“Conducevo il tg, preparavo le scalette, curavo un “faccia a faccia” all’interno dell’edizione serale del telegiornale, avevo un programma settimanale in prima serata, un talk show che si chiamava “Sosta vietata” e poi avevo inventato “Seven” a Rete 55”.
“Sì, era il 1993. In realtà era confezionato in modo diverso, si trattava di una selezione dei fatti più importanti della settimana e basta. Nel 2004 ho proposto al mio direttore qui a Sky, Emilio Carelli, l’idea di fare un programma come questo. All’inizio ero io solo in studio, successivamente abbiamo inserito l’ospite, però ho chiesto come condizione che non fosse un politico, ma un giornalista, da scegliere, di volta in volta, in base ai fatti prevalenti della settimana, se di economia o di politica. Cerco sempre di adottare una rotazione tra i giornalisti rispetto all’orientamento politico della testata. Se sabato invito un collega del Fatto o de L’Unità, la settimana dopo chiamo un giornalista del Giornale o di Libero o di un giornale c.d. indipendente, tipo il Corriere della Sera. I colleghi partecipano con entusiasmo: commentare i fatti della settimana, alcuni anche fuori dalla solita sfera di competenza, piace. Io sono il play maker, li lascio liberi”.
“Un collega che invito spesso è il direttore del Mattino di Napoli, Virman Cusenza, ma anche giornalisti del Corriere del Mezzogiorno. In verità il fatto di venire qui in studio a Roma a volte costituisce un limite, a causa degli impegni di lavoro”.
“L’anno scorso su 48 puntate ci sono stati 35 colleghi, di cui 13 sono stati presenti in studio più di una volta, almeno a distanza di due mesi. Sì, posso affermare che il bilanciamento a Seven c’è e con sforzi non indifferenti. Il Sud è bene rappresentato, del resto io stesso sono un uomo del Sud. Lavoro a Roma, vivo a Varese ma quando posso torno a casa e le mie vacanze le faccio a Grimaldi in provincia di Cosenza”.
“La riflessione che mi viene immediata è che purtroppo molte cose sono accadute sulla pelle della gente comune e quindi la conoscenza, ahimè, della crisi è stata vissuta in primo piano. La crisi economica non è stata semplicemente raccontata dai giornali, purtroppo il popolo italiano vive materialmente la difficoltà di arrivare a fine mese a pagare il mutuo, che fino a un anno fa si pagava tranquillamente. Da questo punto di vista la conoscenza di un momento così critico è arrivata direttamente. Un fatto, questo, assolutamente negativo perché molto tragico, che ha avuto però un risvolto positivo. C’è stato un avvicinamento del pubblico ai temi economici. Ad esempio, un termine tipo spread, prima lo dovevamo spiegare, ormai è sulla bocca di tutti. Mai come in questi ultimi mesi i giornali sono pieni di schemi, di infografica. Sky Tg 24 ha fatto molta didattica in questo. Della Sicilia ciò che mi ha colpito molto dei fatti degli ultimi mesi è stato vedere come la gente intervistata a disagio per il blocco dei forconi, non si è quasi mai lamentata”.