Inquinamento chimico delle acque, l'Ue stringe le maglie - QdS

Inquinamento chimico delle acque, l’Ue stringe le maglie

Rosario Battiato

Inquinamento chimico delle acque, l’Ue stringe le maglie

venerdì 03 Febbraio 2012

Nel mirino 15 nuove sostanze che dovrebbe essere aggiunte all’attuale elenco di 33 inquinanti. Gli ultimi dati Arpa certificano come oltre la metà dei bacini isolani sia in uno stato "buono", il 2/% in stato "scadente"

BRUXELLES – L’Ue stringe le maglie del controllo sulle forme di inquinamento chimico delle acque continentali. La Commissione europea, su proposta del responsabile all’ambiente, Janez Potocnik, ha proposto ai ministri dell’ambiente europei di “aggiungere 15 nuove sostanze all’elenco dei 33 inquinanti che vengono già monitorati e controllati nelle acque fluviali, lacustri e costiere”. Le nuove norme potrebbero riguardare anche la Sicilia.
Tra le 15 nuove sostanze nel mirino Ue ci dovrebbero essere prodotti chimici industriali e sostanze utilizzate nei biocidi, nei prodotti fitosanitari e nei farmaci. Un giro di vite sulle sostanze considerate in grado di ridurre le capacità riproduttive dei pesci, “danneggiando altri organismi viventi”. Il commissario Potocnik, nel presentare la sua proposta, ha tenuto a precisare che proprio l’inquinamento idrico è “una delle principali preoccupazioni di carattere ambientale maggiormente citate dai cittadini”.
 
L’aggiornamento avverrà mediante una revisione della direttiva sulle sostanze prioritarie nel settore della qualità delle acque.
Per la Sicilia potrebbe essere l’occasione per impegnarsi nella cura di una maggiore qualità idrica dei corpi sotterranei. L’indagine eseguita dall’Arpa su 71 corpi idrici superficiali e riportata nel rapporto ambientale del Piano di gestione del distretto idrografico della Sicilia è alquanto significativa: il 55% dei corpi idrici ha uno stato ambientale “buono”, il 27% ha uno stato ambientale “scadente”, il 12% ha uno stato ambientale “particolare”, il 3% ha uno stato ambientale “sufficiente”, nessun corpo idrico ha uno stato ambientale “elevato”.
 
Poi c’è lo sfruttamento delle acque isolane per scopi idrici. Nel Piano regionale di tutela delle acque, approvato nel dicembre 2008, si certifica come “dei 700 pozzi presenti nel 1960 si è passati agli oltre 1100 dei primi del ‘90, con un più forte incremento nel settore orientale e con un aumento delle profondità, in connessione con la diminuita produttività”.
 
La ricerca di una maggiore produttività delle fonti ha portato ad una forma di quasi sfruttamento e proprio a causa di questo eccesso si è verificato un abbassamento delle falde maggiore, ad esempio, nei pressi di Acireale e Catania. Negli ultimi tre decenni il livello è sceso di 70 metri, diretta conseguenza dei prelievi che sono passati da 52 milioni di metri cubi all’anno a 120 milioni di metri cubi all’anno.
 
Altri dati sono arrivati, sempre dall’Arpa, nell’ultimo annuario dei dati ambientali pubblicato a dicembre con dati 2010. Secondo l’agenzia ambientale “è ripreso il trend negativo della percentuale di costa balneabile in Sicilia negli ultimi anni, che mostra nel 2010 una diminuzione della percentuale fino al 98.0% imputabile ad una lieve flessione dei valori per la provincia di Messina (dal 98.3% al 97.3%) ed una più consistente per quella di Siracusa".
 
Tuttavia si tratta, in entrambe le province, di "un aumento della costa controllata, a spese di quella precedentemente classificata come non controllabile”. Non va meglio sul fronte nei nitrati all’interno dei corpi idrici sotterranei. Durante il 2010 è stato monitorato un totale di 327 stazioni nei corpi idrici sotterranei significativi. Dall’analisi dei dati appare evidente come lo standard di qualità ambientale per i nitrati, pari a 50 mg/L, è superato solo in due province (Ragusa e Trapani).

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