Il ministro Clini: rifiuti nei cementifici - QdS

Il ministro Clini: rifiuti nei cementifici

Rosario Battiato

Il ministro Clini: rifiuti nei cementifici

martedì 17 Aprile 2012

Smaltire efficacemente gli scarti senza passare dalle discariche, producendo in contemporanea energia: il dibattito continua. Lo studio: in Sicilia 100 nuovi posti, risparmi in bolletta e 74 mila t. in meno di anidride carbonica

PALERMO – E non chiamatela più spazzatura. Il ministero ha presentato la sua ricetta per risolvere l’annoso male italico: meno rifiuti in discarica e maggiore impiego dei Combustibili Solidi Secondari (Css), ottenuti dai rifiuti urbani (Ru), nel settore industriale, in particolare nei cementifici. Non è una novità assoluta, infatti circa un anno fa ci aveva pensato anche la Regione siciliana in una delle estenuanti fasi di elaborazione del Piano rifiuti, attualmente ancora in attesa di essere approvato dal ministero dell’Ambiente.
Secondo Nomisma Energia, 32 milioni di tonnellate di rifiuti potrebbero essere gestiti in una maniera innovativa con un procedimento diossina-free, permettendo il taglio di circa 7,9 milioni di tonnellate di Co2 l’anno, la creazione di 10.700 posti di lavoro, e un risparmio pro capite di circa 140 euro sulla bolletta.


A confermare questa nuova vulgata, anche all’interno del ministero, è stato lo stesso Corrado Clini, al convegno dell’Aitec (Associazione italiana tecnico-economico cemento). Il ministro ha promesso di emanare entro fine aprile un decreto ministeriale che sancisce l’impiego dei combustibili solidi secondari (Css) nei processi industriali, facendoli così uscire dal circuito della gestione dei rifiuti. Ma l’impegno è più a largo raggio: si tratti di far inserire la risorsa rifiuto all’interno di un ciclo industriale, che sia raccolta differenziata, recupero di energia o recupero di materiali.
Potrebbe essere un viatico per le Regioni che faticano a gestire il sistema rifiuti. La Sicilia, ad esempio,  smaltisce ancora in maniera indifferenziata quasi il 90% dei suoi rifiuti. Tutto finisce in discarica anche perché conviene ai proprietari – in Sicilia il meccanismo è stato diffusamente legato alla malavita come testimonia il dossier della commissione rifiuti – e ai Comuni in quanto la tassa l’addizionale che si può applicare per disincentivare il ricorso alla discarica non può superare 25 euro a tonnellata, una cifra ridicolmente bassa che non invita nessuno ad evitare la più comoda discarica.
Tuttavia non è detto che il cementificio sia la soluzione adatta. In Sicilia si discusse molto circa un anno fa, quando su questa tematica si stava lavorando in vista della nuova redazione del Piano. Nel mirino la “cortesia” accordata agli industriali: il cdr (combustibile derivato dai rifiuti) non costerebbe come i combustibili normali e sarebbe un grosso regalo al ciclo del cemento che non brilla per trasparenza nell’Isola. Sul fronte ambientale potrebbe pure essere più pericoloso, sebbene il dibattito sia in realtà ancora assai aperto, in quanto un cementificio che brucia cdr anziché pet-coke avrebbe limiti meno tolleranti in termini di emissioni.
La stima fatta da Confindustria alla commissione di supertecnici della Regione aveva fissato in circa 300 mila tonnellate di cdr la quota di materiale da indirizzare ai cementifici dell’Isola. Facendo le debite proporzioni con lo studio di Nomisma, la Sicilia avrebbe 74 mila tonnellate di Co2 tagliate all’anno, un centinaio di posti di lavoro, e un risparmio in bolletta non significativo.
Di certo servono soluzioni immediate, ma in Sicilia la priorità assoluta, come hanno spiegato dall’Osservatorio dei rifiuti, ben prima della differenziata, è un’impiantistica che sia adeguata ad un sistema di gestione di un Paese moderno.

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