Una politica di contrasto per una provincia difficile - QdS

Una politica di contrasto per una provincia difficile

Annalisa Giunta

Una politica di contrasto per una provincia difficile

giovedì 09 Febbraio 2012

Forum con Salvatore Patanè, Questore di Enna

Quali sono le criticità che contraddistinguono il territorio?
“Ormai sono questore di Enna da tre anni, un periodo utile che mi ha permesso di capire bene l’humus della provincia ennese e di agire meglio sul territorio conoscendo meglio la gente che abita il territorio, al di là della logistica che per questa provincia ennese è importante perché ha una sinergia tra bisogni, desideri e territorio. Non possiamo non pensare che una certa concausa di certi fenomeni che stanno nascendo e si sono presentati in maniera predominante dipendono dal territorio che non permette alcuna sosta e una tecnica di attenzione costante. Ogni paese ha la sua peculiarità come Racalbuto, Leonforte, Catenanuova e Troina, mentre il territorio che riguarda il Nord di questa provincia, che è quello di Nicosia, non risente di alcuni clamori degli altri paesi della provincia per la sua configurazione geografica. La mia difficoltà è di far stare tranquilla tutta la gente, che è composita e diversificata nel territorio, persone che vengono stimolate e arricchite da quello che il territorio è”.
Lei considera Enna un provincia difficile?
“Sicuramente si, è un provincia difficile perché dal punto di vista delinquenziale non ci facciamo mancare nulla, dalla delinquenza comune alla mafia titolata. In maniera particolare ha un assetto mafioso. La storia di questa provincia ha dimostrato che c’è e ha punto di riferimento a Catania. Non dimentichiamo che c’è anche l’appetito di cosa nostra palermitana, che pur essendo al momento dormiente, vede il territorio ennese interessante non solo perché confinate ma perché ha interessi rurali, agricoli o di espansione agricola nella futura edilizia, come succede a Villarosa, presidiata da Emanuello. Poi ci sono altri territori che presentano una delinquenza generica, come Barrafranca e Pietraperzia, o barbarica, come avviene per certi versi a Leonforte. Paesi quelli che ho menzionato che oggi hanno bisogno più di ieri di vita migliore e che i sindaci stanno cercando di dare al territorio. In questo contesto vi sono anche i reati legati allo spaccio di stupefacenti, dove stiamo attuando una politica sia di contrasto per chi spaccia, sia nei confronti dei genitori che dovrebbero essere più attenti ai loro figli, sia intervenendo nelle scuole nei confronti dei ragazzi. Non dimentico tra le difficoltà Piazza Armerina. I territori vanno attenzionati dalle forze dell’ordine, non solo dal punto di vista delinquenziale parlo anche degli scioperi che si sono svolti in questi giorni, delle frizioni sociali che possono nascere in seno alle realtà”.
Ha a che fare dunque con una realtà molto variegata…
“La realtà ennese è caratterizzata da un territorio abbastanza esteso e diversificato: Racalbuto viene attecchita da quel mondo che deriva dagli adraniti (gruppo Biancavilla) e dai brontesi, Piazza Armerina è una realtà completamente opposta a quella di Nicosia o di Catenanuova, quest’ultima presenta una realtà che si fa gestire da fuori e che imita atteggiamenti di violenza, dove può attecchire la cellula base che poi diventa di appetito mafioso, intendo la squadra.
“Piazza Armerina ha sempre voluto fare la concorrenza al mondo catanese sentendosi capace non solo di eguagliarne la briosità ma anche di superare quel territorio nel bene e nel male, parlo della genia delinquenziale tipica di Piazza che non risentiva dei flussi di Caltagirone. Negli ultimi tempi sono nati a Piazza tanti locali che attirano i giovani e diversi flussi economici che vanno comunque attenzionati”.
Sul tema della droga cosa ci dice?
“La droga è il minore dei problemi del territorio. Il problema principale è quello mafioso che va stroncato sul nascere per evitare che attecchisca sul territorio e poi diventi difficile da debellare cosi come era avvenuto negli anni ’90. Finora, con i tre commissariati di Piazza Armerina, Leonforte e Nicosia, siamo riusciti a contenere il fenomeno mafioso e a reprimere la delinquenza comune, quei micro reati che colpiscono il nodo più debole della società: donne e anziani. Noi non possiamo essere sicuri di contenere e far regredire dei reati che sono pericolosi per il nostro futuro, perché inficiano i giovani, se non abbiamo l’attenzione primaria di coloro che hanno l’obbligo di tutelare i giovani: famiglia e docenti. In particolare bisogna attenzionare il fenomeno dell’alcolismo che si sta diffondendo tra i giovani, e il bullismo”.
Come si contrasta il fenomeno mafioso?
“Innanzitutto con il buon esempio e cercando di guadagnare gli spazi acquisiti dalla mafia. La mafia non è solo acquisizione economica, ma anche sociale e mentale, riempie i bisogni della gente come un usuraio. La mafia quindi si può azzerare svolgendo il ruolo di cittadino con i diritti e i doveri e facendo in modo che il proprio figlio diventi cittadino. Prima di parlare di legalità bisognerebbe parlare di socialità”.
 

 
Curriculum Salvatore Patanè
 
Salvatore Patanè è nato a Catania dove ha conseguito la laurea in Giurisprudenza. Entrato nell’amministrazione della P.S. nel 1976, ha svolto servizio presso la Questura di Reggio Calabria, impegnato contro la n’drangheta. Le approfondite conoscenze della criminalità calabrese lo hanno portato a dirigere la Squadra Mobile della Questura reggina. Successivamente ha diretto il Commissariato P.S. di Acireale, la divisione Anticrimine della Questura di Catania, il Commissariato P.S. di Monza e il compartimento della Polizia Ferroviaria della Regione Calabria. Dal 2 febbraio 2009 è questore della provincia di Enna.

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