Imprese e pubblica amministrazione: per la crescita occorre un cambio di rotta - QdS

Imprese e pubblica amministrazione: per la crescita occorre un cambio di rotta

Giovanna Naccari

Imprese e pubblica amministrazione: per la crescita occorre un cambio di rotta

mercoledì 08 Febbraio 2012

Tre azioni chiave: attrazione degli investimenti, sviluppo dei distretti produttivi, patrimonializzazione delle imprese

PALERMO – Rivoluzione culturale e riforme per creare ricchezza diffusa in Sicilia. Lo sostiene la commissione dei 18 “saggi” presieduta da Giovanni Puglisi, nelle le linee guida per lo sviluppo socio-economico dell’Isola, presentate la scorsa settima alla Presidenza della Regione.
L’organismo composto da accademici, esperti di economia e imprenditori, è nato due anni fa su richiesta del presidente Raffaele Lombardo. Un’idea che ha preso spunto dall’esperienza francese avviata dal presidente Sarkozy con la commissione Attali.
Con le dovute differenze, anche la commissione Puglisi ha individuato gli ostacoli che frenano lo sviluppo dell’Isola e le misure per rimuoverli. Intanto si parte da un “quadro socio-economico sconfortante”, con un tasso di occupazione che, nel secondo trimestre 2011, risulta “estremamente basso, al 43,0%, con una dinamica negativa dal 2008 e con un costante ed elevato differenziale di oltre 14 punti percentuali rispetto al Paese”. Il tasso di disoccupazione “fluttua tra il 13% e il 17% contro una media nazionale tra il 6% e il 9%”.
Il documento segnala l’insufficienza della produzione industriale (nel 2009 il 9,4% del valore aggiunto rispetto al 18,8% del dato nazionale). E la perdita, negli ultimi dieci anni, del contributo dell’agricoltura e della pesca al valore aggiunto complessivo, che passa dal 5% al 3,5% del 2009 (quota nazionale dal 2,8% all’1,8%). La Sicilia è fanalino di coda nell’export con poco più del 2,7% del valore complessivo esportato dall’intero Paese. Escludendo la quota derivante dall’industria della raffinazione, le esportazioni sono pari allo 0,92%. Un dato “davvero disarmante – scrive la commissione – per una regione che ha oltre l’8% della popolazione nazionale”.
I tassi di mortalità e natalità delle imprese risultano 7,5% e 8,4% (7,8% e 7,4% media nazionale). Ad imprese ad amministratori pubblici si chiede di modificare “il modus operandi, le prime più coerenti con lo scopo primario aziendale, cioè fare profitti attraverso l’assunzione del rischio, la seconda più efficiente e capace di creare le condizioni per rendere le imprese concorrenziali nei mercati globali”.
Le note dolenti accompagnano le infrastrutture dove la Sicilia è carente per quelle “prettamente economiche”, ovvero “stradali, pari a 84,1 (il dato italiano è normalizzato a 100), aeroporti (85,8), reti bancarie (69,4), impianti e reti energetico ambientali (65,0) e reti ferroviarie (59,0).
Al 31 agosto 2011, inoltre, risulta “molto basso” il livello di attuazione degli interventi comunitari cofinanziati dai fondi Fesr e Fse. Per il fondo Fse gli impegni di spesa si attestano al 21,63% del contributo complessivo, mentre i pagamenti sono al 4,31%, (media nazionale del 36,51% e del 15,29%). Per il fondo Fesr gli impegni di spesa sono al 37,63% e i pagamenti al 8,78% (media nazionale del 37,16% e del 11,24%).
La commissione individua tre azioni chiave per la crescita: attrazione degli investimenti, sviluppo dei distretti produttivi e patrimonializzazione delle imprese. Dalle azioni si diramano una serie di interventi che toccano la pubblica amministrazione (tecnologia, razionalizzazione degli uffici, valutazione dei dirigenti), l’imprenditoria (sviluppo e semplificazione), l’ambiente, l’università e la ricerca, la formazione, i beni culturali, la sicurezza e la legalità.
“Le azioni e gli interventi individuati – ha detto Puglisi – costituiscono una piattaforma su cui non soltanto istituzioni, ma anche altri attori sociali e cittadini possono confrontarsi”. Per il presidente Lombardo: “Avvalendoci della grande esperienza di questi uomini dell’economia, della cultura, dell’amministrazione della cosa pubblica, dobbiamo lavorare per sciogliere i nodi che rendono la nostra economia e il sistema regionale molto complicato e poco competitivo”.

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