I legali di Eni Spa, Polimeri Europa Spa, Dow Italia divisione commerciale srl, Syndial Spa e Buzzi Unicem Spa hanno depositato il 7 luglio i rispettivi fascicoli contro il lungo elenco delle Istituzioni che nove mesi fa hanno annunciato il massiccio programma di investimenti pari a 850,52 milioni di euro (fonte: Corte dei conti) per la bonifica di una delle aree più inquinate d’Europa, nella quale sono state individuate nove sostanze o famiglie di sostanze contaminanti, elencate in una delle tante conferenze di servizi sul tema.
Inizialmente era previsto che la somma doveva essere coperta a metà dal ministero dell’Ambiente e per l’altra metà a carico delle industrie. Ciò in base alla normativa dettata dal Dlgs 152/2006, incentrata sulla necessità di perseguire chi effettivamente cagiona l’inquinamento, secondo il principio comunitario che “chi inquina paga”. Tuttavia le industrie, non condividendo le prescrizioni sanzionatorie, hanno ricorso al Tar di Catania che ha dato loro ragione con sentenza n. 1190 del 17 giugno 2008. La sentenza afferma che “non può considerarsi legittimo l’accollo indifferenziato delle attività e degli oneri di bonifica di un sito contaminato sui produttori che in esso operano, senza il preventivo accertamento, con procedimento partecipato, delle relative responsabilità per l’inquinamento riscontrato”.
Per la bonifica della rada di Augusta e per opere infrastrutturali per l’hub portuale l’impegno programmato è di 500 milioni. Circa 80 milioni saranno investiti sul Porto di Siracusa sia per opere di bonifica che di riqualificazione ambientale per la zona dei Pantanelli e dei Calafatari. Inoltre sarà restaurato l’ex Lazzaretto che diventerà un centro di educazione ambientale.
Il 19 maggio la Corte dei conti ha ratificato l’Accordo di programma, pur rilevando “la maggior parte degli interventi tra le attività future, in quanto non esistono risorse immediatamente disponibili, assistite da adeguata copertura di bilancio”. Eppure, l’allora presidente di Confindustria Siracusa Alvarto Di Stefano (che rappresentava le aziende ricorrenti) dichiarava che il parere dei magistrati contabili “fa ben sperare che i lavori, che auspichiamo partiranno in tempi ragionevoli, daranno fiato alla nostra economia e alle prospettive di sviluppo in un quadro di rispetto delle esigenze ambientali”.
Ora, si corre il rischio che i tempi delle operazioni possano subire uno slittamento. Nel triangolo industriale più inquinato d’Italia dopo Taranto sono abituati. E a morirne.