La permanenza degli immigrati un possibile aiuto al nostro Pil - QdS

La permanenza degli immigrati un possibile aiuto al nostro Pil

Chiara Borzi

La permanenza degli immigrati un possibile aiuto al nostro Pil

mercoledì 11 Aprile 2012

In generale, il Mezzogiorno si conferma una “porta” per le regioni del Nord Italia: solo il 13% rimane. Producono l’11% del Pil nazionale, ma la Sicilia ha per loro una bassa attrattività

PALERMO – Le stime parlano chiaro: la nostra terra, luogo di approdo per migliaia di clandestini, non riesce ancora a trasformarsi in terra di appartenenza per molti di loro. Gli sbarchi nell’Isola sono ancora solo un movimento di transito, il primo tassello di un lungo cammino di ricongiungimento verso un familiare già presente nel Paese o una sosta provvisoria verso la ricerca della fortuna lavorativa nel Nord Italia. Eppure, paiono esserci stime in controtendenza: quelle in cui figura l’inizio di una nuova realtà, la permanenza, anche se riguarda solo il resto d’Italia.
Se questa inversione si registrasse anche in Sicilia, sarebbe tutta l’Isola a guadagnarne, soprattutto la nostra economia. Come evidenziato nelle stime MoneyGram, infatti, gli immigrati producono l’11% del Pil nazionale. La svolta, per quel che ci riguarda, appare quanto mai necessaria.
Dal 2008 al 2011, secondo i dati Istat, si è registrata la presenza di 3,5 milioni di stranieri non comunitari, pari a una crescita del 35% di uomini e donne regolarmente soggiornanti in Italia. Le collettività più numerose sono quelle provenienti da Marocco, Albania, Cina, Ucraina e Moldova (quest’ultima collettività, tra il 2008 e il 2011, è quasi raddoppiata, giungendo a circa 142 mila componenti nello scorso anno). Macedonia, Ghana, Albania, Tunisia e ancora Marocco sono gli Stati di provenienza di quegli stranieri che hanno chiesto permessi di lungo periodo: nel 2010 in Italia sono stati rilasciati 600 mila nuovi permessi di soggiorno, per lo più a marocchini, cinesi e ucraini (il 60% per motivi di lavoro e il 39,9% per motivi di famiglia), nonostante la normativa vigente preveda che, per richiedere tale permesso di soggiorno, oltre ad essere in Italia da almeno cinque anni, si debbano avere un reddito e un alloggio adeguati e si debba superare un test di conoscenza della lingua italiana o comunque attestarne la padronanza.
La distribuzione territoriale degli stranieri da sempre vede il Centro-Nord area privilegiata d’insediamento: il 36,9% dei cittadini non comunitari regolarmente presenti vive nel Nord-Ovest, il 29,2% nel Nord-Est, il 22,3% al Centro e solo il 13% vive nel Mezzogiorno.
Il Meridione mostra ancora una volta la sua “debolezza” attraverso gli indici delle percentuali di soggiornanti di lungo periodo sul totale: per quanto concerne la distribuzione territoriale delle nuove presenze, le aree del Centro-Nord restano senza dubbio le più attrattive in termini assoluti. Se si rapportano, però, i nuovi permessi allo stock di popolazione non comunitaria presente sul territorio, si può notare come l’incidenza dei nuovi permessi sia particolarmente elevata nel Mezzogiorno e soprattutto in Campania, Calabria e Sicilia. Il dato è positivo solo nel particolare contesto di rilevazione, perché in realtà conferma la vocazione dei territori del Mezzogiorno a essere solo “porte” di ingresso verso il resto del Paese, quindi, mostrano ancora una volta di non essere luoghi in grado di trattenere la presenza straniera che si stabilizza in altre aree.
L’inversione stentata del nostro territorio stride con il potenziale d’integrazione esistente. Nella speciale classifica stilata dal Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (Cnel), l’Isola occupa la fascia bassa nella tripartizione degli indici di integrazione; in tema di attrattività territoriale occupiamo la 15a posizione su 20 regioni indicate. Alla voce “assorbimento territoriale”, però, i dati si fanno sorprendenti: analizzando le cifre sull’inserimento degli stranieri nel mondo della nostra istruzione, le isole diventano zone guida. La Sicilia è “attardata” in quinta posizione sotto Lazio, Campania e Trentino. Come già dimostrato, ma è bene rimarcare perché è la percentuale guida per leggere correttamente le problematiche del nostro contesto, il gap si riapre drasticamente alla voce occupazione dove il Nord torna leader con un tasso di occupazione del 78,5%, a cui il Mezzogiorno risponde con il più basso 73,5%.
Affinchè si abbia crescita, è bene che un territorio disponga delle risorse principali per far sì che, anche e soprattutto attraverso l’integrazione degli stranieri non comunitari, si possa ottenere un miglioramento economico necessario per fronteggiare la crisi. I dati degli ultimi anni hanno dimostrato che nonostante la recessione, l’immigrazione non ha arrestato la sua crescita e conseguenzialmente non si è bloccato l’afflusso di quella componente di Pil prodotto dai residenti stranieri. L’Organizzazione internazionale per l’immigrazione ha reso noto che in Italia questa nuova componente cittadina produce 12 miliardi di dollari di Pil, ricevendone in benefici 10,5 nonostante la pratica di mestieri “snobbati” dalla nostra società e pagati con retribuzione minore. Secondo le previsioni stimate al 2012 il prodotto interno lordo della Sicilia scenderà del 2,2% a cui potrebbe seguire un ulteriore flessione nel 2013 dello 0,5%. Integrare il flusso migrante nell’Isola è una necessita ancora più incombente.

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