Imprese: produzioni in eccesso mettono il freno allo sviluppo - QdS

Imprese: produzioni in eccesso mettono il freno allo sviluppo

Massimo Mobilia

Imprese: produzioni in eccesso mettono il freno allo sviluppo

sabato 03 Dicembre 2011

Rapporto 2011 “Impresa e competitività” sulle imprese delle regioni del Sud a cura di Srm e Obi. Sotto analisi la capacità produttiva di manifatturiero, edile, turismo, e Itc

PALERMO – Riprendiamo in mano il Rapporto 2011 "Impresa e Competitività" sulle imprese delle regioni del Sud, elaborato dalla Srm – Studi e Ricerche per il Mezzogiorno – e dall’Obi – Osservatorio Regionale Banche, Imprese di Economia e Finanza – per entrare nel merito della capacità produttiva dei quattro principali settori di mercato: manifatturiero, edile, turismo, informatica e telecomunicazioni (Ict).
La scorsa settimana evidenziavamo come in Sicilia, tra il 2009 e il 2010, si era registrato un tendenziale calo degli ordini con conseguente ribasso dei fatturati, soprattutto nell’anno in corso. Una crisi che ha determinato anche l’aumento del numero di imprese con capacità produttiva eccedente, di un punto percentuale nel manifatturiero, di 3,9 punti nell’Ict e del 6,4% nelle costruzioni, il comparto che ha sofferto di più. In sostanza, la merce invenduta supera, come ormai costantemente dal 2008, gli ordini e i consumi, e le aziende si vedono costrette ad utilizzare meno gli impianti per rispondere in maniera più adeguata alle richieste del mercato.
Discorso a parte per il turismo, dove è sensibilmente aumentata la capacità di assorbimento della domanda, con il 17,2% di imprese in più rispetto al 2009 che hanno dichiarato una capacità produttiva adeguata. 
Inutile dire che in un simile scenario di crisi generale le imprese sono state e continuano ad essere poco propense ad investire, strategia che invece, anche a detta dei tecnici che hanno elaborato il Rapporto, dovrebbe costituire il primo passo per uscire dalla recessione e tenere il passo della concorrenza sul lungo periodo. Ci si è limitati, al contrario, nella maggior parte dei casi, ad interventi improrogabili quali il rinnovo dei locali e delle attrezzature. Si cerca di contenere i costi, soprattutto nel caso delle piccole e medie imprese, mostrando così una visione "miope": si scelgono strategie di investimento in grado di raggiungere un vantaggio immediato, restando ancorati ad un modello competitivo obsoleto, che allontana innovazione e qualità.
Vediamo così che in Sicilia, dal 2009 al 2011 sono sempre meno le imprese propense ad investire: il 12,6% in meno nel manifatturiero, il 20% in meno nel settore edile e addirittura il 37,3% in meno nel turismo. L’Ict, invece, dopo il calo del 14,7% nel 2010, si prevede che recupererà alla fine di quest’anno il 2% di aziende intenzionate ad investire.
Di fronte a questa stagnazione, gli imprenditori sono stati costretti a rivedere i propri organici aziendali, mettendo mano ai temuti licenziamenti. Malgrado il numero delle imprese disposte a ridurre il proprio organico è sembrato scendere progressivamente dal 2009 a oggi, nello stesso periodo sono cresciute però le aziende che non hanno voluto assumere cercando di mantenere lo stesso numero di addetti. Tutti i settori hanno così registrato un saldo negativo, del 13,8% nel manifatturiero e nell’Ict, del 25% nelle costruzioni e dell’11,5% nel turismo. A fine 2011 queste percentuali dovrebbero scendere tutte tra i due e i tre punti percentuali, in uno scenario leggermente migliorato.
Il fenomeno della contrazione del numero degli occupati ha assunto in Sicilia dimensioni maggiori rispetto a quanto non sia accaduto per il Mezzogiorno nel suo complesso, secondo l’analisi del Rapporto che trova conferma nei dati della Banca d’Italia, secondo cui il tasso di disoccupazione siciliano è risultato il più elevato tra le regioni italiane. In base ai dati forniti dall’Istat, l’occupazione in Sicilia, nella media del 2010, si è ridotta per il quarto anno consecutivo con una variazione negativa in peggioramento (-1,7%, rispetto a -1,1% nel 2009) in tutti i settori, con la percentuale più grave nelle costruzioni (-9,5%). A rimetterci sempre i più deboli: impiegati e operai.
 

 
Licenziamenti. Tagli maggiori a Trapani, Agrigento e Siracusa
 
Focalizziamo l’attenzione sulla prima industria dell’Isola, il turismo. A passarsela meglio, secondo il Rapporto, in termini di capacità produttiva, nel 2010 sono state soprattutto le imprese delle province di Siracusa, Catania e Caltanisetta; maggiore inadeguatezza della capacità ricettiva è stata riscontrata invece ad Agrigento e Messina.
Dinamiche rimaste però scollegate alle manovre di tagli al personale che, se coincide nel caso delle imprese agrigentine (il 30% ha ridotto l’organico), ha toccato le punte massime nel nisseno (43%) e nel siracusano (33%). 
Tant’è vero che Agrigento e Siracusa si confermano tra le province con la più alta quota di tagli al personale considerando tutti i settori produttivi, rispettivamente col 33 e 44 per cento, battute solo da Trapani, con il 50% dei casi.
L’unico lembo regionale in cui gli ampliamenti di organico hanno superato i licenziamenti è stata la provincia di Messina.
Rispetto al resto del Mezzogiorno, in Sicilia si è registrato anche un atteggiamento più cauto tra le imprese di costruzioni e quelle di servizi Ict, non riuscendo a prevedere gli andamenti del mercato. Nelle altre regioni, infatti, puntando su un maggior sfruttamento della capacità tecnica/produttiva, hanno raggiunto livelli più adeguati agli ordini.
Sul fronte investimenti, invece, hanno risentito meno della contrazione dei consumi le imprese alimentari, del tabacco, raffinerie di petrolio e prodotti chimici.
Al contrario, crisi nera per tessile e conciario.

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