Belice, i sindaci ribattono cassa: “Altri 450 mln per ricostruire” - QdS

Belice, i sindaci ribattono cassa: “Altri 450 mln per ricostruire”

Rosario Battiato

Belice, i sindaci ribattono cassa: “Altri 450 mln per ricostruire”

giovedì 15 Marzo 2012

A distanza di 44 anni dal terremoto che devastò l’area fra Trapani e Agrigento la ferita è ancora aperta. Confronto: spesi 6 mld contro i 14 di Friuli ‘76. Lì si contarono il triplo di morti e danni

PALERMO – La Regione apre ai sindaci del Belice. L’ennesimo paradosso manifesto per un territorio che, ancora dopo quasi mezzo secolo dal sisma che sconvolse la Valle, chiede al governo nazionale circa mezzo miliardo di euro per completare la ricostruzione. Storia di una ferita mai sanata tra inadempienze ed errori gestionali dell’emergenza e della fase successiva.
Quarantaquattro anni sono passati dal terribile sisma del Belice. Un paio di giorni fa una pattuglia della Conferenza dei sindaci della Valle è stata ricevuta da Sebastiano Di Betta, assessore al Territorio della Regione siciliana. La richiesta dei primi cittadini è precisa: ci vogliono ancora 450 milioni di euro per completare la ricostruzione. Di Betta ha acconsentito a farsi promotore dell’appello.
 
“Insieme ai primi cittadini – ha detto al termine della riunione l’assessore regionale – mi farò portavoce della richiesta al ministro per la Coesione territoriale, Fabrizio Barca, di un tavolo bilaterale Stato-Regione che risolva le questioni ancora aperte e che, dopo tutti questi anni, non possono non arrivare rapidamente a definizione”. Di Betta si dice pronto a battersi “affinché siano inseriti nella rimodulazione delle risorse Fas ancora non assegnate, almeno 100 milioni di euro per opere di urbanizzazione primaria in quel territorio, che non può essere ancora penalizzato. Se vogliamo un’Italia unita e non a due velocità non possiamo permettere che  ancora si discuta dei ritardi sul Belice e di mancate erogazioni di fondi, dimenticandosi dei 370 morti e dei 70 mila senzatetto”.
Il ragionamento non farebbe una piega se non fosse che il dramma del Belice si trascina da troppo tempo e che l’“Italia a due velocità” che si è manifestata in quella occasione rappresenta la più evidente dimostrazione dell’autolesionismo isolano, perché i soldi ci sono stati, e pure tanti.
Andiamo con ordine. I sindaci, in diversi appelli precedenti, hanno manifestato l’assenza di una somma pari a 133 milioni di euro per le opere pubbliche e 300 milioni per l’edilizia privata. Nel 2008 c’era stato un accordo col ministero delle Infrastrutture dove si era stabilito un piano delle opere da completare, poi in realtà i fondi non vennero mai sbloccati. Anche in quel caso, però, si era già in ritardo. Il Belice per il periodo successivo alla ricostruzione ha potuto godere di 12.000 mila miliardi di lire, un terzo in meno della cifra di 29.000 miliardi di lire che ha ricevuto la Regione Friuli, secondo uno studio comparativo effettuato dalla Ragioneria generale dello Stato fra il terremoto che nel 1968 colpì le province di Agrigento, Palermo e Trapani e quello del Friuli del 1976. Tuttavia i numeri del disastro parlano di due differenti concezioni di efficienza e funzionamento della macchina amministrativa e politica.
 
Ecco i numeri friulani: 5.500 chilometri quadrati, 600 mila abitanti coinvolti, 989 morti, 100 mila sfollati,18 mila case distrutte, 75 mila case danneggiate, 18,5 miliardi di euro di danni, aggiornati al 2010, 45 comuni “disastrati”. La ricostruzione da quelle parti, grazie alla mano benefica della politica, fu rapida e quasi immediata. Nel giro di 10 anni per l’attenta collaborazione tra governo centrale, Regione Friuli e il commissario Giuseppe Zamberletti, si completò l’operazione ricostruzione. Lo stesso non può dirsi dell’esperienza siciliana, che, dati alla mano, ebbe meno danni materiali, ma un percorso non ancora completato.

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