Patto Ue-Marocco, mancano i controlli - QdS

Patto Ue-Marocco, mancano i controlli

Stiben Mesa Paniagua

Patto Ue-Marocco, mancano i controlli

sabato 03 Marzo 2012

Abbiamo intervistato il presidente della Cia Sicilia a proposito del recente accordo votato dal Parlamento europeo. Gurrieri: “Rischio che in Europa entrino oltre ai prodotti marocchini anche quelli sudamericani”

PALERMO – Numerose voci si sono levate contro il recente accordo Europa-Marocco per la liberalizzazione reciproca dei prodotti agricoli e ittici. L’accordo penalizzerebbe pesantemente il Made in Italy, in particolare il Made in Sicily, a causa della somiglianza del tipo di colture. Il sì all’accordo è stato votato al Parlamento europeo da 369 deputati, contro 225 no e 31 astenuti. Tra le tanti voci (mercoledì scorso sul QdS abbiamo pubblicato l’intervista a Gerardo Diana, presidente regionale di Confagricoltura) c’è quella di Carmelo Gurrieri, presidente della Confederazione italiana agricoltori Sicilia. L’abbiamo intervistato.
Quali saranno le conseguenze più immediate per le aziende agricole siciliane dopo il sì del Parlamento europeo all’accordo col Marocco?
“La conseguenza principale sarà una riduzione di competitività delle nostre produzioni nei mercati europei, in quanto complessivamente i costi di produzione nel Paese Nordafricano sono molto bassi. Poi c’è un’altra questione che può penalizzare la nostra realtà agricola: il Marocco infatti ha un accordo bilaterale con Mercosur (Mercato che comprende diversi paesi Sudamericani), così c’è il rischio che in Europa entrino oltre ai prodotti marocchini anche quelli sudamericani. Il problema a quel punto sarebbe dunque calcolare con precisione i quantitativi e la provenienza dei prodotti provenienti dal Paese africano, considerando tra l’altro il malfunzionamento dei controlli”.
Come funzionano i controlli?
“In quest’ultimo decennio abbiamo visto che i controlli non funzionano perché non c’è una ente europeo che effettivamente controlli i quantitativi, la qualità, le norme igienico sanitarie”.
C’è “il rischio” di una invasione di prodotti provenienti dal Sudamerica?
“Il problema principale è l’assenza basilare di alcuni strumenti: non vi è una dogana europea, non vi è un quadro di riferimento europeo. C’è, anzi, una politica dell’Unione europea fortemente antimeridionalista: tutti gli accordi nell’area del Mediterraneo non prevedono mai una compensazione o politiche vicinorie o d’insularità a favore delle produzioni delle aree europee coinvolte”.
In questo senso come considera il comportamento dei politici italiani e siciliani seduti al Parlamento europeo?
“Sappiamo che alcuni parlamentari europei siciliani si sono espressi negativamente nei confronti dell’accordo Ue-Marocco. Ma il problema è che non basta un’occasione episodica per risolvere la questione. Sono scelte strategiche che in Europa non riusciamo a fare passare. Per esempio non si riesce a far adottare una politica che sostenga realmente l’agricoltura nelle aree mediterranee che sono quelle più esposte a questo tipo di aperture nei confronti dei mercati nordafricani”.
Da questo punto di vista non ci sono stati i finanziamenti derivati da Piano di sviluppo rurale?
“Gli aiuti sul Piano di sviluppo rurale sono qualcosa di diverso. Questi interventi strutturali riguardano tutto il Paese ed hanno parametri diversi che hanno a che vedere con il tenore di vita generale. Ma non il sistema agricolo in sé”.
 


Soluzioni alla crisi. I produttori devono verticalizzare l’offerta

Cambiando argomento, considerando il periodo di crisi e la difficoltà che sta affrontando il settore, come mai gli agricoltori non fanno consorzio per aumentare il potere contrattuale nei confronti della grande distribuzione organizzata?
“È un argomento molto complesso questo. C’è una parte dell’agrumicoltura che è organizzata. Ci sono cooperative e consorzi molto solidi. La questione è che c’è un sistema di organizzazione della filiera che è arretrato e molto penalizzante nei confronti degli agricoltori. L’argomento va affrontato in maniera più complessiva con politiche che sostengano l’associazionismo dei produttori, quindi la verticalizzazione dell’offerta, che possano incentivare la tracciabilità e che regolarizzino la gestione dei mercati.
“Nei mercati, come abbiamo visto in queste settimane, da Vittoria a Catania e Palermo, sostanzialmente non ci sono regole o controlli. Ripeto al di là del sistema in sé, c’è da dare un imput anche ai produttori affinché verticalizzino l’offerta. Ma le istituzioni devono stare dalla parte del mondo agricolo, che rimane l’anello più debole di fronte alla grande distribuzione organizzata”.

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