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La corruzione è intatta e la gente è rassegnata

redazione

La corruzione è intatta e la gente è rassegnata

sabato 18 Febbraio 2012

Vent’anni fa scoppiava Tangentopoli. Il commento del giudice Davigo

MILANO – Se dopo 20 anni dallo scoppio di Mani Pulite non si può dire che i livelli di corruzione in Italia siano diminuiti, le responsabilità sono in gran parte della politica che non è stata capace di affrontare il problema nel merito ma si è limitata a “contrastare i processi”. Piercamillo Davigo è oggi un giudice della suprema Corte di Cassazione, ma 20 anni fa è stato uno dei principali protagonisti del ciclo di inchieste denominato Mani Pulite. Insieme ad Antonio di Pietro e Gherardo Colombo, era uno dei componenti di quel pool di magistrati della Procura di Milano titolari delle indagini che hanno permesso di portare allo scoperto il fenomeno “Tangentopoli”. E vent’anni dopo l’arresto di Mario Chiesa – episodio che segnò l’inizio di Mani Pulite – Davigo, in un’intervista rilasciata all’agenzia Asca, ha fatto fa il bilancio di quella fase storica. Sottolineando che dopo quattro lustri dall’arresto di Chiesa a essere mutato è l’atteggiamento di un opinione pubblica ormai “rassegnata” a fare i conti con alti tassi di illegalità.
“’Mani pulite ha squarciato un velo di ipocrisia – spiega Davigo-. Con conseguenze sorprendenti. Quando, 20 anni fa, venne arrestato Mario Chiesa, tutti dissero che si trattava di un caso isolato. Invece, non è stato così. Prima, quando qualcuno finiva nei guai, si vergognava per questo, e di solito veniva messo da parte. Poi, invece, quando nei guai ci sono finiti in molti, non solo hanno smesso di vergognarsi, ma parecchi di loro poi sono stati riabilitati al punto di aver fatto splendide carriere”.
Mani pulite è servita almeno a far calare il tasso di corruzione? Per Davigo, solo all’inizio. “Successivamente però – racconta – la corruzione è tornata ad aumentare, visto anche che la principale attività della politica in questi anni è stata quella di contrastare i processi. Allo stato attuale è molto difficile quantificare il tasso di corruzione in Italia. La corruzione difficilmente viene denunciata, farlo non conviene né al corrotto né al corruttore, e soprattutto è un fenomeno che non crea sgomento nella società. Ci sono tuttavia diversi indici di percezione della corruzione. Molti di questi indicatori collocano l’Italia al pari di Paesi asiatici o africani. Ma i processi avviati su reati di corruzione nel nostro Paese risultano numericamente inferiori rispetto a quelli della Finlandia, considerato uno dei Paesi con il minor tasso di corruzione al mondo. Per questo quando qualcuno dice che in Italia c’è un eccesso di iniziativa giudiziaria, sento una sciocchezza.
“L’opinione pubblica – conclude Davigo – direi che si è rassegnata. Con conseguenze dirompenti, a cominciare da una sfiducia generalizzata che si è creata nei confronti delle istituzioni. Trovo insopportabile quando sento qualcuno dire ‘rubano tutti’. Voglio dire che distinguere i ladri dai non ladri è possibile. Per farlo, però, bisogna celebrare i processi”.

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