Il volontariato tra burocrazia e fiscalità. Ricavi, proventi e deducibilità - QdS

Il volontariato tra burocrazia e fiscalità. Ricavi, proventi e deducibilità

Chiara Borzi

Il volontariato tra burocrazia e fiscalità. Ricavi, proventi e deducibilità

sabato 14 Gennaio 2012
Le cinque formule di volontariato rappresentano un’insieme di attività svolte da enti non commerciali, privati o pubblici, che possono sfruttare al pari degli enti economici la possibilità di ottenere ricavi, proventi e deducibilità per sostenere la propria attività secondo i limiti stabiliti dal Codice Civile.
 
In merito al tema delle “entrate” dobbiamo distinguere tra quelle ammissibili e quelle non ammissibili e partendo da questo presupposto, è necessario ricordare che la legge, con la sua azione, circoscrive un unica via da percorrere per ottenerle, quella delle donazioni. Ricavo e proventi sono i due argomenti che più si riferiscono a questo aspetto. Tecnicamente per ricavo si intende il denaro che si trae dalla vendita, o rivendita, di un prodotto o da una prestazione e simili. E’ ancora ricavo ogni acquisizione di ricchezza ottenuta dallo scambio di beni o servizi e considerata come reintegrazione, totale o parziale, dei costi sostenuti per la loro produzione (ricavo lordo) o il valore della ricchezza acquisita a cui vengono sottratte tutte le spese sostenute (ricavo netto). Onlus ed enti di volontariato, godendo di maggiori agevolazioni , possono ottenere dei ricavi ma sarà cura del legislatore evitare che questi siano irregolari perché ottenuti da una concorrenza sleale che naturalmente si viene a creare praticando attività simili a quelle svolte dagli esercizi commerciali ma avendo tanti sgravi.
 
Ecco perché la legge ricorre alla logica della donazione (art5, legge maggio 1995). Questa via è obbligatoria ogni qual volta l’ente di volontariato decide di inserire il vincolo economico tra sé ed il contraente. Così facendo subisce l’azione di garanzia dell’Agenzia delle Entrate, tra l’altro particolarmente severa nel compito di controllo. Stesso discorso vale per i proventi, ossia la possibilità da parte di un ente pubblico o privato di ottenere utile economico ricavato da qualsiasi fonte di guadagno (professione, attività commerciale, beni immobili, imposte ecc.).
In questo caso la legge ammette, con la circolare 168 del 1998, la possibilità di distribuire depliant, di organizzare campagne di sensibilizzazione ma vieta la sponsorship e il co-branding, ossia la promozione di un prodotto legato all’immagine dell’ente di volontariato. Negli ultimi anni l’Agenzia ha lasciato libero spazio alle raccolta fondi, pur limitandole con procedure complesse di approvazione e negando rapporti per corrispettivi.
In tema di deducibilità, tassazione e fiscalità, il volontariato mostra di avere un rapporto particolare con le tasse. L’Iva è un caso complesso. Questa imposta diventa imponibile solo nei casi in cui si è di fronte ad attività commerciali e secondo la legge le Agenzie del Terzo Settore lo sono perché considerate come categoria di consumatori.
In alcuni casi, sempre previsti per legge, si può essere soggetti all’Iva ma non all’Ires (come nelle convenzioni) o viceversa. In altre ancora si può essere esclusi da entrambe le imposte come accade per le associazioni di volontariato quando rispettani gli organi statutari e a quelli dell’Eas.
Dunque, secondo tutti questi limiti e queste possibilità, le cinque formule di volontariato possono proporre le loro iniziative.
Tra di esse la raccolta fondi occupa un posto particolare, forse privilegiato, nell’attività di volontariato. Essa consiste in un’attività pubblica, fatta per lo più in luoghi centrali del territorio, promossa per ottenere contributi spontanei che aiuteranno la o le cause promosse dagli enti. Quest’attività deve essere organizzata in concomitanza a giornate di sensibilizzazione o eventi e non ha un limite di durata giornaliera a cui dover adempiere una volta rispettato l’obbligo di occasionalità della raccolta durante l’anno. Il beneficio nella raccolta fondi è doppio: lo è in termini di visibilità, notevole nelle piazze pubbliche, lo è in termini di fiscalità, perché le attività di raccolta sono chiaramente esenti dal pagamento dall’Iva.
Il legislatore favorisce quindi queste iniziative, ponendo comunque dei paletti riguardanti i costi amministrativi e la burocrazia. Riguardo il primo aspetto, essi devono essere molto ridotti e sul tema burocrazia è obbligatorio stilare un rendiconto finanziario entro quattro mesi dal termine della raccolta.
L’uso sempre più massiccio dei telefoni cellulari ha dato il là ad un nuovo tipo di raccolta, quella tramite sms solidali.
Un’attività in questo senso è considerata utile nei casi di emergenze umanitarie o in generale di fronte al bisogno di aiuti che devono giungere tempestivamente a chi ha bisogno. Le Agenzie del Terzo settore regolano l’utilizzo di questo tipo di iniziativa e tutelano i donatori che la utilizzando, rendendo nota la differenza tra ente collettore, che raccoglie, ed utilizzatore, che agisce direttamente sul campo.
Lotterie, tombole e pesche rappresentano un’altra alternativa a raccolte fondi ed sms solidali, ma i limiti sono probabilmente ancora più rigidi.
Nel primo caso e nel terzo il ricavo non deve superare i 51.645,69 euro, per le tombole meno di 12.911,42. In merito all’estensione dell’attività all’interno del territorio, la lotteria è l’unica ad avere scala provinciale, le pesche hanno addirittura solo diffusione comunale. Per organizzare uno di questi eventi è necessario interpellare il Monopolio di Stato attraverso i suoi distaccamenti provinciali, comunicando l’evento almeno 30 giorni prima della data programmata, previo aver già ottenuto il nulla osta di Prefetto e Sindaco, che a loro volta avranno ottenuto il benestare dell’Aams. Entro il 16 del mese successivo all’organizzazione dell’evento, l’ente deve versare il 10% del valore dei premi messi in palio. Se solo una di queste disposizioni viene violata si rischia un anno di carcere.Reso chiaro tutto ciò è bene ora approfondire il concetto di bilancio.
In tema di volontariato l’accezione è rivolta soprattutto ed ancora una volta all’aspetto economico: l’obbligo di redigere il famoso rendiconto, di rispettare le scadenze prescritte, collocare le entrate provenienti dalle attività svolte, è senza dubbio la prima garanzia di trasparenza che permette di riconoscere immediatamente il bilancio di un’attività di serio volontariato, lontano da fini lucrosi.Inutile nascondere che oneri e proventi rappresentano, negli immaginari distorti, dei modi facili per ottenere denaro. In realtà essi sono il riconoscimento da parte dello Stato del valore materiale dell’attività promossa dalla Onlus o la Ong.
Oggi, a pari passo con l’evoluzione che sta subendo l’economia, la legge si è modificata riconoscendo nel volontariato una nuova voce da mettere in bilancio, quella del valore del lavoro del volontario stesso.Il no profit è organizzazione fatta da uomini verso altri uomini, è promossa dalla società per la società e per questo la legge è obbligata a regolarla costretta dalla propria funzione sociale. Il compito più difficile è però perfezionarsi quando i tempi cambiano.
Un bilancio positivo per una no profit non sarà quindi soltanto un calcolo su un foglio dal valore positivo nato da una buona attività di promozione nel rispetto della legge, ma la consapevolezza d’aver ottenuto un nuovo o aver ripristinato un vecchio equilibrio all’interno di quegli ambiti della società a cui le cinque forme di volontariato, attraverso questi mezzi, si rivolgono.

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