Mettere il territorio in sicurezza, un'occasione per l'occupazione - QdS

Mettere il territorio in sicurezza, un’occasione per l’occupazione

Rosario Battiato

Mettere il territorio in sicurezza, un’occasione per l’occupazione

venerdì 17 Febbraio 2012

Dal 2009 al 2011 i danni causati dal rischio nell'Isola sono stati quantificati in oltre 2 miliardi. In Sicilia un intervento complessivo ad ampio raggio potrebbe favorire oltre 7 mila posti di lavoro

PALERMO – Investire nella prevenzione del rischio idrogeologico e creare occupazione per evitare danni maggiori. Sarebbe questa la ricetta contenuta nel piano dell’Associazione nazionale bonifiche ed irrigazioni (Anbi). Si parla di 2.943 interventi per un investimento complessivo di quasi 7 miliardi di euro (6.812 milioni di euro). La Sicilia sarebbe una delle regioni più interessate ad un’azione del genere e dove il piano di aggiustamento potrebbe creare maggiore occupazione.
Nei giorni scorsi l’Anbi ha presentato a Roma un piano nazionale complessivo per la prevenzione del rischio idrogeologico che creerebbe quarantacinquemila nuovi occupati, calcolati sulla base di sette posti per ogni milioni di euro di interventi. Si tratterebbe di un’azione coraggiosa ed economicamente vantaggiosa da esercitare sui 6.633 comuni italiani a rischio. Si tratta dell’82% dei comuni nazionali con una superficie a rischio, dato che sfiora il 10% del territorio.
 
Secondo i dati dell’Associazione negli ultimi ottant’anni l’Italia ha dovuto subire 5.400 alluvioni e 11 mila frane con una spesa annuale per le emergenze pari a 2 miliardi di euro. La Sicilia di questa emergenza ne consuma una buona fetta. Secondo l’ultimo annuario ambientale dell’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) l’Isola è intrappolata in uno dei territori a più alto rischio idrogeologico del Paese, che ogni anno presenta un conto salatissimo in termini umani, ambientali ed economici.
 
Tra il 2009 e il 2011, secondo calcoli dell’Agenzia del ministero dell’Ambiente, i danni derivati dall’insicurezza del territorio sono stati quantificati in oltre 2 miliardi di euro a fronte di 40 vittime. Una stima ufficiosa per la messa in sicurezza del territorio isolano, secondo dati trapelati dall’assessorato regionale Territorio e ambiente, sarebbe pari al miliardo e mezzo di euro.
 
Un investimento importante, ma che si tradurrebbe, sulla base dei calcoli dell’Anbi, in un’occupazione di oltre 7 mila unità. Sarebbe una duplice occasione per creare posti di lavoro, in un’Isola che sta assistendo al drammatico crollo del suo già limitato sistema industriale, e per mettere in sicurezza un territorio che, secondo gli ultimi dati, vede 273 comuni in cui sono presenti aree esposte a rischio idrogeologico e di questi ben 200 rientrano nel rischio frana, 23 rischio alluvioni, e 50 in cui si possono verificare entrambe le calamità.
 
In tal senso anche la “sbadataggine” delle amministrazioni comunali isolane non sembra offrire grandi speranze. Al di là degli interventi strutturali da applicare sul territorio, una norma di buon governo del territorio vorrebbe anche l’inserimento dei criteri previsti nel Pai (Piano di Assetto Idrogeologico) all’interno del Piano Regolatore.
 
Per i comuni isolani è una specie di miraggio, infatti secondo Legambiente sono appena 41 i comuni ad averlo fatto, pari al 72% delle amministrazioni isolane considerate all’interno dello studio dell’associazione del cigno sui comuni a rischio idrogeologico. Inoltre solo nell’11% dei comuni si è provveduto al rimboschimento di versanti montuosi e collinari franosi o instabili. A fronte di tutto questo il 91% dei comuni intervistati ha nel proprio territorio abitazioni in aree golenali, in prossimità degli alvei e in aree a rischio idrogeologico, e il 40% presenta interi quartieri in tali aree.

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