va alla Sicilia con il 42% di bimbi in lista di attesa, seguita da Toscana e Puglia (33%). Fra le città meno care? La città più economica oltre  Catanzaro c’è Roma. (Margherita Montalto)

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