Il “caso Genchi” continua a far discutere alla Regione siciliana - QdS

Il “caso Genchi” continua a far discutere alla Regione siciliana

Rosario Battiato

Il “caso Genchi” continua a far discutere alla Regione siciliana

venerdì 23 Marzo 2012

Il dirigente dell’assessorato Ambiente che si oppose ai termovalorizzatori. Rimosso, poi reintegrato dal giudice. Stipendiato, non lavora

PALERMO – Il caso Genchi, il dirigente-chimico della Regione stipendiato, ma non reintegrato sul posto di lavoro, continua a tenere banco.
L’uomo che si oppose ai termovalorizzatori era stato rimosso dal servizio sull’inquinamento atmosferico cinque anni fa, e da allora ha iniziato una lunga vertenza rivolgendosi anche al Giudice del lavoro che ha riconosciuto al dirigente il raggiungimento di tutti gli obiettivi, sconfessando quanto professato da due giunte regionali differenti.  Tutto questo non deve essere bastato per il reintegro. Nei giorni scorsi la Cgil ha ricostruito la storia.
L’hanno chiamata “Abusi, falsi ed omissioni nel Caso Genchi”. È la nota diffusa dal sindacato che ripercorre le tappe dell’incredibile affaire Genchi. Si comincia nel 2007, quando il dirigente generale Tolomeo revoca “con abuso di potere l’incarico al dott. Genchi, che oppone ricorso straordinario al presidente della Regione”. Un anno dopo Tolomeo, Lo Bue e lo staff di valutazione, che comprende Arnone, attualmente dirigente generale al dipartimento Ambiente, Sansone e Maniscalco, valutano l’attività di Genchi per l’anno 2006 “con violazione delle norme contrattuali (mancata comunicazione, mancata partecipazione, mancato contraddittorio) e con falsità nel merito, e tuttavia assegnano il punteggio positivo 58.01 (+8.01 della soglia minima di 50)”.
L’incredibile giunge nel 2009, quando la giunta di governo delibera che “58.01 è un numero minore di 50” e pertanto decide di escludere Genchi dal ricevere incarichi di responsabile di servizio per 4 anni, violando le norme contrattuali che al massimo ne prevedono 3.
Nel 2009, Lombardo accoglie il ricorso straordinario annullando il decreto di Tolomeo, ma ben tre dirigenti generali, Interlandi, Gelardi e Arnone, omettono di ottemperare al decreto presidenziale. Nel 2010 la giunta stabilisce nuovamente che “58.01 è un numero minore di 50” e conferma la presenza di un provvedimento di revoca, che in realtà era stato annullato dallo stesso Lombardo.
Nel 2011, il giudice del lavoro “sconfessa la valutazione fasulla, – si legge sulla nota del sindacato – e sentenzia che il dott. Genchi ha raggiunto tutti gli obiettivi assegnati nel 2006 e condanna l’assessorato”.
Ma la storia si ripete ques’anno. Arnone non solo non reintegra Genchi, ma “abusando dei suoi poteri, con procedura irregolare, valutazione fasulla ed elusione del giudicato del Giudice del lavoro, nega al dott. Genchi il conferimento dell’incarico dirigenziale per il quale vanta i maggiori titoli curriculari”.

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