Banche del latte materno umano. Scarsa informazione sui vantaggi - QdS

Banche del latte materno umano. Scarsa informazione sui vantaggi

Giulia Cosentino

Banche del latte materno umano. Scarsa informazione sui vantaggi

giovedì 01 Marzo 2012

Un alimento prezioso per il neonato ma spesso non tutte le mamme ne sono provviste. In Italia esistono 26 strutture in cui è possibile donarlo. In Sicilia appena 2

PALERMO –  Si sa che donare è un atto d’amore. Si sente più spesso parlare di donazione del sangue, di organi, un po’ meno di cellule staminali, pochissimo di latte materno umano. Ebbene sì. Molti non sanno quanto possa essere indispensabile che una mamma doni il proprio latte e che esistono delle apposite “banche” per la raccolta, la conservazione e la successiva distribuzione, dopo opportuno trattamento, di un bene così prezioso per il neonato.
Ma per quali motivi e in quali casi è possibile farlo? Innanzitutto è importante puntualizzare come le donatrici sono volontarie in buona salute che allattano da meno di sei mesi, accuratamente selezionate, che distribuiscono il prodotto solo dopo averlo sottoposto a controllo e a trattamento termico. Il latte umano contiene tutti nutrienti necessari per la crescita del neonato e spesso non tutte le mamme ne sono provviste. Nascite premature, interventi chirurgi di resezione intestinale, prevenzione di allergie alimentari gravi, sono situazioni in cui la raccolta del latte in banche, diviene indispensabile dal momento che i bambini hanno bisogno di essere nutriti a lungo con questo alimento.
In Italia esistono 26 strutture in cui è possibile donare il latte. La maggior parte si concentrano al Centro-Nord, in particolare nella regione Toscana che conta ben sei impianti di cui il più antico, nonché il primo a livello nazionale, è quello dell’ospedale dei bambini Mayer di Firenze nato nel 1971 e adibito anche ad effettuare la raccolta del latte a domicilio delle donatrici. E se in America si pensa già alla vendita “fai da te” attraverso siti specializzati, in Italia il fenomeno resta ancora nell’ombra, soprattutto al Sud. Scarsa informazione, difformità organizzative, strutture poco all’avanguardia sono tre dei motivi principali per cui si sente raramente parlare di “donazione del latte umano”, con il risultato che poche donne ne conoscono l’esistenza se non attraverso le stesse strutture neonatali munite di tali banche in cui decidono di andare a partorire. Dal 2005 sono due le banche del latte operative in Sicilia: una all’ospedale Buccheri La Ferla di Palermo, fondata e curata da Iwona Kazmierska; l’altra presso l’Azienda ospedaliera S. Giovanni Di Dio ad Agrigento con a capo Adriano Azzali.
“Nel corso degli ultimi anni – ha detto Kazmierska – abbiamo avuto circa 300 donatrici, di cui 12 a partire da quest’anno, tutte selezionate anche in base all’età di gestazione per poter nutrire i bimbi pretermine sotto la 32esima settimana”. Si tratta di numeri relativi al capoluogo siciliano dal momento che “nel piccolo ambiente – aggiunge Kazmierska – il fenomeno è relativamente conosciuto grazie alla nostra attività e al cosiddetto passaparola, ma poco noto all’esterno a causa della scarsa pubblicizzazione e della mancanza di fondi per portare avanti una struttura così importante”. Dello stesso parere Adriano Azzali secondo il quale “non sono state promosse campagne adibite a divulgare l’evento, se non attraverso la nostra informazione verbale alle donne presenti nel reparto e questo contribuisce a non avere dei numeri importanti, nonostante l’incrementare l’allattamento al seno sia un elemento fondamentale”.
Di contro alla scarsa informazione, dal 2005 è attiva l’associazione AIBLUD nata per promuovere, diffondere e sensibilizzare l’opinione pubblica circa le potenzialità terapeutiche dell’allattamento, della donazione e dell’utilizzo del latte materno, un bene dal valore inestimabile.

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