Come ricapitalizzare le imprese per mezzo della leva fiscale - QdS

Come ricapitalizzare le imprese per mezzo della leva fiscale

Antonio G. Paladino

Come ricapitalizzare le imprese per mezzo della leva fiscale

venerdì 13 Aprile 2012

Guida al decreto attuativo di aiuto alla crescita economica (Ace). Pubblicate sulla Guri del 19 marzo 2012 le norme attuative delle misure contenute nel decreto “Salva Italia”

Nella Gazzetta Ufficiale n. 66 del 19 marzo 2012, è stato pubblicato il decreto attuativo delle misure di Aiuto alla crescita economica (Ace), introdotte dal Dl n. 201/2011, convertito dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 (cd. decreto “Salva Italia”).
Il provvedimento di attuazione – decreto del Ministero dell’economia e delle finanze 14 marzo 2012, a firma del Presidente del Consiglio Monti in quanto titolare anche del dicastero economico – reca le disposizioni riguardanti l’applicazione delle misure di sostegno alla crescita economica previste per le imprese che rafforzano la propria struttura patrimoniale.
L’articolo 1 del citato Dl n. 201 ha, infatti, introdotto nel nostro ordinamento una misura finalizzata alla ridefinizione, per mezzo della leva fiscale, delle forme di finanziamento utilizzate delle nostre imprese. La norma, nel prendere atto dello squilibrio, tuttora esistente nel nostro sistema delle imprese, fra finanziamento con capitale di debito e con capitale proprio, prevede un “incentivo” all’autofinanziamento consistente in una deduzione dal reddito imponibile del rendimento figurativo (nozionale) degli apporti di capitale. La misura, denominata Ace è ispirata al modello noto in letteratura come Allowance for Corporate Equity, il cui acronimo Ace è stato, appunto, “italianizzato” in Aiuto alla Crescita Economica, modello ispiratore che, tuttavia, si propone come “neutro”, cioè un sistema che non interferisce con le scelte finanziarie delle imprese in quanto vuole incidere nello stesso modo sul rendimento che l’impresa ottiene dall’impiego dei singoli tipi di finanziamento.
L’adattamento al nostro sistema delle imprese disegna, invece, un meccanismo di “discriminazione nelle scelte finanziarie” a tutto vantaggio di quelle in cui il costo è riferito al capitale proprio.
Nell’ambito dei meccanismi agevolativi di tipo fiscale, la tecnica non è nuova, essendo già stata proposta nel caso della Dit “italiana”, cioè del meccanismo per cui il carico fiscale di vantaggio era riservato agli aumenti di capitale provenienti dagli utili.
L’Ace costituisce, quindi, un incentivo alla capitalizzazione, sotto forma di conferimenti in denaro e di reinvestimento di utili nell’impresa.
Nello specifico, le disposizione attuative sanciscono che il rendimento nazionale del capitale proprio è fissato da decreti ministeriali che devono essere emanati entro il 31 gennaio dell’anno successivo a quello di riferimento.
Per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2011, il rendimento nazionale del nuovo capitale proprio investito nell’impresa è fissato al 3%. L’importo del rendimento nazionale che supera il reddito complessivo netto dichiarato può essere computato in aumento dell’importo deducibile dal reddito complessivo netto dei periodi d’imposta successivi. Il decreto fornisce, altresì, la definizione di “patrimonio netto”.
Il capitale proprio esistente alla data di chiusura dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2010 è costituito dal patrimonio netto risultante dal relativo bilancio, senza tener conto dell’utile dello stesso esercizio. È, comunque, previsto un limite per tale patrimonio netto.
In ciascun esercizio la variazione in aumento non può eccedere il patrimonio netto risultante dal relativo bilancio, ad esclusione delle riserve per acquisto di azioni proprie.

Maurizio Palana
DR Sicilia – Agenzia delle Entrate

Ufficio del Direttore Regionale

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